Pavel Durov, ricchissimo fondatore e amministratore delegato della piattaforma di messaggistica russa Telegram, è stato arrestato sabato sera in un aeroporto a Parigi. Lo hanno riportato i media francesi. Secondo quanto si è appreso da fonti ufficiali legate al dipartimento doganale, Durov è stato preso in custodia, ma le notizie sui motivi e le accuse sono ancora molto limitate. Sempre secondo i media francesi, l’accusa riguarda l’utilizzo di Telegram per compiere crimini, come il riciclaggio di denaro e il traffico di droga, ma anche reati contro i minori, compreso lo sfruttamento sessuale online e la distribuzione di materiale pedopornografico. Non è chiaro se Durov sia accusato di omesso controllo, di ostacolo alle indagini o di un reato compiuto attivamente.

La notizia, per ora, si limita a queste poche righe e alle reazioni che ci sono state. Dalla Russia è arrivata una dura condanna dell’arresto. In Italia, il vicepremier Matteo Salvini ha parlato di «censura» e «puzza di regime». Mentre Elon Musk – fondatore di Tesla, SpaceX e proprietario di X (che una volta si chiamava Twitter) – ha scritto in francese “Libertà. Libertà! Libertà?”, sottintendendo che la Francia stia venendo meno ai suoi princìpi. In un’intervista ha detto che “moderazione” è solo un termine propagandistico per indicare la “censura”.

Ed è questo il punto focale di quello che sta succedendo: il fatto che ci sia un conflitto fra chi dice di credere nella libertà di espressione a ogni costo, anche se poi viene utilizzata come paravento per nascondere i peggiori crimini. E chi vorrebbe invece porre un limite a questa presunta libertà, in nome di valori altrettanto importanti.

Contraddizioni

È una contraddizione su cui si è sempre fondata la storia di Telegram e ancora prima Vkontakte, il social network più diffuso in Russia. Pavel Durov ha fondato l’app di messaggistica con il fratello, fornendo uno strumento indispensabile ai dissidenti che cercavano disperatamente di organizzare un’opposizione a Vladimir Putin. Ha lasciato la Russia quando si è rifiutato di dare alle autorità russe l’accesso ai dati di Telegram. E ha promesso al mondo che la sua sarebbe stata una piattaforma sempre libera, dove la privacy sarebbe stata protetta da un sistema di crittografia apparentemente impenetrabile.

Allo stesso tempo, Telegram è diventato forse il più noto esempio di far west digitale, dove la libertà è diventata anarchia, dove si compiono crimini, si propaganda il terrorismo e si fa disinformazione. Dove si trovano le immagini della guerra in Ucraina o dell’attacco di Hamas del 7 ottobre. Dove tutto è perdonato, senza regole e senza limiti.

Per capirne di più, e cercare una guida fra queste contraddizioni, abbiamo chiesto un aiuto a Elena Kostioukovitch, scrittrice e traduttrice dal russo, nata a Kiev e laureatasi a Mosca, che da più di trent’anni vive in Italia e che si definisce una dissidente rispetto al regime di Putin. Con La Nave di Teseo ha pubblicato il libro Nella mente di Vladimir Putin. Ha vinto il premio Grinzane Cavour per la traduzione 2003 e il premio nazionale per la traduzione 2007 del Ministero dei Beni Culturali italiano.

Kostioukovitch, Durov è un personaggio per molti aspetti controverso. Un paladino della libertà, che però è accusato di favorire le peggiori nefandezze. Su Telegram passano terroristi, pedopornografi e spacciatori di droga. Ma è utilizzata anche dai dissidenti contro le autocrazie e da chi cerca la libertà assoluta. Lei che idea si è fatta? Ci aiuta a capirne un po’ di più?
Sì, concordo che sia un personaggio controverso. Partiamo dall’inizio: Durov è stato il creatore di alcune start up che sono diventate, soprattutto due (Vkontakte e Telegram), canali importantissimi per il mondo russofono. Non sono solo mezzi di comunicazione, ma mezzi di informazione: attraverso delle sottoscrizioni, si può accedere a informazioni anonime, di cui non si conosce la fonte. E poi c’è molto altro. Anche Toncoin, una criptovaluta collegata a questo mondo.

