La convention del Partito democratico arriva al terzo giorno ed entra nel vivo. Dopo due giorni di discorsi, anche di alto livello come quelli di Barack e Michelle Obama, è arrivato il momento di Tim Walz, il numero due del ticket dem scelto un paio di settimane fa da Kamala Harris, che è protagonista della serata con il discorso di investitura. Prima di lui, il segretario ai trasporti Pete Buttigieg e l’ex speaker della Camera Nancy Pelosi, che hanno parlato sul tema della «lotta per le nostre libertà», un tema, quello della libertà, su cui si dividono da decenni progressisti e conservatori e sulle cui trasformazioni ha dedicato un libro lo storico Eric Foner intitolato Storia della Libertà Americana.

Walz, attualmente governatore del Minnesota e per un decennio deputato al Congresso, è finora poco conosciuto dal grande pubblico: secondo una recente rilevazione soltanto il 13 per cento degli elettori lo conosce abbastanza per esprimere un’opinione su di lui, buona o cattiva che sia. Il suo discorso, dunque, è un’occasione unica per confermare quell’immagine sostanzialmente positiva di bonario padre di provincia con un passato da militare e da insegnante di liceo.

Eroe progressista

Apparentemente può sembrare un profilo tradizionale, dato che già due vicepresidenti come Hubert Humphrey per Lyndon Johnson e Walter Mondale per Jimmy Carter provenivano dallo stato al confine con il Canada.

Walz però porta con sé, intanto, un invidiabile record progressista come governatore, implementato grazie alla maggioranza conquistata nel 2022 in entrambe le camere statali, quando è stato eletto per un secondo mandato. Con questi nuovi poteri, infatti, ha realizzato diversi punti di programma che fino a qualche anno fa erano soltanto nel libro dei sogni della sinistra americana: tasse più alte sulle fasce di reddito più elevate, pasti gratis nelle scuole statali, una legge costituzionale per proteggere il diritto di aborto nello stato, un piano di rafforzamento delle infrastrutture e infine il college senza oneri di spesa per i figli di famiglie meno abbienti.

Quello su cui Walz sta però facendo la differenza in queste settimane è il cambio di tono dei dem nel rispondere agli attacchi sguaiati di Trump e dei suoi alleati. A partire dal 2016 era prevalso il mantra coniato da Michelle Obama “when we go low, we go high”. Letteralmente “quando loro usano argomenti bassi, noi voliamo alto”. Una strategia che però non ha funzionato molto, anzi, sembrava che gli assalti trumpisti non ricevessero risposta perché incontrovertibili agli occhi del loro elettorato, che percepiva il partito democratico come un’entità elitaria urbana più a suo agio nei campus universitari che non nelle vie principali delle cittadine che compongono la cosiddetta “America di mezzo”.

Già Biden aveva incrinato questo dogma durante il primo dibattito delle presidenziali del 2020 quando aveva apostrofato il tycoon con un’espressione forte: «Quando chiuderai il becco?».

«Weird dudes»

Con Walz si è passati a rispondere colpo su colpo, a cominciare da un epiteto che descrive le posizioni estreme di Trump e del suo candidato vicepresidente J.D. Vance: “weird” ovverosia strano, ma con un’accezione che vira verso lo strambo e l’assurdo. Un insulto che è inaspettatamente efficace. Non solo: Walz ha anche alluso alla diffusissima bufala secondo cui J.D. Vance avrebbe fatto sesso con un divano in più di un’occasione.

Un’autentica rivoluzione del linguaggio dei dem che però aiuta molto nel decostruire l’immagine elitista che era rimasta incollata al partito in questi anni, motivo per cui è stato scelto rispetto ad altri candidati più blasonati come il governatore della Pennsylvania Josh Shapiro, troppo urbanizzato e politico di professione ma anche rispetto al governatore del Kentucky Andy Beshear, popolare in uno stato profondamente conservatore ma a sua volta figlio di un altro governatore. Non proprio un segno di vicinanza alle classi basse della società.

Certo Walz ha i suoi problemi, come la tendenza a descrivere in modo impreciso gli anni durante i quali era sotto le armi nella Guardia Nazionale del Minnesota, ma di certo le gaffe sono un problema minore quando l’avversario è un mentitore seriale come Donald Trump.

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