- Il presidente della Legacoop: «Non mi candido in un collegio sicuro, voglio portare a termine il mio mandato. Bene la sfida Letta-Meloni. Ma una campagna elettorale con il viso rivolto al passato non va bene.
- «Ci devono spiegare come vogliono proseguire il Pnrr perché non tornino i soliti noti: se facciamo tutto questo debito deve essere un progetto per combattere le diseguaglianze e le fratture sociali».
- «Il movimento cooperativo ha i suoi valori, e i piccoli e medi imprenditori, che siano commercianti, agricoltori o autotrasportatori, trovano nella forma cooperativa la possibilità di fare in maniera corretta, moderna e competitiva il loro mestiere. Non è una questione di tasse»
Sarebbe stata una bella sfida, quella fra il presidente della Legacoop Mauro Lusetti e Carlo Calenda, magari da alleato, che con toni vintage si scatena come un leghista contro le «false cooperative». Lusetti da modenese concreto smonta l’argomento senza fare giri di parole. E semplicemente da al’ex ministro del Mise dell’incompetente.
Ma la sfida non ci sarà: Lusetti, che da dieci anni è presidente della Legacoop nazionale, in poche battute smonta la tesi del leader di Azione, che è poi anche un grande classico di Giancarlo Giorgetti e via scendendo: «Calenda, che ha anche un passato confindustriale, dovrebbe evolvere la sua visione. Si è dimenticato che siamo noi state noi ad aver raccolto le firme contro le false cooperative. Tant’è vero che il numero delle cooperative è drasticamente calato per effetto della nostra campagna e della legge che è stata in gran parte recepita dal parlamento. E allora se vuole presentarsi come persona competente, che conosce il mondo economico, sarebbe più coraggioso che cominciasse a parlare delle “false imprese”. Chi parla di false cooperative è indietro di due giri. Si metta a correre. E se vuole sapere qualcosa del mondo cooperativo ci chiami».
Parliamo con Lusetti mentre raccoglie calendula e menta piperita per fare oli essenziali («debbo mandarle distillare»), vacanze insomma ma fino a un certo punto. Modenese di Sassuolo, è uomo pratico nella perfetta tradizione delle sue origini e anche del movimento che rappresenta. Il Pd della sua città gli ha offerto un seggio all’uninominale che, date le latitudini, era superblindato. Ci ha pensato. Ma poi non ha accettato.
Perché non ha voluto candidarsi?
Me lo ha chiesto il Pd di Modena, che ringrazio. Era un seggio sicuro e questo dimostra rispetto per il mondo delle cooperative. Ma dopo qualche giorno di riflessione ho deciso di non candidarmi. C’è una ragione precisa: a settembre Legacoop inizia il percorso congressuale, ci sarà un rinnovamento della classe dirigente. Candidandomi non avrei finito il lavoro che avevo iniziato. E dopo dieci anni non mi sembrava bello lasciare la mia organizzazione in un passaggio così delicato del ricambio.
C’entra nella decisione la rottura con Calenda?
No, l’ho presa prima, e cioè quando per il Pd la campagna elettorale era meno complicata e quando il seggio, per capirci, era a prova di bomba.
Torniamo a Confindustria. Il suo presidente tifa apertamente Giorgia Meloni, si parla di un possibile ingresso di Carlo Bonomi nel prossimo governo. È augurabile?
Ciascuno fa le scelte che vuole. Devo dire però che Confindustria è la principale organizzazione del mondo delle imprese, e dunque piuttosto dovrebbe mettersi in testa a un movimento che recuperi lo spirito dell'aprile 2020 e 2021 che ci ha consentito di riaprire il paese dopo mesi di chiusura e di lockdown, e di farlo ripartire in sicurezza. Con la Confindustria di Bonomi abbiamo assistito a una sorta di neocorporativismo che a noi non piace per nulla. Un salto nel passato che non è utile al paese, non sono certo sia utile neanche alla Confindustria. Bonomi parla di «patto fra lo stato e le imprese» ma in realtà parla di sé stesso. Confidustria è l’organizzazione più grande. Ma non è tutto. Fuori c'è il mondo delle piccole e medie imprese, della cooperazione, del terzo settore. Se stai proponendo di fare un patto che metta al tavolo il mondo delle imprese e del lavoro con lo Stato, devi avere la capacità di parlare a tutti. E questa è una capacità che Bonomi non ha.
La destra ha già vinto, almeno sulla carta.
Il Pd e l'alleanza di centrosinistra si devono assolutamente impegnarsi per vincere, o almeno per perdere bene. La campagna elettorale sarà brevissima ed aggressiva, voteremo in un periodo in cui le persone avranno già dimenticato le ferie. E saranno entrate in un finale di 2022 complicato per i bilanci delle imprese e delle famiglie.
