Diciamoci la verità: un po’ tutti siamo sotto choc, ancora non abbiamo misurato la portata della svolta rappresentata dal cataclisma trumpiano. Dovremmo dare mostra di umiltà. Nessuno ha ricette facili. Più agevole stabilire chi ha torto che non chi ha ragione. Solo qualche preliminare punto fermo.

Primo: sbaglia chi minimizza la portata della svolta. Secondo: chi irenicamente asserisce che atlantismo ed europeismo vanno coniugati. Ovvio, ma francamente un po’ poco. Siamo alla tautologia del “ma anche”. Come se la novità non fosse la tensione tra loro mai così acuta. Terzo: chi pavidamente si allinea. Magari esercitandosi in imbarazzanti funambolismi come la premier Giorgia Meloni.

Come ha osservato Romano Prodi, giusto il tempo necessario per approdare là dove portano il cuore e le radici, facendo dimenticare i solenni impegni pregressi.

Quarto: chi si accanisce con le divisioni nell’opposizione come se non fossero più gravi e problematiche le divisioni tra chi oggi sta al governo. Tre partiti attestati su tre linee diverse e divaricate. Quinto: chi, dentro l’opposizione, le divisioni le esaspera e le esalta.

Come Conte che, con enfasi, solo temperata in seconda battuta, si è affrettato a dare ragione a Trump, che è semmai il problema per eccellenza, con l’argomento (per sé fondato ma “altro”, che non assolve il presidente Usa) che la comunità internazionale e, segnatamente, l’Europa portano la responsabilità omissiva di una iniziativa politica degna di questo nome tesa a propiziare una soluzione negoziale al conflitto.

Pure sbaglia chi, sul fronte opposto, dentro e fuori del Pd, esorcizza tale oggettiva responsabilità omissiva, quasi che fosse sufficiente l’escalation nel supporto militare. In nome di una acritica fedeltà atlantista che oggi, con l’avvento di Trump, detta una linea esattamente contraria. Sarebbe da attendersi un cenno di autocritica anche da chi, tra gli opinionisti mainstream, ha precipitosamente accreditato come affidabile Meloni, abbonandole trascorsi e contraddizioni, solo perché allineata ai voleri Usa, di cui ora misuriamo la volubilità e il prezzo proprio sul piano dell’ancoraggio a principi europei e dell’occidente democratico tanto celebrati a parole.

Oso sfidare l’opinione comune: l’articolazione delle posizioni dentro il Pd e, più in genere, nel campo delle opposizioni – ne convengo, un problema da mettere a tema – testimonia tuttavia che la questione della guerra di aggressione all’Ucraina (sul punto si spera tutti si concordi) e delle vie per venirne a capo con la cosiddetta “pace giusta”, oggi ne siamo vieppiù consapevoli, era ed è assai problematica e complessa.

Di nuovo: nessuno disponeva e dispone di facili ricette ed è difficile sottoscrivere quella sbrigativa e ingiusta imposta da Trump. A chi quasi si compiace o comunque si rassegna alla divisione tra le forze del campo largo nostrano giro due domande: a) Possiamo mettere a verbale l’irrevocabile impossibilità di fare sintesi e dunque di proporsi quale alternativa di governo? b) Quale sarà prevedibilmente l’impatto dello tsunami trumpiano sulla evoluzione dei sistemi politici europei (a cominciare dalla Germania)?

Azzardo una risposta: una polarizzazione/radicalizzazione della contesa politica tra destre estreme in vario grado ispirate e sostenute dal fronte del tycoon Usa e uno schieramento largo e plurale – repubblicano – imperniato su due pilastri: il costituzionalismo democratico e un europeismo meno timido che in passato, deciso a ritagliarsi una sua autonomia strategica. Domando: vi sono alternative? Non sono queste le preminenti linee di frattura che si prospettano tra le forze politiche europee?

E, se così è, possiamo assumerci un’altra responsabilità omissiva ovvero quella di cullarci sulle nostre divisioni a fronte delle due minacce incombenti: l’eclissi del costituzionalismo e del progetto europeo? Non sono questi, oggi, in concreto, i due beni/valori più esposti al rischio della dissoluzione? A fronte di tanti osservatori o attori saccenti, rilevo un elemento di onestà e di verità nelle parole pronunciate da Elly Schlein in risposta a chi le segnalava le difficoltà della sua “testarda” azione unitaria: “Se fossi in cerca di soluzioni facili non farei questo mestiere”.

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