Telegram ha recentemente superato i 900 milioni di utenti al mese.
L’importanza per il mondo russofono è totale, altrove un po’ meno. Ho fatto una prova: ho cercato su Telegram una piccola città italiana e ho trovato solo tre riferimenti. Ho cercato una città russa delle stesse dimensioni e sono uscite 14mila menzioni. In Telegram c’e tutto il circuito delle scuole russe, le chat di insegnanti e genitori, c’è chi vende dei prodotti, ma c’è anche la pornografia, il cinema rubato, i video espliciti delle torture nei conflitti peggiori…

E Durov è a capo di tutto questo.
Sì, e si sente come una specie di dio onnipotente, perché in effetti ha un grandissimo potere. È anche un personaggio eccentrico per molti motivi. Nei giorni scorsi ha fatto sapere di essere il padre di un centinaio di figli, nati dallo sperma che ha donato alle banche del seme e di avere i dati di tutte le madri: pensi come possano sentirsi queste donne. Quello che voglio dire è che anche se si racconta come un paladino della libertà, a me non sembra compatibile con le migliori democrazie. Ricorda quei magnati russi che fanno scendere centinaia di modelle nude dalle piste di sci: lo fanno semplicemente perché lo possono fare. In russo la parola “criminale”, che si dice prestupnik, ha un’etimologia interessante: significa “colui che supera i limiti”.

Arriviamo dunque a sabato sera, quando Tf1, la televisione francese, ha dato la notizia dell’arresto.
Ma la fonte principale di quello che è successo nei giorni scorsi è proprio Telegram. Sappiamo che fino a venerdì Durov era in Azerbaigian e che avrebbe voluto incontrare Putin, ma non è chiaro cosa avrebbe voluto fare. Possiamo fare delle ipotesi: forse voleva trattare la vendita di dati, la sua resa, o aveva un altro piano, dato che la Russia ha tutto l’interesse nell’usare Telegram per influenzare le elezioni negli Stati Uniti. Non lo sappiamo e al momento non possiamo sapere neanche cosa ci sia dietro all’arresto in Francia: se sia stata un’altra mossa da guascone, se abbia voluto farsi arrestare in maniera plateale per fare la vittima in un processo, o se stia cercando una protezione occidentale per non fare la fine di Prigožin. Capiremo qualcosa di più nei prossimi giorni.

Per ora cosa sappiamo?
Che la Francia ha molti motivi per non amare Telegram: tutta la disinformazione sulle Olimpiadi era partita da lì. Ma anche che Telegram non smetterà certo di lavorare per quello che è successo.

I media russi come hanno raccontato questa notizia?
Con una sola voce hanno urlato per difendere Durov, ingiustamente perseguitato dagli occidentali che ne invidiano le capacità. Girano anche delle fotografie con dei missili pronti ad essere lanciati sull’Ucraina e che riportano una scritta “Questo è per vendicare Durov”: anche fossero dei falsi, fanno capire la natura dei commenti.

Ma non è una contraddizione? Durov in passato è fuggito dalla Russia in opposizione a Putin.
Bisogna considerare che il modo di pensare russo non è lo stesso del mondo occidentale. È un modo di ragionare a zig zag, in cui oggi si può contraddire quello che si è detto ieri. È una nebbia in cui i russi si muovono agevolmente.

Elon Musk è stato fra i primi ad avere espresso la sua solidarietà a Durov. Che analogie ci sono fra loto?

Usano le stesse “parole d’ordine”, come la difesa della libertà di espressione. Sanno che è una nostra debolezza, perché così toccano concetti che ci rendono particolarmente sensibili e per i quali saremmo pronti a scendere in piazza, ma poi li distorcono dandone un significato diverso. In realtà, siamo in un’epoca, appena iniziata, in cui la forza più temibile per la democrazia è quella di questi capitalisti con un potere che supera ogni classe e ogni nazione. Quando diciamo di temere i pericoli dell’intelligenza artificiale, non ci rendiamo conto che l’intelligenza di Musk è già realtà, ed è altrettanto temibile. Stanno crescendo generazioni che sono convinte che il potere dato dai soldi meriti un trattamento particolare, al di sopra della legge. È un potere che non ha neanche bisogno del nostro voto, perché non partecipa alle elezioni. Durov forse è meno potente, ma incarna lo stesso spirito dei tempi.

Come se ne esce?
I nostri governi democratici dovrebbero imporre delle regole. Dovrebbero dire ad esempio che servono degli algoritmi che blocchino quei canali dove si condividono immagini pedopornografiche, i video delle torture, la vendita di droga, armi e il reclutamento dei sicari. Questa non è libertà.

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