- Questa è la prima puntata della rubrica Parola al fotografo, in cui Andrea Di Lorenzo ci racconta il percorso che lo porta a realizzare i suoi reportage fotografici, di mese in mese nel nuovo inserto Cibo di Domani.
- A Osaka, 500 chilometri a sud di Tokyo, il mercato centrale del pesce è ancora un luogo libero dal turismo di massa. Arrivando nel cuore della notte anche per uno straniero con una macchina fotografica è possibile assistere all’asta dei tonni, un’esperienza unica.
- Un piccolo foglietto aiuta a superare la forte barriera linguistica e la parole “maguro”, “tonno” in giapponese, apre tutte le porte. Alle cinque del mattino con le strade ancora buie la colazione è con sushi, zuppa di miso e vongole.
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L'asta del tonno all'Osaka Wholesale Fish Market Honjo / Foto Andrea Di Lorenzo
Nasce il nuovo allegato di Domani, Cibo, l’inserto mensile dedicato al mondo dell’enogastronomia. Dentro le 20 pagine troverai inchieste, saggi, storie, illustrazioni e tanti ospiti per raccontare il miracolo sociale che c’è dietro alla tavola, guardando quello che succede a casa nostra e nel mondo. In edicola e digitale dal 25 giugno.
Quando la sveglia suona alle tre del mattino mi pento della mia decisione. Doveva essere un viaggio di piacere, invece mi ritrovo a lavarmi la faccia con l’acqua gelida di un piccolo hotel dalle pareti verdi mentre fuori è ancora notte. “Chi dorme non piglia pesci”, dice il detto, e caso vuole che voglia far visita proprio a un mercato ittico: l’Osaka Central Fish Market, in Giappone. Devo cercare un taxi. Scendo nella lobby e chiedo aiuto ai due ragazzi di turno. Avranno poco più di vent’anni, masticano un po’ di inglese: spiego che vorrei realizzare un reportage sull’asta dei tonni e che mi serve un taxi. “Maguro” (il tonno), dice uno. “Maguro!”, rispondo io. In un foglietto appuntano alcune indicazioni, devo darlo al conducente del taxi, un uomo che potrebbe avere un’età indefinibile fra i 60 e i 90 anni. Il tassista lo legge ma sembra non capire, ripeto il nome del mercato, ma niente, non ci capiamo. Poi penso e dico: “Maguro!”. “Ah, maguro”, risponde lui. L’auto percorre uno stradone deserto. Osaka dorme.
Venticinque minuti
Il mercato è grande e semi deserto. C’è qualche muletto che sposta delle cassette di polistirolo, i pochi uomini che incontro mi guardano incuriositi ma a distanza. Le scritte sulle indicazioni sono in giapponese, non capisco praticamente nulla.
Ore 3.50, inizio a pensare di essere arrivato troppo tardi. Vengo smentito poco dopo: eccoli, in uno stanzone dalle pareti gialline e il pavimento bagnato, i tonni allineati per terra, maguro! Saranno di una settantina di taglie diverse. Riconosco alcuni pinna gialla dalla lunga dorsale giallo acceso. Sono brillanti, appena bagnati per valorizzarne la freschezza. Sui loro corpi sono incisi dei tagli vicino alla coda, per valutarne il colore della carne e la qualità.
Voglio iniziare a scattare subito ma mi trattengo, devo prima sganciarmi dall’immagine del turista occidentale. Nella stanza ci sono una decina di uomini intenti a valutare i pesci. Cerco quello che sembra un responsabile e mi dirigo verso di lui, provando a spiegargli chi sono e cosa vorrei fare.
La conversazione è difficilissima: un garbuglio di inglese, giapponese e italiano. Non ci capiamo, sembra spazientito. Provo con il foglio del tassista. Funziona. Con una penna scrive sullo stesso foglio: 4.30. “Maguro”, dice. Lo ringrazio. Sono le 4.05 posso finalmente iniziare a scattare.
Nei 25 minuti di tempo a disposizione cerco di capire chi sono i compratori, i banditori, quale il pesce è il più pregiato. Giro intorno alle file di tonni cercando di non disturbare, mantenendo una distanza che accorcio con i minuti che passano. Da oggetto di curiosità esterna sono diventato un elemento straniero ma accettato. Ringrazio mentalmente i due ragazzi dell’hotel per il loro foglio passe partout.
La campanella
Due uomini si alzano in piedi sulle panche, schiena a schiena, una campanella d’ottone in mano, di fronte due platee di possibili acquirenti prendono posto. I banditori dettano cantilenando i tempi delle vendite e battono la campanella alla chiusura di un acquisto. I compratori scrivono con gessetti bianchi su tavolette quanto offrono, le mostrano al banditore. Che poi assegna i tonni ai vincitori. Il ritmo è veloce, in trenta minuti tutti i tonni sono stati battuti.
I corpi inerti vengono caricati sui carretti tirati a mano, vengono lavorati subito: ogni stand del mercato ha un tuna master che si dedica alla pulizia e allo sporzionamento. Ogni passaggio è scandito da un coltello, una lama diversa, adatta a tagliare le parti più delicate o a fendere longitudinalmente il tonno. Il risultato è in bella vista sui banchi refrigerati, vicino un cartellino col prezzo.
Ritratti dai banchi
A questo punto iniziano le aste di pesce, molluschi e crostacei. L’atmosfera è rilassata e vivace, i clienti iniziano a girare tra gli stand. Li seguo, voglio capire cosa comprano. Un ragazzo mi ferma, era tra i compratori dell’asta, e inizia a parlare in giapponese: provo a spiegargli che non lo capisco e lui, con sorpresa, mi dice che parla francese.
Parliamo, non senza difficoltà e troviamo un alleato in Google translate: un crossover di lingue e caratteri si incastrano sul mio telefono. Lavora per un grossista ittico, il loro tuna master sta finendo di lavorare uno degli ultimi tonni acquistati. Chiedo se posso fargli un ritratto e felicissimo acconsente. Poco dopo, altri due venditori si mettono in posa per una foto. E così dopo due ore mi sento parte della piccola comunità.
Sono le 5.30, devo rientrare. Prima, però, mi fermo per la colazione: ogni mercato ittico giapponese, così come quello di Osaka, ospita all’esterno diversi ristoranti di pesce. Entro da Sushi Endo, il locale vuoto, ordino una porzione di sei pezzi misti del miglior sushi che abbia mai mangiato. Poi zuppa di miso, vongole minuscole e una seconda porzione di sushi. Chiedo al cameriere che pesci sto mangiando: elenca alcuni nomi in giapponese, tra cui “O-Toro, Maguro”. “Maguro!”, rispondo, mentre fuori è ancora notte a Osaka.
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