Il procuratore federale che ha guidato l’inchiesta del Dipartimento di Giustizia ha affermato che ci sono prove per accusare di sedizione i riottosi dell'assedio a Capitol Hill del 6 gennaio scorso. Le indagini coinvolgono gruppi di estrema destra, soggetti ben equipaggiati e anche la condotta dell’ex presidente Trump
I riottosi dell’assedio al Campidoglio degli Stati Uniti del 6 gennaio possono essere accusati di sedizione, ovvero il crimine di cospirare per rovesciare il governo. A dirlo è Michael R. Sherwin, il procuratore federale che ha guidato l’inchiesta del Dipartimento di Giustizia.
In un’intervista rilasciata a “60 Minutes” e riportata dal New York Times, Sherwin ha detto che i procuratori hanno prove che dimostrano l’accusa di sedizione. «Credo che i fatti supportino queste accuse. E penso che, andando avanti, altri fatti lo sosterranno» ha detto il procuratore.
Sherwin ha affermato che solo circa il 10 per cento dei casi finora ha avuto a che fare con cospirazioni pianificate ed eseguite da estremisti di estrema destra – compresi i membri degli Oath Keepers, i Three Percenters e i Proud Boys – per fare irruzione nel Campidoglio. I procuratori federali hanno già rivelato: «Forti prove, comprese le parole e le azioni di Chansley al Campidoglio, sostengono che l’intento dei rivoltosi era quello di catturare e assassinare funzionari eletti del governo degli Stati Uniti». Dichiarazioni che hanno scosso le fondamenta democratiche del paese.
La testimonianza
Il procuratore quel 6 gennaio era presente a Capitol Hill. «Ho notato che c’erano alcune persone in equipaggiamento tattico. Avevano i giubbotti in kevlar e i caschi militari», ha detto. Il corte all’inizio era pro-Trump ed «è passato a essere anti-governativo, anti-Congresso, anti-istituzionale». Alla fine «quando ho visto la gente arrampicarsi sull’impalcatura, appendersi a essa e appendere bandiere, ho pensato che la situazione stesse precipitando velocemente» ha affermato.
Il punto sulle indagini
Subito dopo l’assedio gli inquirenti hanno analizzato i video e le foto postate sui social network. È nata anche una pagina Instagram per individuare gli assalitori attraverso un vasto passaparola sulla piattaforma e si è così arrivati all’identificazione di centinaia di soggetti che hanno preso parte all’attacco del 6 gennaio.
Sherwin si è dimesso dalle indagini venerdì scorso per tornare a fare il procuratore a Miami. Finora il governo ha formulato accuse a più di 400 persone, tra di loro ci sono centinaia sono accusate di violazione di domicilio e più di cento sono indagate per aver aggredito gli ufficiali. In particolare, due cittadini sono stati arrestati per la morte dell’ufficiale di polizia del Campidoglio Brian D. Sicknick. Quest’ultimo e altri due agenti sono stati attaccati con uno spray non ancora identificato, ma gli assalitori hanno detto che si tratta di un agente chimico usato contro gli orsi. Non è chiaro se sia stato lo spray a provocare la morte dell’agente e per ora i due americani sono accusati di aggressione anziché omicidio. «Se le prove collegano direttamente quella sostanza chimica alla sua morte», ha detto il procuratore Sherwin, «in quel scenario si tratterebbe di un caso di omicidio».
I procuratori stanno esaminando anche la condotta dell’ex presidente repubblicano Donald Trump per capire se con i suoi tweet e le sue affermazioni riguardo ai presunti brogli elettorali commessi alle ultime elezioni, che si sono rivelati falsi, abbia fomentato l’assedio del Campidoglio. Proprio contro Trump i democratici hanno avanzato una procedura di impeachment che non ha ricevuto i voti necessari al senato americano vista l’opposizione dei repubblicani.
«È inequivocabile che Trump è stato il magnete che ha portato la gente a Washington il 6 gennaio. Ora la domanda: è penalmente colpevole per tutto ciò che è successo durante l’assedio, durante la breccia?» ha concluso il procuratore Sherwin. •
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