Dall’annuncio dei nuovi aiuti alla consegna delle forniture possono passare 8 mesi, dice un ex colonnello Usa. Gli ineludibili tempi tecnici possono disperdere il vantaggio strategico di alcuni mezzi. Munizioni e artiglieria
Un camion di traverso su un’autostrada russa al confine con l’oblast di Kharkiv blocca il traffico delle auto e fa partire missili Grad a ripetizione verso l’Ucraina. Il video è rilanciato anche sui canali governativi di Kiev, ribadisce per immagini un concetto che il giorno prima il presidente Zelensky ha espresso a parole: «La difesa aerea è la nostra carenza più grande», ha detto il presidente con di fianco il segretario di Stato degli Stati Uniti Antony Blinken, arrivato in visita in Ucraina.
«Abbiamo bisogno di due batterie di difesa per Kharkiv», ha detto Zelensky, e «ne abbiamo bisogno oggi». L’urgenza è un tema che si è aggiunto all’evoluzione dello scenario sul campo, con la nuova avanzata russa e gli attacchi – come nel 2022 – verso le infrastrutture energetiche degli ultimi giorni. Ed è entrato nel discorso politico. «Munizioni, veicoli corazzati, missili, difesa aerea, stiamo facendo di corsa per farli arrivare alle linee del fronte per proteggere soldati, per proteggere civili», ha detto il segretario di Stato Usa Blinken.
Dopo l’incontro con Zelensky, l’annuncio di nuovi fondi per acquistare nell’immediato armi dagli Usa e dagli altri paesi. Le armi servono subito, consegnarle in un paese in guerra e con lo spazio aereo chiuso da più di due anni e sotto il controllo radar dei Mig russi non è automaticamente immediato. Per ostacoli burocratici, logistici, per il tempo materiale che serve a reperire armi, munizioni e a stivarle sui cargo. Per tracciarle, e garantire che arrivino a destinazione.
Può essere una questione di giorni, di mesi. Può essere anche una questione di anni. «Ho apprezzato che Blinken abbia offerto altri due miliardi di dollari in aiuti mentre era a Kyiv, ma questo non minimizza la realtà sul campo di battaglia», commenta in un’intervista Jason Moyer del Wilson Center di Washington. Perché in questi casi «time is of the essence», sostiene.
Il tempo è un fattore determinante, decisivo. In questa fase «il tempismo è fondamentale perché il flusso di forniture è stato ridotto negli ultimi quattro o cinque mesi», racconta in un’intervista Mark Cancian, oggi consigliere al Center for Strategic and International Studies di Washington ed ex colonnello, per 30 anni nei Marines. Lo strumento politico più veloce per far arrivare le armi dagli Stati Uniti all’Ucraina è il Presidential Drawdown Authority, una firma che autorizza il prelievo di armi in tempi brevi da inviare a un paese straniero o a un’organizzazione internazionale in situazioni di emergenza.
Per l’Ucraina, questo strumento è stato utilizzato già 44 volte dall’agosto del 2021, in preparazione all’invasione su larga scala lanciata dalla Russia nel 2022. L’ex colonnello Cancian racconta come funziona, nello scenario attuale. «Consente al presidente di prelevare armi e munizioni esistenti nelle scorte statunitensi e inviarle in Ucraina», dice aggiungendo come «“poiché queste armi e munizioni sono già disponibili, possono essere inviate in tempi relativamente brevi». La questione può avere delle criticità, e, come spiega Cancian, «a volte c’è un ritardo dovuto al fatto che i sistemi debbano essere prima rinnovati e gli equipaggi ucraini addestrati».
Non è una questione da poco, lo stallo nell’invio di armi degli ultimi mesi è stato anche dovuto al fatto che il Pentagono ha maturato un buco da 10 miliardi di dollari per i costi sostenuti per rimpiazzare i sistemi d’arma spediti in Ucraina, con 44 miliardi di dollari già spesi in supporto a Kiev. Il Pentagono prima di inviare altre armi ha atteso per mesi dal Congresso le garanzie economiche per poter rifornire i suoi depositi.
Il rischio
Nell’ultimo mese, la retorica politica ha dato una spinta a questo stallo. Il 24 aprile scorso il presidente Biden ha detto che gli Stati Uniti avrebbero cominciato a inviare armi «nelle prossime ore». L’ex colonnello Cancian si è occupato di verificare queste stime.
