- Il giovane e ambizioso presidente del Friuli Venezia Giulia è sempre più spesso indicato sui giornali e tra gli addetti ai lavori come possibile successore, e parricida, di Salvini.
- Nel suo fortino friulano, Fedriga prepara con prudenza la lista che lo sosterrà alle prossime elezioni e con cui spera di emulare il successo di Zaia in Veneto.
- Ma deve giocare le sue carte con prudenza: sia nella scelta degli alleati, sia nei rapporti con Salvini, che ha fama di avere poca tolleranza con chi minaccia di fargli ombra.
Da quando il leader della Lega Matteo Salvini ha fatto cadere il primo governo Conte, ogni autunno si scatena sui giornali e tra gli addetti ai lavori la caccia al colonnello destinato a sostituirlo. Ultimamente, quando si fanno questi discorsi, il nome che ritorna è quello di Massimiliano Fedriga, il giovane e ambizioso presidente del Friuli Venezia Giulia.
Fedriga si è fatto notare per essersi schierato insieme ai suoi colleghi di Lombardia e Veneto contro la posizione intransigente del suo segretario sull’estensione del green pass. Lui nega di avere intenzioni ostili, ma intanto, in vista delle regionali del 2023, prepara la sua lista personale con sindaci e fuoriusciti da Forza Italia.
In un’intervista al Corriere della Sera, martedì 21 settembre Fedriga ha ribadito l’utilità del Green pass, «lo strumento che ci consente di tenere aperto quello che un anno fa veniva chiuso, di non avere più lockdown» e quindi di assicurare «a chi ha attività economiche che non chiuderà». Il governatore del Friuli, intervistato anche da Radio Capital, si è poi schierato apertamente contro chi, nel suo partito, ha assunto posizione contrarie al vaccino: «Non dobbiamo tradurre anche l’epidemia in una lotta tra bande. Dobbiamo convincere i cittadini a vaccinarsi, ma senza condannare chi ha paura altrimenti rischiamo di schiacciarlo verso la parte no vax. Nel primo partito d'Italia è normale che ci siano correnti diverse, ma dentro la Lega non c’è spazio per i no vax».
Il giovane fenomeno
Quarantuno anni appena compiuti, eletto presidente che ne aveva 38, Fedriga è il leghista della sua generazione con il curriculum politico più brillante. Nato a Verona, ma trasferitosi quasi subito a Trieste, è iscritto alla Lega da quando aveva 15 anni, grazie a una deroga firmata dai genitori.
Segretario provinciale a 23 anni, eletto per la prima volta alla Camera a 28, era già un parlamentare di lungo corso quando le accuse di aver rubato soldi al partito abbattono il fondatore della Lega Umberto Bossi. Giovane e non troppo compromesso con il vecchio regime, Fedriga entra prima nella segreteria del partito durante il breve mandato del successore di Bossi, Roberto Maroni, e poi viene scelto da Matteo Salvini come nuovo capogruppo al posto del più paludato Giancarlo Giorgetti.
Fedriga diventa così uno dei più convinti sostenitori di Salvini, oltre che il suo plenipotenziario in Friuli Venezia. Le rare volte in cui Salvini non è in tv ad attaccare euro e stranieri, Fedriga lo sostituisce efficacemente.
Trattori per Fedriga
La svolta nella sua carriera arriva nel 2018. Dopo le elezioni di marzo, la Lega diventa a sorpresa il primo partito del centrodestra e si apre lo scenario di un governo con il Movimento 5 stelle.
Mentre a Roma si tratta per formare l’inedita coalizione, in Friuli arriva il momento di votare la nuova giunta regionale. Il centrodestra si è già accordato per candidare Renzo Tondo, ex presidente della regione di Forza Italia. Ma la situazione è delicata.
Salvini vuole flettere i muscoli e mostrare la sua nuova posizione di forza nella coalizione. Fedriga è tentato dalla sfida regionale, ma sa che a Roma lo aspetta quasi sicuramente un ministero: glielo ha assicurato lo stesso Salvini. Inoltre, il Friuli Venezia Giulia è una regione isolata e poco prestigiosa. Cinque anni di governo locale sono costati caro alla presidente uscente, Debora Serracchiani, una giovane politica ambiziosa come lui.
A far pendere la bilancia da lato di Fedriga ci pensano i quadri locali del centrodestra, insoddisfatti per la scelta di Tondo. A dieci giorni dalla scadenza per la presentazione delle liste, Salvini arriva a Udine per annunciare ufficialmente la candidatura di Tondo, ma nel piazzale di fronte alla sede della Lega si trova di fronte uno spettacolo inaspettato, anche per lo stesso Fedriga: una schiera di trattori coperti di cartelli: «Salvini non toglierci una speranza di cambiamento», «Vogliamo Fedriga!».
