L’amministrazione Biden si prepara ad abbandonare il divieto di usare armi americane per colpire bersagli oltreconfine. L’escalation di Kharkiv giustifica il cambiamento
Un nuovo tabù nel conflitto ucraino sembra presto destinato a cadere: l’amministrazione Usa si prepara ad abbandonare il divieto di usare armi americane per colpire bersagli in Russia. Motivato dal timore di causare ulteriori escalation, il divieto ha impedito agli ucraini di usare i missili a lungo raggio forniti dagli alleati per colpire obiettivi che si trovano sul suolo russo. Ma secondo il governo ucraino, questa limitazione è tra le ragioni principali che hanno costretto le sue truppe a ritirarsi dalla regione di Kharkiv, dove i russi hanno lanciato un attacco partendo proprio dal loro territorio.
Sono in molti a Washington a chiedere da tempo l’abolizione di un divieto ritenuto superato e, dopo il suo recente viaggio in Ucraina, anche il segretario di Stato Usa, Anthony Blinken, è diventato favorevole a un parziale via libera agli attacchi . Con l’apertura del Regno Unito a questo tipo di operazioni con armi britanniche, la scorsa settimana, sembra ormai solo questione di tempo prima che anche gli Usa diano il loro consenso. Il presidente americano, Joe Biden, resta uno degli ultimi sostenitori del divieto.
Il principale fattore che avrebbe mutato l’opinione americana è la recente offensiva contro Kharkiv, un nuovo fronte che le truppe russe hanno aperto lanciando il loro attacco partendo da basi oltre il confine, al sicuro dai più letali missili a disposizione degli ucraini. «È tempo di prendere questa decisione, i russi hanno già compiuto un’escalation», ha detto l’ex numero tre del dipartimento di Stato, Victoria Nuland, riferendosi all’attacco su Kharkiv.
Conseguenze militari
Già oggi Kiev è in grado di colpire il territorio russo utilizzando droni a lungo raggio e altre armi prodotte in Ucraina e altre armi. In diverse occasioni, soldati ucraini e oppositori armati del regime di Putin hanno compiuto addirittura incursioni in territorio russo, utilizzando in alcuni casi veicoli forniti dai paesi Nato.
Kiev però si è sempre astenuta dall’utilizzare negli attacchi contro bersagli in Russia i missili più moderni e veloci forniti dagli alleati. La revoca del divieto consentirebbe di utilizzarli per colpire basi logistiche e centri di comando, costringendo i russi ad operare con maggiore cautela sul loro territorio. Ma difficilmente avrebbe grandi conseguenze sul campo di battaglia.In Donbass e in altri settori del fronte, l’utilizzo di armi a lungo raggio per colpire basi nei territori ucraini occupati fino ad ora non ha impedito alla Russia di arrestare la controffensiva ucraina della scorsa estate e di lanciare una serie di nuovi attacchi spesso coronati dal successo.
Una questione politica?
Per ottenerne la revoca del divieto, nelle ultime due settimane Kiev ha lanciato una vera e propria offensiva diplomatica, con numerosi interventi del presidente Zelensky e una visita di parlamentari ucraini a Washington. La questione per gli ucraini è delicata non solo militarmente, ma anche per i suoi risvolti politici. Dare almeno parte della colpa agli americani, infatti, consente alle autorità di deflettere almeno parte del biasimo ricevuto per le recenti sconfitte subite sul campo, che in Ucraina molti attribuiscono alla mancata costruzione di fortificazioni di confine e ai ritardi di governo e parlamento nell’approvazione delle nuove leggi sulla mobilitazione militare. Critiche che, per una volta, non riguardano gli errori degli alleati.
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