Da venerdì 10 giugno disponibile in digitale un nuovo numero di SCENARI, venti pagine di approfondimenti inediti firmati da Nicoletta Pirozzi, Vincenzo Amendola, Manlio Graziano e tanti altri, oltre a contributi internazionali e le mappe a cura di Fase2studio Appears. Per poter leggere tutti i contenuti è possibile abbonarsi qui
Ogni crisi internazionale fa riemergere la domanda sul senso dell’Europa. In venti pagine, gli approfondimenti inediti firmati da Nicoletta Pirozzi, Vincenzo Amendola, Manlio Graziano e altri studiosi e ricercatori – oltre alle mappe curate dai cartografi Bernardo Mannucci e Luca Mazzali (faseduestudio/Appears) – analizzano gli obiettivi strategici, le ambizioni, le fragilità e le possibili riforme di un progetto politico che gli autocrati come Vladimir Putin vogliono smantellare.
Cosa c’è nel nuovo numero
L’analista Nicoletta Pirozzi esamina tre proposte di riforma che permetterebbero all’Ue di dotarsi di un sistema di governance della sua politica estera e di sicurezza efficace: meccanismi più flessibili e informali di differenziazione tra stati, il superamento della regola dell’unanimità nei processi decisionali, e la costruzione di una difesa comune.
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Vincenzo Amendola prosegue evidenziando perché c’è bisogno di un nuovo patto di stabilità: la sospensione degli obblighi dell’accordo europeo – prima a causa della pandemia e poi della guerra ucraina – non ha portato al crollo economico, ma anzi mostra la necessità di riformare le regole di bilancio, secondo una politica che miri a trasformare le economie, non a bloccarne la crescita attraverso rigide contrapposizioni interne.
L’analista Manlio Graziano affronta poi il problema politico centrale del vecchio continente: l’assenza di un interesse comune, quindi di una visione e di una politica comune. Se i paesi dell’Ue fanno affidamento sulle crisi per poter dar vita a una realtà politica, la domanda “cos’è l’Europa” è destinata a restare senza risposta.
A seguire, l’analista Teresa Coratella spiega che, scegliendo di stare con Mosca, l’Ungheria ha chiarito il suo ruolo di demolitrice dell’Unione dall’interno. Ma sempre sul fianco orientale, la posizione anti russa assunta dalla Polonia non deve far dimenticare i problemi su stato di diritto e democrazia che anche il governo polacco a guida PiS ha deciso di dare alla Polonia negli ultimi anni.
Secondo il ricercatore Matteo Mazziotti di Celso, l’Europa riconosce a parole la necessità di integrare la propria difesa comune, ma diverse incertezze negli obiettivi e rapporti poco definiti con la Nato ostacolano la possibilità di trasformare i propositi in un piano d’azione.
L’analista Marie Dumoulin individua poi nelle divisioni emerse in occidente sulle concessioni alla Russia e sui limiti del sostegno a Kiev la prima vittoria di Putin. Gli europei devono concentrarsi sugli obiettivi a lungo termine per dare forma all’ordine di sicurezza europeo post conflitto.
Il politologo Francesco Strazzari sottolinea come la guerra abbia messo la Turchia di Erdogan al centro di tutti gli scenari: dal sostegno all’Ucraina, alle condizioni di accesso alla Nato, alla mediazione con la Russia, alla “questione curda”. Istanbul è l’interlocutore inevitabile per l’occidente, ma sarà l’Alleanza atlantica a riavvicinare la Turchia agli standard liberaldemocratici, o sarà la deriva sultanista di Recep Tayyip Erdogan a trascinare la Nato verso l’allineamento con le sue definizioni di minaccia? E quanto è stretta la presa del sultano sul suo paese?
Gli analisti dello Ecfr Julian Ringhof e José Ignacio Torreblanca trattano a seguire il tema della nuova geopolitica digitale del vecchio continente. Gli avvenimenti in Ucraina hanno già dimostrato che le tecnologie digitali plasmano la risposta ai conflitti internazionali. L’Ue ha incrementato negli ultimi anni la sua politica digitale, ma per poter competere e affermarsi come attore globale dovrebbe sviluppare una strategia ambiziosa, coerente con le sue politiche interne e in cooperazione con altri paesi.
Lo scrittore Raffaele Alberto Ventura e lo storico Federico D’Onofrio offrono la loro riflessione partendo da un evento storico: nel 1789, la rivoluzione francese ha inaugurato ed esportato il modello dello stato-nazione, condannato dalle sue stesse leggi all’illimitata espansione e allo sfruttamento forsennato di risorse. Oggi sappiamo che un limite esiste, di natura ecologica, e la consapevolezza diffusa della crisi ambientale è l’unica via d’uscita dal modello che ha messo in crisi la modernità.
Un estratto dal libro del politologo Vittorio Emanuele Parsi, Titanic. Naufragio o cambio di rotta per l’ordine liberale (il Mulino, 2022), delinea inoltre i mali della democrazia liberale: la crisi simultanea dell’ordine internazionale e di quello interno agli stati occidentali deriva principalmente dalla rottura dell’equilibrio tra democrazia e mercato che quel modello postulava. Solo armonizzando la natura liberale dell’ordine globale con la sovranità e l’economia di mercato saremo in grado di garantire un sistema bilanciato e democratico.
Infine, il ricercatore Francesco Stuffer fa luce sulle altre aree dello spazio post sovietico soggette a contese e possibili future escalation. Tra queste, gli scenari dell’Ossezia del sud, regione caucasica rivendicata dalla Georgia ma controllata da Mosca, dipendono strettamente dall’impatto che il conflitto in Ucraina avrà sul Cremlino.
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