Dovremmo stare in allerta anche noi in Italia: appena un mese fa, il governo Meloni aveva ufficialmente dichiarato la fine dell’emergenza Covid. Però, i casi stanno aumentando anche qui: bisogna pensare di nuovo all’obbligo delle mascherine negli ospedali e per chi è entrato in contatto con un positivo, e fare più test
Mercoledì 7 settembre, il presidente americano Joe Biden ha fatto il suo ingresso nella sala da pranzo della Casa Bianca, dove i giornalisti l’aspettavano per una conferenza stampa, e si è subito giustificato: «Lasciate che prima spieghi alla stampa: oggi mi hanno fatto di nuovo un tampone: sono pulito», ha detto tenendo in mano una mascherina anti-Covid nera.
«Continuano a dirmi che io dovrei indossarla, perché prima dovrebbero passare 10 giorni o qualcosa del genere. Ma non dite loro che non ce l’aveva addosso quando sono entrato». Il presidente stava scherzando, ma i cittadini americani non hanno riso per niente, dato che la situazione negli Usa è seria.
Lunedì scorso, di ritorno da un viaggio in Florida con il marito, dove la coppia si era recata per visitare le zone colpite dall’uragano Idalia, la first lady Jill Biden aveva un po’ di febbre, era risultata positiva al Covid, e così aveva deciso di rimanere a casa in Delaware. Il presidente poteva essere infetto.
Dato che negli Usa i casi di Covid nelle ultime settimane sono in costante e preoccupante aumento, da qualche giorno i Centers For Disease Control hanno emanato nuove linee guida: chi è entrato in contatto con un soggetto positivo dovrebbe sottoporsi a tampone ed evitare contatti con altri per 10 giorni, e chi ha sopra i 65 anni dovrebbe indossare una mascherina.
Il presidente Biden non le ha seguite, e dopo aver parlato per circa 10 minuti ha lasciato la stanza, tenendo sempre la mascherina in mano non sulla faccia. La portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre si è affrettata a ribadire che il presidente era tenuto a tenere sul viso la mascherina per i dieci giorni successivi, per rassicurare tutti.
Un cospicuo aumento
Il sito dei Cdc che monitora l’andamento dell’epidemia di Covid informa che negli Usa nelle ultime settimane c’è stato un cospicuo aumento di casi di Covid (che hanno fatto segnare un +19 per cento), di ospedalizzazioni a causa del Covid (17500 solo nell’ultima settimana, pari a un +15,7 per cento) e di morti a causa del Covid (+17,6 per cento).
Questa esplosione di contagi è dovuta alla rapida diffusione di alcune nuove varianti di Omicron: la variante EG.5.1, denominata anche Eris, responsabile delle maggior parte dei nuovi casi, e la variante BA.2.86, battezzata Pirola.
Gli americani sono preoccupati perché hanno visto in diretta Tv la rapidità con sui il Covid si sta diffondendo tra i tennisti impegnati all’Us Open di Flushing Meadows.
Giovedì scorso, mentre stava giocando in notturna una partita del secondo turno, la tennista Ons Jabeur, che l’anno scorso è arrivata in finale, non è riuscita a colpire una pallina che le è passata a due passi dalla racchetta, ha alzato le mani in segno di disperazione e si è accasciata al suolo: stava giocando anche se era malata. Molti altri giocatori si sono sentiti male. Domic Thiem, un tennista austriaco, stava giocando una partita del secondo turno quando si è piegato sulla rete in preda a crampi di stomaco.
Il germe
Emil Ruusuvori si è ritirato dal torneo prima del primo turno. Tennys Sandgren, che non era riuscito a passare le qualificazioni, appena è tornato a casa si è sentito male e ha scritto sui social: «Mi sono beccato il germe degli Us Open». Ora lo chiamano così. Poi si è sentito male Hubert Hurkacz, che durante il suo match di secondo turno, poi perso contro Jack Draper, ha continuato a tossire, a starnutire e a soffiarsi il naso tutto il tempo.
Tanti altri tra i giocatori, i tecnici, e gli spettatori si sono ammalati: cosa fosse il germe degli Us Open tutti lo sospettavano ma nessuno osava dirlo apertamente. Quest’anno, poi, i giocatori non si devono sottoporre obbligatoriamente al test per il Covid e quindi è difficile determinare la causa di tutti quei malori.
Fino a quando non si è ammalato anche John McEnroe, l’indimenticato campione che era a bordo campo per commentare gli US Open per la televisione ESPN. McEnroe si è sentito male, ha fatto il tampone martedì, ed è risultato positivo al Covid, probabilmente Eris. Anche se nessuno lo dice apertamente, tutti sanno che agli Us Open è scoppiata una piccola epidemia di Covid.
La situazione negli Usa è seria. Le due varianti ora in circolazione - la variante EG.5.1 e la variante BA.2.86 – si diffondono molto velocemente perché sono entrambe altamente immuno-evasive ma paiono provocare una malattia meno grave del passato, soprattutto grazie al fatto che gran parte degli infetti sono ormai vaccinati.