Le cooperative sono state per tanto tempo un serbatoio di consenso per la sinistra. Lo sono ancora, o è cambiato il modello?
Vuole che io le parli di un mondo tutto cambiato con tre pennellate? Il movimento cooperativo continua ad essere quello di una visione del mondo e dell'umanità. La gestione dei migranti ne è la dimostrazione, anche se qualcuno continua a dire che noi la facciamo perché ci guadagniamo; se avesse solo la bontà di venire a vederci capirebbe di cosa parla. Ma il movimento cooperativo nei suoi oltre cento anni di vita ha cambiato una parte della sua base sociale. Pensi solo ai ceti medi: qualcuno crede che siano solo interessati ad avere le tasse basse. Ma invece, avendo a cuore lo sviluppo delle loro imprese, i piccoli e medi imprenditori, che siano commercianti, agricoltori o autotrasportatori, trovano nella forma cooperativa la possibilità di fare in maniera corretta e competitiva il loro mestiere. Ripeto: non è un problema solo di tasse. È una modalità organizzativa, di capacità di diventare grandi con gli altri e di condividere le scelte imprenditoriali, che fa la differenza. Le forze politiche si devono rendere conto che tanti loro elettori sono nostri soci perché trovano nel movimento cooperativo una modalità per fare bene e in maniera moderna il loro mestiere.
Il centrosinistra è ancora in grado di essere un riferimento per questo mondo?
Può esserlo, perché c'è una condivisione di visione del mondo, della società, di valori coerenti rispetto al nostro modo di interpretare un'idea di paese. E di fare economia.
La destra che si appresta a vincere invece no?
Come alleanza delle cooperative ci presenteremo a tutti i partiti con le nostre idee. Mi auguro che non ci guardino non con un occhio pregiudiziale. Rappresentiamo un valore per il paese, pesiamo l'8 per cento del Pil, abbiamo 8milioni di soci e un milione e mezzo di lavoratori, non è una realtà che si può ridurre a uno slogan sulla gestione dei migranti. Se ci sarà una destra di governo seria si misurerà con noi in maniera seria. Anche perché il Pnrr sfiderà tutti. Già era complicato portarlo a termine per il governo Draghi, per chi verrà dopo sarà peggio.
Teme per la modifica del Pnrr da parte di un eventuale nuovo governo?
Il Pnrr non può essere modificato, le regole che abbiamo sottoscritto con l'Europa non permettono né dilazioni né scadenze diversificate e neanche obiettivi diversi da quelli che abbiamo già dichiarato. Temo piuttosto l'incapacità di realizzarlo. Contiene requisiti fondamentali per il rilancio del paese. Occhio a non tornare indietro ai soliti noti, cioè alle grandi imprese pubbliche e private che hanno la capacità di mettere a terra progetti già preesistenti, magari frutto di altre ere, e di realizzarli nei tempi prescritti. In questo caso noi avremmo sicuramente una crescita del Pil ma non un rilancio del paese. E neanche un ricambio. In questi anni le fratture sociali si sono allargate, chi stava bene sta bene, ma chi stava peggio sta ancora peggio. Quindi se il Pnnr non serve a diminuire le diseguaglianze, tra nord e sud, tra aree urbane e aree interne, mi chiedo a che cosa serve tutto questo debito. Se invece serve a combattere le diseguaglianze ha un grandissimo valore.
Lei ha già avuto come interlocutore un governo a trazione leghista, quello gialloverde. Ora si prepara a governare Fratelli d’Italia. Che non ha la stessa visione dell’economia ma forse la stessa visione del mondo cooperativo.
Noi non siamo distanti dalla politica ma siamo distinti. In dieci anni alla presidenza della Legacoop ho avuto a che vedere con cinque governi diversi. Salvini è stato ospite dal nostro congresso. Fra Lega e Fdi ci sono differenze: Fdi è statalista e la Lega insiste con la flat tax, che vuol dire che chi sta peggio dovrà arrangiarsi. Ma cercheranno di ricomporre nel programma.
Giorgia Meloni viene demonizzata?
Non mi pare. Vedo che da parte del Pd si polarizza e personalizza molto, si punta alla sfida Letta-Meloni. Ci sta. Ma una campagna elettorale basata esclusivamente con il viso rivolto al passato non va bene.
Ci sono temi importanti: il governo del paese, ciò che è previsto dal Pnrr. I governi precedenti hanno ottenuto i finanziamenti da Bruxelles e il prossimo governo dovrà spenderli con un'idea di paese. Ecco di cosa bisogna parlare: questa idea, che spero quanto prima vogliano condividere attraverso un confronto con tutte le parti sociali.
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