Cinque soldati sotto osservazione, l’Idf smentisce il proprio coinvolgimento. Il ministro degli Esteri e l’Onu confermano la versione riportata dagli israeliani
Nel giorno in cui Amos Hochstein, il consigliere americano di Joe Biden, è arrivato a Beirut per discutere la proposta di cessate il fuoco tra Hezbollah e Israele, tre distinti attacchi hanno preso di mira il contingente della missione di pace dell’Onu. Il quartier generale della missione Unifil a Shama è stato colpito ieri con alcuni razzi da 107 millimetri che sono caduti in alcune aree all’aperto e in un magazzino. Nessun militare è rimasto ferito, ma cinque soldati del contingente italiano sono sotto osservazione.
La notizia ha fatto infuriare il ministro della Difesa Guido Crosetto che da Bruxelles, dove stava partecipando al consiglio Affari esteri e difesa, ha detto: «È intollerabile che ci siano attacchi, non possiamo tollerare che gli errori si ripetano con questa frequenza».
L’ultimo attacco contro la base in cui è presente il contingente italiano risale solo al 15 novembre scorso. Crosetto ha aggiunto che parlerà con il suo omologo israeliano: «Cercherò ora il mio nuovo collega israeliano per ribadire ciò che avevo detto a Yoav Gallant, vale a dire che le basi di Unifil rappresentano l’Onu e sono di paesi che sono amici di Israele». Dichiarazioni che facevano presagire un coinvolgimento dell’Idf nell’attacco, ma il portavoce dell’esercito ha smentito all’Ansa che a sparare siano stati i soldati dello stato ebraico.
Nel pomeriggio il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha raddrizzato il tiro affermando che l’analisi sui razzi condotta dagli artificieri dimostra che siano stati lanciati da Hezbollah. La conferma è arrivata anche da una nota Unifil che ha accusato «attori non statali presenti in Libano» di aver lanciato cinque razzi. «Sebbene abbiano causato ingenti danni» non hanno ferito nessun peacekeeper.
A Ramyeh, invece, è stata colpita la base Unp 5-42. Qui un razzo ha ferito quattro caschi blu del Ghana, tre dei quali sono stati trasferiti all’ospedale di Tiro. Anche questo attacco è stato opera di «attori non statali». In poche parole: Hezbollah. Per l’esercito israeliano «il razzo è stato lanciato dall’area di Deir Aames».
Un terzo attacco, invece, è stato compiuto ai danni di una pattuglia Unifil che stava attraversando una strada nel nord-est del villaggio Khirbat Silim. Anche qui come a Shama non si sono registrati feriti. Gli attacchi contro la missione iniziano a essere sempre più una costante e preoccupano gli stati membri delle Nazioni unite. Tanto che ieri l’Argentina ha chiesto il ritiro del suo contingente composto da tre caschi blu.
Le trattative
«La finestra è adesso, spero che i prossimi giorni portino a una decisione risolutiva», ha detto Amos Hochstein consigliere della Casa Bianca che ieri era a Beirut per i colloqui di pace con i funzionari libanesi. Nelle ultime ore il movimento sciita filoiraniano aveva dato il suo parere positivo a una bozza di accordo dopo che il conflitto armato con Israele si è intensificato negli ultimi due mesi a seguito dell’invasione dell’Idf del sud del Libano e dei bombardamenti concentrati a Beirut e nella valle di Beeka. La proposta americana prevede il ritiro delle truppe israeliane dal paese e l’allontanamento di Hezbollah dal confine. Inoltre è previsto il dispiegamento di più soldati dell’esercito regolare libanese e un rafforzamento del contingente Unifil.
La proposta è stata discussa da Hochstein con il presidente del parlamento libanese Nabih Berri, alleato di Hezbollah che negli ultimi mesi si è affermato ancora di più come mediatore autorevole con il gruppo sciita. «I segnali sul piano di pace Usa sono incoraggianti, ma è un negoziato, quindi finché non si arriva all’accordo c’è incertezza», ha detto il capo delle operazioni di pace Onu Jean-Pierre Lacroix.
Le trattative non saranno semplici – anche se filtra ottimismo – visti i continui attacchi israeliani. Ieri l’ennesimo è avvenuto a Beirut e ha ucciso cinque persone e ferito altre tre. Secondo il ministero della Salute libanese, dal 7 ottobre 2023 la guerra ha causato oltre 3.544 morti e quasi 15mila feriti. In totale quasi un quarto della popolazione è sfollata, ben 1.2 milioni di persone. Dal lato israeliano sono stati uccisi 87 soldati e cinquanta civili.
Netanyahu a Gaza
Il premier Benjamin Netanyahu ha visitato ieri il corridoio di Netzarim al centro della Striscia insieme al neo ministro della Difesa, Israel Katz, al capo dell’Idf Herzi Halevi e al capo dello Shin Bet Ronen Bar.
Netanyahu è stato immortalato insieme ai soldati con indosso l’elmetto militare e il giubbotto antiproiettile. Da Netzarim, il premier ha detto che i suoi militari hanno «raggiunto risultati eccellenti verso il nostro importante obiettivo: che Hamas non governi a Gaza. Stiamo distruggendo le sue capacità militari in modo molto impressionante e stiamo passando alle sue capacità di governo... Hamas non sarà a Gaza».
Netanyahu ha ribadito l’offerta di pagare cinque milioni di dollari a chiunque da Gaza riesca a fornire informazioni chiave per ritrovare un ostaggio. Diversa la linea del ministro di estrema destra Bezalel Smotrich che durante una riunione del suo partito sionista religioso ha detto: «Per restituire gli ostaggi, dobbiamo occupare l’intera Striscia di Gaza settentrionale e far sapere ad Hamas che se gli ostaggi non saranno restituiti sani e salvi, resteremo lì per sempre, occupando un terzo del territorio di Gaza».
Intanto proseguono le trattative tra Hamas e Israele dopo che il capo dello Shin Bet ha avuto nel fine settimana una serie di colloqui in Turchia a cui ha partecipato anche il capo dell’intelligence turca Ibrahim Kalin. Al momento il gruppo terroristico palestinese non ha ancora scelto il suo leader da quando Yahya Sinwar è stato ucciso a metà ottobre a Khan Younis, nel sud della Striscia.
In attesa della nuova nomina, Washington ha imposto sanzioni nei confronti di sei membri dell’ufficio politico. Tre dei quali si trovano in Turchia.
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