- Il presidente del Senato guida una triplice alleanza con i l deputato Manlio Messina e con Gaetano Galvagna. Una classe dirigente che però deve fare i conti con i vecchi poteri dell’isola
- Lo dimostra il caso Catania, dove comunque i “Fratelli di Sicilia” come Totò Cuffaro e l’ex governatore Raffaele Lombardo restano imprescindibili centri di potere
- Questo non impedisce però a La Russa di controllare in maniera disinvolta le questioni interne al partito nella sua terra d’origine
In Sicilia c’è un pezzo pregiato del potere di Fratelli d’Italia. Una succursale di governo, in pratica, dove la concentrazione di potenti fedelissimi di Giorgia Meloni è più alta. Su tutti c’è lui: il presidente del Senato, il sicilianissimo Ignazio La Russa, che guida nell’isola una triplice alleanza col deputato catanese Manlio Messina, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera e uomo di riferimento del ministro all’Agricoltura Francesco Lollobrigida (cognato della presidente Giorgia Meloni) e col più giovane presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gaetano Galvagno da Paternò, provincia di Catania, come La Russa. Senza dimenticare il ministro alla Protezione civile, Nello Musumeci, già governatore della regione Sicilia.
La mappa del potere
I tre, attualmente gli esponenti più forti di Fratelli d’Italia in Sicilia, sono considerati tra i veri ideatori della vittoria del centrodestra e di Fdl in terra sicula. Nella recentissima campagna per le amministrative sono riusciti a piazzare al primo colpo, col supporto degli alleati, con quasi il 66 per cento dei suffragi, il nuovo sindaco di Catania, l’avvocato Enrico Trantino, figlio del principe del foro, Enzo, più volte sottosegretario missino della Prima Repubblica.
A questi tre esponenti vanno annoverati nella nuova mappa sicula del “chi conta di più” il ministro alla Protezione civile e al mare Nello Musumeci, di Militello Val di Catania dove faceva il bancario, anche lui di Fdl, ex governatore dell’isola e il ministro del Made in Italy, sempre del partito di Meloni, Adolfo Urso, che pur avendo fatto tutta la sua carriera politica in Veneto, è molto affezionato alla Sicilia e viene sempre a trascorrere le sue vacanze in una casa circondata da limoneti ad Aci Sant’ Antonio, paese dell’Etna. Questi rappresentanti, tutti figli di Catania, la ex Milano del sud, sono riusciti a fare “cappotto” in stile berlusconiano, dettando legge e mettendo la sordina anche a vecchi esponenti siciliani che si erano conquistati la fiducia della Meloni.
All’ombra di Cuffaro
Non va però dimenticato che questa nuova classe emergente, che risponde alla presidente del Consiglio, dovrà testare in un futuro non molto lontano strategie ed assetti che ancora devono essere consolidati, soprattutto a Catania, seconda città dell’Isola, ma la vera capitale economica, in cui presto ci sarà da parlare con “gattopardi” soprannominati “Fratelli di Sicilia” del calibro di Totò Cuffaro, l’intramontabile tornato in politica dopo la condanna per favoreggiamento alla mafia, che ha fatto rinascere la Democrazia cristiana a Catania col 6,5 per cento e dell’ex governatore Raffaele Lombardo che con le sue due liste ha rastrellato a Catania quasi il 17 per cento dei suffragi. Senza di loro La Russa e company sanno bene che non sarà possibile governare l’isola ed è questo lo scenario che caratterizzerà la vita politica amministrativa dei prossimi anni.
Questa forza, inoltre, dovrà presto fare i conti con un altro giovane outsider del centrodestra in Sicilia, che risponde al nome di Luca Sammartino, vicepresidente della Regione, che ha ottenuto a Catania con la sua lista un ottimo 11 per cento e vanta personalmente un serbatoio di voti che in passato gli ha fatto affibbiare l’appellativo di “Mister preferenze”. Sammartino è i figliol prodigo di Salvini nella Trinacria, un siculo-lumbard che con la sua compagna, la senatrice Valeria Sudano, che in un primo tempo aveva forzato la mano candidandosi a sindaco, gestisce in parte in Sicilia anche il grande potere della Sanità privata. Ma con Sammartino non si sa mai come andrà a finire visto che in passato ha volteggiato tra destra e sinistra, tra Pd, Renzi e i centristi, con una disinvoltura senza eguali prima di accasarsi la Lega di Matteo Salvini.