«Quella volta abbiamo fatto una cosa simpatica», racconta Ferruccio Saro, eminenza grigia della politica regionale, ex senatore di Forza Italia e ideatore dello show con i trattori. «Abbiamo creato le condizioni per costringerlo ad accettare, perché sotto sotto preferiva restare a Roma». La manovra ha successo. Due giorni dopo la sfilata, Salvini fa cambiare gli accordi agli alleati e Fedriga diviene il candidato ufficiale del centrodestra alla regione.
Il presidente
La scommessa si rivela vincente, almeno per Fedriga. Eletto con il 57 per cento dei voti, oggi è il terzo presidente di regione più popolare d’Italia. Il governo giallo verde, intanto, è durato soltanto un anno e mentre dei suoi coetanei ministri, come Lorenzo Fontana, non parla più nessuno, Fedriga è più che mai al centro dell’attenzione.
Fedriga governa con piglio presidenziale grazie a una maggioranza granitica tenuta sotto attento controllo. «Lo vediamo poco in aula», dice Diego Moretti, capogruppo Pd al consiglio regionale. Fedriga impone scelte dall’alto e non tollera deviazioni. Al punto che Saro, che all’inizio della sua avventura era tra i suoi principali consiglieri, rompe con il suo progetto.
Ma allo stesso tempo, Fedriga è capace di tenere buoni rapporti con gli avversari. Moretti lo giudica «abile e intelligente». Dice che è «il più salviniano dei presidenti di regione, ma con giudizio». La peggiore accusa che le opposizioni gli muovono è quella dell’incoerenza. Mentre oggi si presenta come un leghista responsabile favorevole al green pass, alla fine dello scorso ottobre era in piazza a Trieste per protestare contro il lockdown.
Come il suo collega Zaia, Fedriga ha capito che il modo migliore per governare un territorio ancora benestante come il Friuli Venezia Giulia, è mantenere l’ordinaria amministrazione. Quello che non ottiene con grandi ambizioni e progetti, lo recupera con la presenza assidua sui media locali e nazionali.
La pandemia che ha colpito duramente la regione, specialmente nella seconda ondata, ha gli ha offerto un palcoscenico quasi quotidiano per rivolgersi ai suoi cittadini. La sua elezione alla presidenza della conferenza stato regioni, divenuta un organo cruciale per affrontare l’emergenza, gli ha fornito ulteriori occasioni di esposizione. Gli ha procurato anche nuovi estimatori. Presidenti di regione e ministri, anche quelli del centrosinistra, apprezzano il suo lavoro.
Il futuro
Alleati e avversari sono convinti che Fedriga aspiri ancora a un ministero e che l’ambizione di tornare a Roma non gli sia passata, nonostante gli onori che ha raggiunto nella sua regione. Nel frattempo, lui si prepara alle elezioni locali del 2023, quando avrà 44 anni e abbastanza tempo per farsi rieleggere trionfalmente e tentare comunque una nuova scalata a Roma.
Il suo modello, ancora una volta, è quello di Luca Zaia e la lista personale con cui il presidente del Veneto ha surclassato quella della Lega, garantendosi un’autonomia superiore a quella di qualsiasi altro leghista, oltre che qualche settimana di palcoscenico nazionale.
Questo compito, in Friuli Venezia Giulia, dovrebbe spettare a Progetto Fvg, una lista che lo appoggiava già nel 2018, ma che negli ultimi tempi è cresciuta grazie all’afflusso di nuovi sindaci, diversi provenienti dal centrosinistra (e, accusano gli avversari, allettati con fondi regionali), e dai residui di Forza Italia, che in regione è ormai quasi scomparsa.
Ma l’operazione presenta almeno due rischi. Il primo è di immagine. Il coordinatore della lista è Sergio Bini, potente assessore alle attività economiche e azionista di riferimento di Euro&Promos, un’importante azienda multiservizi con diversi contenziosi aperti e che ha vinto numerosi appalti nei comuni friuliani, una situazione che espone a possibili accuse di comportamenti politicamente impropri.
Il secondo è invece un rischio interno al partito. Salvini ha già dimostrato di essere spietato con chi minaccia di fargli ombra. Lo ha scoperto a sue spese Flavio Tosi, il popolare sindaco di Verona espulso dalla Lega nel marzo 2015 dopo aver cercato di costruire un suo movimento interno al partito.
È una lezione che i leghisti ricordano bene. Non è un caso se lo staff di Fedriga si affretta a ridimensionare l’importanza della futura lista del presidente. Sarà solo «un valore aggiunto per la coalizione», dicono fonti dello staff del presidente, e da sondaggi informali risulterebbe che non toglie alcun consenso alla Lega.
Dai tempi di Tosi, però, le cose sono cambiate. La lega è cresciuta e si è imborghesita, una mutazione che Fedriga ha cavalcato abilmente, trasformandosi da tribuno televisivo populista in governatore responsabile. Forse non è così spregiudicato o coraggioso da sfidare apertamente Salvini. Ma una cosa è sicura. Di quasi dieci anni più giovane e con un’immagine pubblica molto meno logorata, il tempo è dalla sua parte.
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