Lo scorso 24 giugno è stata resa pubblica la decisione della corte statunitense di abolire la garanzia federale del diritto all’interruzione di gravidanza. In poco tempo diversi stati hanno reso la pratica illegale e impossibile e il rischio è che i divieti si diffondano nella metà degli stati
Diversi stati a guida repubblicana degli Stati Uniti erano in attesa della decisione della Corte suprema sul diritto all’interruzione di gravidanza per poter introdurre in tempi record limitazioni e divieti in contrasto con la sentenza del 1973, Roe v. Wade, che garantiva l’accesso al diritto a livello federale.
Il New York Times ha mostrato graficamente come in poche ore, dopo cinquant’anni, la mappa dei 50 stati si sia colorata di divieti. Un’ora dopo l’annuncio della decisione da parte della Corte suprema – che ha ribaltato la sentenza del 1973 – le autorità di Missouri, il Louisiana, il Kentucky e il Sud Dakota hanno comunicato che abortire è illegale. In Alabama invece è stato deciso che sarebbe stata vietato l’interruzione di gravidanza a partire da mezzogiorno, in Arkansas dalle 16 e nello Utah dalle 21. Cinque stati avevano adottato leggi che in poco tempo renderanno illegale in maniera automatica l’aborto e si attendono divieti da altri nove.
Con la sentenza di ieri, gli stati non avranno più un indirizzo federale ma potranno regolare la materia secondo le loro politiche, senza vincoli, e i governatori repubblicani sono riusciti ad agire così rapidamente perché – attraverso i cosiddetti “trigger bans”, in vigore in tredici stati – avevano già predisposto leggi restrittive pronte a entrare in vigore una volta emessa la sentenza.
I viaggi dell’aborto
Prima della sentenza, 716mila donne – l’1 per cento della popolazione femminile circa – erano distanti dalle cliniche specializzate più di 200 miglia. Il numero si è moltiplicato: secondo le stime del New York Times, nel momento in cui tredici stati a guida repubblicana avranno reso efficaci i divieti e le limitazioni al diritto saranno 9 milioni le donne che dovranno percorrere una distanza superiore alle 200 miglia, oltre 300 chilometri, per poter accedere al diritto. Se gli stati diventeranno 24, allora il numero di donne lontane da una clinica aumenterà a 17 milioni.
La possibilità di divieti colpisce anche tre stati con una popolazione importante: Florida, Kansas e Virginia, che se seguiranno la linea degli altri stati porteranno la popolazione femminile in età riproduttiva lontana dalle cliniche a 24 millioni.
Mentre sono circa venti, nella situazione attuale, gli stati in cui è improbabile che venga bandito il diritto, come ad esempio l’Alaska, la California, lo stato di New York, il Maine, il Minnesota.
Le cliniche
«Il mondo post-Roe», lo chiamano i quotidiani statunitensi, è quello in cui gli ambulatori specializzati hanno iniziato a chiudere i battenti, rendendo così più difficile l’accesso all’aborto, sia per le distanze, sia per il numero alto di richieste che dovranno affrontare le strutture che rimarranno aperte. In Texas, ad esempio, sono state chiuse tutte le cliniche, così come in Wisconsin, dove la chiusura delle strutture è stata dettata da una legge datata 1849.
La ricerca pubblicata dal New York Times mostra come più aumenta la distanza e meno donne affrontano il viaggio. La situazione può migliorare o peggiorare anche in base alla legislazione degli stati confinanti.
Le proteste
La decisione della Corte suprema è stata condannata anche dal presidente statunitense Joe Biden, che l’ha definita «devastante e dolorosa». Un «giorno triste per l’America», ha detto Biden, sottolineando che «la salute e la vita delle donne in questo paese sono in pericolo». In molte città migliaia di persone hanno partecipato a manifestazioni di protesta contro l’abolizione del diritto: oltre al presidio davanti alla Corte, ci sono dimostrazioni anche a New York, Los Angeles, Miami, Boston, Denver, Atlanta, Chicago, Philadelphia e ad Austin in Texas. La polizia di Phoenix, in Arizona, ha usato gas lacrimogeni contro manifestanti pacifici pro-scelta.
La sentenza
La Corte suprema Usa ha deciso sulla richiesta dello stato del Mississipi di riconoscere la propria legge con cui si vieta l’interruzione di gravidanza dopo 15 settimane di gestazione. Informazioni sul ribaltamento della sentenza Roe v. Wade erano già fuoriuscite a inizio maggio su Politico. Molti stati, anche mentre la sentenza del 1973 era ancora in vigore, avevano introdotto misure, come l’Oklahoma che in attesa della decisione aveva impedito la pratica dell’aborto, rendendolo illegale fin dal concepimento.
Ma fino a pochi giorni fa in quasi tutti gli stati c’era almeno un ambulatorio funzionante a cui le donne potevano rivolgersi. La situazione è cambiata: la sentenza «condizionerà la politica nazionale e porterà a un divieto totale di praticare l’interruzione di gravidanza in metà degli stati», ha scritto il Nyt.
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