La Russa piglia tutto
Il triunvirato Fdl, pian piano, con la guida del presidente del Senato Ignazio la Russa, del feudo di Paternò, paese che gli ha dato i natali (è figlio del senatore missimo Nino la Russa), ha sconfitto avversari anche all’interno dello stesso partito di appartenenza, che ambivano a un posizionamento consolidato. “Gnazio”, così viene inteso La Russa dai suoi concittadini, ha tessuto la tela sin da prima che in Sicilia esplodesse la guerra per la candidatura del nuovo presidente della regione, che lui personalmente ha pilotato con una certa disinvoltura, pressando sulla Meloni affinché o confermasse un secondo mandato per l’allora governatore uscente Nello Musumeci, oppure si opponesse a spada tratta alla nascente candidatura di coalizione dell’attuale eurodeputato Fdl ed ex senatore, Raffaele Stancanelli. È stato proprio “Gnazio” ad opporsi a Stancanelli candidato unitario e a trovare un accordo di maggioranza su Renato Schifani. Oggi se si chiede a Stancanelli quale fu il peccato originale che lo escluse dalla corsa per palazzo D’Orleans, lui risponde sempre: «Perché contro di me si sono schierati alcuni colleghi del mio stesso partito…».
Futuro luminoso a Roma
Manlio Messina è un giovane politico rampante che ha alle spalle una lunga carriera di consigliere comunale di opposizione a palazzo degli Elefanti, sede del comune di Catania. Messina è riuscito in pochi anni a bruciare le tappe diventando uno dei deputati più in vista dei Meloni boys di Montecitorio. Gaetano Galvagno, invece, paternese come il presidente La Russa, del quale è pupillo, prima di varcare cinque anni fa la soglia del parlamento siciliano per il suo primo mandato, di professione faceva il broker assicurativo, ma prima ancora si era già distinto come trionfatore alle elezioni dell’Ersu all’università di Catania.
La sua elezione all’Ars, nella legislatura in corso, segna una vittoria di La Russa, che così ha piazzato uno dei suoi uomini di fiducia sullo scranno più alto di palazzo dei Normanni. Oggi Galvagno è l’alleato di ferro di Messina per mettere all’angolo alcuni esponenti siciliani del partito. Tra questi ci sarebbe l’ex sindaco di Catania Salvo Pogliese, oggi senatore, ma soprattutto tuttora coordinatore regionale di Fdl, incarico di alto spessore nel mirino della “triplice alleanza” che vorrebbe quella poltrona per un altro esponente. Pogliese è stato messo in disparte anche nella partita per il candidato sindaco di Catania quando Il suo uomo, l’ex assessore Enzo Parisi, ha perso la partita con Trantino imposto dall’alto su indicazione dei “larussiani”.
Sul fronte della Sicilia occidentale Fdl ha una nutrita schiera, ma l’unica esponente di spessore delle Meloni girl è Carolina Varchi, avvocato penalista di Palermo. Sembra, però, che la sua bocciatura alla poltrona di presidente della commissione Antimafia, sia stata una sorta di spartiacque tanto da far circolare la voce che i referenti del partito non mirino più sulla sua figura. Varchi, che nella scorsa legislatura, sedeva in Parlamento accanto alla Meloni è l’unica esponente Fdl di secondo mandato che non è andata mai a ricoprire alcuna carica: né di sottosegretaria, né di presidente di commissione. Insomma, niente di niente e chissà quali saranno state le sue colpe
Della nutrita truppa di meloniani di Sicilia sino a qualche mese fa faceva parte anche l’ex assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, compagno di studio legale del neo sindaco di Catania, Trantino. Purtroppo però, il collaboratore più fidato di Musumeci – l’ex governatore ad ogni problema legale si fidava ciecamente solo dei suoi suggerimenti e Razza era l’unico che poteva entrare ed uscire dalla sua stanza senza problemi – è scivolato su due inchieste giudiziarie: la prima è quella sui “Morti Covid spalmati” durante la pandemia (che lo vede sotto processo a Palermo ), la seconda, un mese fa, quella della Procura etnea sugli scandali catanesi di una sanità spendacciona e clientelare. Oggi Razza, che ha evitato d’un soffio gli arresti domiciliari negati dal Gip, è stato interdetto dai pubblici uffici per un anno. Per gli amici è una vittima sacrificale, per i nemici, malignamente, un esponente che è scivolato su una classica buccia di banana. Anzi due…
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