«L’amministrazione ha detto che le armi e le munizioni avrebbero raggiunto l’Ucraina entro pochi giorni. Sicuramente stanno arrivando adesso», sostiene. «La nostra stima è che ci vogliano circa 8 mesi di tempo da quando l’annuncio è fatto a quando tutta l’attrezzatura autorizzata per il prelievo arrivi in Ucraina», prosegue. «Pertanto, il materiale autorizzato confluirà probabilmente in Ucraina nel corso del prossimo anno». Con il rischio che alcuni dei sistemi richiesti non diano più il vantaggio competitivo che avevano quando sono stati richiesti e approvati. Come dimostrato dal dibattito sugli F-16.
Per altri sistemi più evoluti e – soprattutto – ancora da produrre, i tempi possono essere anche più lunghi. «È importante notare che i contratti per le apparecchiature di nuova produzione che sono previsti dai pacchetti di aiuti impiegheranno almeno due anni per iniziare ad arrivare, e poi un anno prima che tutte le consegne saranno effettuate», precisa Cancian.
Per alcune tipologie di aiuti militari, il tempismo indicato è invece verosimile. «Le munizioni, in particolare le munizioni di artiglieria, sono facili da spedire perché non hanno bisogno di una speciale preparazione», racconta l’ex colonnello Cancian. «Gli Stati Uniti ne hanno diversi mesi di produzione in stock da spedire», prosegue.
I depositi sono sparsi in tutto il paese, l’impianto McAlester in Oklahoma è uno dei più estesi. Il Washington Post nel 2003 l’ha definita la «città dove sono nate le bombe». Quasi 3.000 edifici, con collegamenti ferroviari diretti in grado di riempire 435 container da 15 tonnellate di munizioni ciascuno da spedire. È uno degli impianti dove si producono i colpi da 155 millimetri per gli Howitizer.
Come documentato da Associated Press, nei mesi scorsi la domanda dall’Ucraina è stata così alta che hanno fatto tornare indietro diversi carichi dalla Corea del Sud per spedirli in Ucraina. Una volta arrivate in Europa, il meccanismo dopo due anni di guerra su larga scala è abbastanza oliato.
«C’è un sistema ben sviluppato per far arrivare le armi sulla linea del fronte in Ucraina», racconta Cancian. «Molte armi dai paesi Nato e dagli Stati Uniti arrivano in una base in Polonia orientale, dove vengono caricate su vagoni e mandate in Ucraina», racconta. Una volta varcato il confine, ci sono altre criticità da gestire. Ad esempio non tutte le armi finiscono a destinazione, né si sa dove vadano a finire.
Tracciamento
A gennaio del 2024 un report del Inspector General del Pentagono sul monitoraggio delle armi spedite a Kiev ha evidenziato come non siano stati in grado di tracciare quasi 40.000 armi che gli Stati Uniti hanno inviato in Ucraina, per un valore di circa un miliardo di dollari. Tra questi, lanciamissili a spalla Javelin e droni kamikaze. In più una volta in Ucraina le armi diventano obiettivo degli attacchi russi, utile anche per alimentare la propaganda del Cremlino.
È così per le armi che l’Ucraina produce per il proprio esercito – le fabbriche cambiano sede ogni tre mesi per non dare punti di riferimento – e la questione è ancora più delicata quando in viaggio ci sono le armi occidentali. Su quanto sia rischioso far muovere armi in uno scenario simile, Cancian non ha dubbi: «Il trasporto di armi è un legittimo bersaglio militare. La Russia ha cercato di interferire con questo flusso sin dall’inizio della guerra. A ogni modo non sono stati in grado di fermare questo flusso a supporto». Il rischio è molto alto anche se si considera che «Putin non è stato disposto a distinguere tra obiettivi civili e legittimi obiettivi militari», spiega invece Jason Moyer.
Il suo è un punto di vista più politico sulla questione, gli uffici del Wilson Center a Washington sono di fianco alla Casa Bianca. Secondo lui il ritardo nella consegna delle armi ha contribuito ai recenti successi sul campo. Ma lo scenario che indica è legato a fattori diversi. «Ci sono una serie di fattori geopolitici in gioco», sostiene. «Il nuovo ministro della Difesa russo sta cercando di dimostrare che è in grado di portare la Russia alla vittoria», dice. Torna il tema dell’urgenza, ma dall’altra parte del confine. «Ha molto lavoro davanti a lui, ma è ansioso di far colpo su Putin».
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