Le raccomandazioni
Negli Usa, i Cdc raccomandano ai cittadini di indossare le maschere in tutte quelle contee dove il numero di ricoveri per Covid in ospedale sia in aumento – cosa che possono scoprire da un aggiornatissimo sito web dell’agenzia che mostra la mappa degli USA con i numeri delle ammissioni in ospedale contea per contea. Alcune aziende, scuole, e ospedali hanno deciso autonomamente di introdurre l’obbligo delle mascherine.
Per esempio, il Morris Brown College di Atlanta, dove a fine agosto è scoppiato un focolaio di Covid-19, ha reintrodotto l’obbligo di indossare mascherine, ma anche il distanziamento sociale e la quarantena di 15 giorni per chi è sintomatico. La compagnia assicurativa sanitaria Kaiser Permanente ha reintrodotto l’obbligo delle mascherine nella sua sede di Santa Rosa, in California. Lo stesso hanno fatto diversi ospedali dell’area di New York. E pure gli Studi cinematografici Lionsgate, ad Hollywood, hanno messo l’obbligo di mascherina per i suoi impiegati.
Ma che si arrivasse a questo punto era prevedibile. Gli scienziati, quando era comparsa la variante Eris, avevano lanciato l’allarme. In realtà, il vero nome di EG.5.1 sarebbe XBB.1.9.2.5.1, che indica che questa variante è figlia della sottovariante di Omicron denominata XBB. XBB è nata dalla ricombinazione da due sottovarianti di Omicron di tipo B, denominate BA.2.10.1 e BA.2.75, che erano entrambe in grado di sfuggire agli anticorpi indotti dalla vaccinazione o da un’infezione precedente.
Poi XBB ha acquisito altre mutazioni in più, e così è nata XBB.1.1, e poi altre ancora fino ad arrivare a XBB.1.9. In seguito, grazie a una serie di nuove mutazioni è sorta EG.5, che dopo una ulteriore doppia mutazione ha generato EG.5.1.
La sua doppia mutazione denominata L455F+F456L è molto interessante e anche piuttosto preoccupante. Come forse potete capire dai numeri, queste due mutazioni interessano due aminoacidi adiacenti, alle posizioni 455 e 456, all’interno del dominio di legame con il recettore della proteina Spike - quello che il coronavirus utilizza per legarsi alle cellule umane per poi infettarle.
Le mutazioni
Normalmente le mutazioni riguardano solo un aminoacido alla volta della proteina Spike, il che modifica poco la sua struttura, e quindi il virus che possiede quella proteina Spike può ancora essere riconosciuto ed aggredito dagli anticorpi e dai linfociti T indotti dai vaccini di vecchio tipo. Invece, la variante EG.5.1 possiede due mutazioni in due aminoacidi adiacenti della proteina Spike, che modificano in misura maggiore la sua struttura: perciò, questo nuovo virus che la porta sulla membrana potrebbe non essere riconosciuto ed inattivato dagli anticorpi e dai linfociti T indotti dai vaccini di vecchio tipo. In altre parole, un virus con una doppia mutazione ravvicinata può sfuggire al vaccino meglio di un virus con una mutazione singola.
Ma questa nuova variante EG.5.1 ci deve preoccupare? Il professor Yunlong Cao, dell’Università di Pechino, una delle massime autorità mondiali nel campo del Covid, ha studiato le proprietà di EG.5.1 e ha trovato che la doppia mutazione adiacente a livello del cosiddetto dominio di legame col recettore della proteina Spike - che il coronavirus utilizza per legarsi ai recettori ACE2 presenti sulle cellule delle nostre vie aeree e dei nostri polmoni per infettarle – ne ha modificato la struttura in maniera profonda, e che tale cambiamento strutturale ha fatto aumentare la sua affinità per il recettore ACE2.
Così, EG.5.1 si lega più saldamente alle nostre cellule e le infetta più facilmente, cosa che lo rende molto contagioso. Inoltre, questa stessa doppia mutazione ha reso EG.5.1 in grado di sfuggire agli anticorpi e all’immunità indotta dai vaccini di vecchio tipo molto più delle varianti precedenti. Risultato: EG.5.1 è molto più contagiosa delle precedenti, può infettare i polmoni, ed è più immunoevasiva delle varianti comparse finora.
In Italia
Appena un mese fa, il 7 agosto scorso, Il governo Meloni aveva ufficialmente dichiarato la fine dell’emergenza Covid. Eppure, i casi stanno aumentando anche da noi, e in poco tempo la variante Eris è diventata dominante raggiungendo il 41,9 per cento dei casi. Meglio correre ai ripari in tempo. Bisognerebbe pensare a reintrodurre l’obbligo delle mascherine negli ospedali e per chi è entrato in contatto con un positivo, e monitorare la situazione con attenzione, facendo test anti-Covid ai pazienti sospetti.
© Riproduzione riservata