La vulgata comune, in Francia e in Italia, vuole che Giorgia Meloni e Marine Le Pen siano destinate a stringere una alleanza ulteriore in Europa e, se la seconda vincesse le elezioni legislative, come capi di governo dei due paesi si ritroverebbero ad andare a braccetto.

Di questa interpretazione schematica, fondata sul fatto che entrambe sono leader di partiti di destra, è lecito dubitare. In primo luogo perché tra Fratelli d’Italia e Rassemblement national restano delle differenze politiche.

Il primo è un partito più istituzionalizzato, al governo dell’Italia da quasi due anni e i cui dirigenti erano già passati dall’esperienza di governo berlusconiana, che ha dismesso gran parte dell’armamentario euroscettico sul piano economico e ha accettato i vincoli di politica estera legati al patto Atlantico; il secondo è un partito antico che sorge dall’estremismo, che non ha mai governato a causa di una conventio ad excludendum di tutti gli altri partiti e della diffidenza degli elettori francesi moderati, con una carica di euroscetticismo ancora elevata pur avendo fatto sparire la Frexit, legami profondi soprattutto con la Russia e una maggiore pretesa di autonomia del proprio paese dall’alleato americano.

Il posizionamento europeo

Da queste differenze discende un differente posizionamento europeo: Meloni nei conservatori filo-atlantici e interessati a un dialogo con i popolari, Le Pen con Identità e democrazia, gruppo interprete dell’appeasement con Putin e fautore di una opposizione integrale agli europeisti.

Le due leader non sono ancora pronte a fondersi in unico gruppo europeo, poiché nessuna delle due intende cedere la leadership all’altra né inaugurare una convivenza che allo stato attuale potrebbe essere difficile proprio per le differenze politiche tra i due partiti. Meloni e Le Pen, dunque, possono essere alleate su molti temi, ma sono anche in concorrenza tra loro per la guida della destra europea.
In questo quadro, inoltre, non va dimenticato che tanto Fratelli d’Italia quanto il Rassemblement national sono due partiti nazionalisti e questo elemento ideologico rende la loro collaborazione più complessa in prospettiva.

Anche qualora Le Pen si ritrovasse a governare, sarebbe difficile immaginare che l’Unione europea possa integrarsi ulteriormente su impulso dei leader della nuova destra. Ciò potrebbe accadere forse su un tema come l’immigrazione, il protezionismo e poco altro.

L’atteggiamento di Meloni e Le Pen, per richiesta del proprio elettorato, è difensivo rispetto alla nazione, volto a proteggere l’interesse nazionale più che a trovare obiettivi comuni con gli altri paesi. E ciò vale non solo per la politica europea, ma anche per il rapporto reciproco tra le due leader ed eventualmente tra i governi di Italia e Francia.

Italia e Francia

Chi crede, a destra come a sinistra, che il rapporto tra i due paesi possa migliorare con una vittoria del Rassemblement national, solo perché siamo di fronte a due partiti di destra al governo, rischia di prendere un abbaglio. Italia e Francia sono due paesi alleati, c’è il Trattato del Quirinale, ma si percepiscono anche come concorrenti.

Da anni c’è una lotta sotterranea, che pertiene all’intelligence, tra i due stati su questioni finanziarie, industriali e militari. Davvero si può pensare che con Le Pen al potere a Parigi la relazione possa migliorare? Che ci possa essere, ad esempio, una Francia meno aggressiva nel cercare di guadagnare quote di controllo nel sistema industriale e finanziario italiano?

Non va dimenticato, ad esempio, che Berlusconi e Sarkozy sembravano essere quasi la stessa cosa sul piano politico eppure furono protagonisti di sconti fortissimi in Europa e nella politica mediterranea. Se l’indebolimento di Macron può essere una buona notizia per Meloni sui tavoli europei, la sua débâcle totale con conseguente vittoria della destra nazionalista potrebbe non essere quanto di più auspicabile per il nostro paese.

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