L’ex deputato della Florida nominato nuovo procuratore generale da Donald Trump è stato indagato da una commissione della Camera per la sua partecipazione a festini a base di droghe e sesso
Alla fine, le accuse nei confronti dell’ex deputato della Florida Matt Gaetz hanno affondato la sua nomina a nuovo procuratore generale, l’equivalente del nostro ministro della giustizia.
Con un post su X ha detto che non voleva essere «una distrazione al grande lavoro del team di transizione di Trump/Vance».
I tentativi di restare in sella
Era stato scelto dal presidente-eletto Donald Trump come nuovo procuratore generale il 13 novembre e nei giorni scorsi aveva incontrando in privato i senatori repubblicani per convincerli a votare a favore della sua nomina, anche se le stime della vigilia individuavano circa trenta nomi pronti a negare il consenso per le sue scarse credenziali, solo un paio di anni di pratica legale prima di entrare in politica. Non è bastata per la salvare la nomina del prescelto di Trump la decisione della commissione Etica della Camera di non rilasciare un report sulle indagini in corso da mesi relative alla sua frequentazione di festini a base di droga e di sesso.
L’organismo, equamente diviso tra cinque democratici e repubblicani, ha votato mercoledì 20 contro il rilascio della bozza di documento, che avrebbe dovuto essere finalizzata entro novembre, se Gaetz non avesse deciso improvvisamente di dimettersi da Congresso.
A quel punto è intervenuto in modo totalmente irrituale lo speaker della Camera Mike Johnson, che si è detto contrario al rilascio di materiale investigativo contro «un privato cittadino». Scelta che è apparsa poco spiegabile: Johnson è notoriamente vicino a Trump, ma ha sempre mostrato un certo decoro istituzionale. Va ricordato però che nell’ottobre 2023, quando Gaetz lanciò la mozione di sfiducia nei confronti dell’allora speaker McCarthy, disse che avrebbe preferito che il suo posto lo prendesse il deputato della Louisiana Mike Johnson, allora numero cinque nella leadership repubblicana del gruppo.
Scelta che dopo qualche giorno di tormenti interni venne finalizzata dall’intero gruppo. Lo speaker, quindi, avrebbe reso un favore al suo sostenitore della prima ora. Questo però non ha calmato le acque, anzi. L’affermazione del deputato Michael Guest, presidente della Commissione Etica, che ha definito come «finale» la decisione di cestinare il report su Gaetz, aveva rafforzato non solo l’opposizione dei democratici, ma anche lo scetticismo dei repubblicani. Secondo un’indiscrezione pubblicata dal magazine online The Bulwark, Gaetz avrebbe detto a un gruppo di senatoriche «non voglio certo processare Liz Cheney (ex deputata repubblicana divenuta critica di Trump), mandare una squadra investigativa dentro gli studi della tv Msnbc (vicina ai dem) e arrestare Anthony Fauci nella prima settimana di mandato» ma solo «fermare la giustizia politicizzata».
Un intento che certo non corrisponde ai proclami fatti dallo stesso Gaetz nei mesi scorsi e che non avrebbe convinto gli scettici, tra cui il senatore texano John Cornyn, che ha affermato sibillinamente che «la bozza del report uscirà, in un modo o nell’altro».
Finora la richiesta di Dick Durbin, numero due del gruppo dem, di ottenere una copia del testo solo per i membri del Senato era caduta nel vuoto ma appare sempre più probabile che possa finire nei prossimi giorni in mano a qualche testata giornalistica, nonostante il suo ritiro. Già il New York Times ha avuto accesso a una documentazione importante, ovvero le carte che riguardano le indagini per sfruttamento della prostituzione che avrebbero dovuto essere incluse nel report della discordia. Secondo questi file, Gaetz avrebbe versato migliaia di dollari attraverso l’app Venmo.
Non solo: inclusa nella documentazione ci sarebbe anche la testimonianza di due donne che hanno testimoniato di fronte alla commissione nei mesi scorsi dicendo che Gaetz avrebbe versato loro 10mila dollari per partecipare a festini privati nel periodo compreso tra il 2017 e il 2020. Non si può non notare come in passato la nomina dell’ex senatore del South Dakota Tom Daschle a segretario alla Salute nel 2008 era saltata perché emerso il suo mancato pagamento dei contributi pensionistici per la sua colf. Qualcosa di meno appariscente di un festino a base di droga e sesso che però è stato un po’ troppo anche per il nuovo partito repubblicano trumpizzato. Tanto che alla fine Gaetz si è arreso.
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