È tornata sulla Terra la capsula con i reperti raccolti sul lato nascosto del satellite: è un nuovo successo cinese che mette in dubbio il primato degli Stati Uniti nell’esplorazione spaziale
Non serve citare i Pink Floyd per capire il fascino del lato nascosto della Luna, quello che non si può osservare dalla Terra per via della rotazione sincrona che il satellite compie attorno al nostro pianeta. Ma la storia delle esplorazioni spaziali è fatta anche da momenti e luoghi simbolici, come quello vissuto martedì 25 giugno intorno alle 8 del mattino (orario italiano) nel deserto della Mongolia.
Dopo 53 giorni di missione, è atterrata la capsula cinese Chang’e 6 che portava con sé alcuni frammenti di rocce provenienti dal lato nascosto della Luna. È la prima volta che succede nella storia.
Un’altra guerra fredda
Fino al 10 ottobre del 1959, appena 65 anni fa, gli umani non avevano neppure mai visto la faccia nascosta della Luna e potevano fantasticare su un luogo apparentemente così vicino, ma allo stesso tempo invisibile anche ai telescopi. Poi una cosmonave sovietica riuscì nell’impresa di catturarne le prime fotografie. Quasi dieci anni dopo, alla vigilia di Natale del 1968, un equipaggio americano a bordo dell’Apollo 8 riuscì a vedere per la prima volta il lato nascosto con i propri occhi.
La “corsa allo spazio” di allora era un altro modo per combattere la Guerra fredda e quindi, se davvero volessimo cercare dei parallelismi fra momenti così diversi della storia, la Cina ha certificato ancora una volta il proprio ruolo di superpotenza terrestre. Lo ha fatto con una missione senza intoppi, riuscita anche nella fase particolarmente complessa del rientro della capsula, quando la velocità all’impatto con l’atmosfera sfiora gli 11,2 chilometri al secondo.
Collaborazioni difficili
Ma la missione di martedì rappresenta anche un altro passaggio simbolico, se si vuole mantenere la correlazione un po’ forzata con la Guerra fredda. Forse per l’ultima volta la Cina ha trasportato i carichi utili (i cosiddetti “payloads”) provenienti da altri stati, compresa l’Italia, la Svezia, la Francia e il Pakistan, nel rispetto di uno spirito di collaborazione internazionale per l’esplorazione spaziale che purtroppo non è più scontato. In particolare, il Lander trasportava anche un retroriflettore laser miniaturizzato dell’Istituto nazionale di fisica nucleare e dell’Agenzia spaziale italiana, che continuerà a funzionare e potrà essere utilizzato in futuro per altri esperimenti scientifici.
Ma l’idea che l’esplorazione spaziale superi le tensioni geopolitiche è purtroppo sempre più un’illusione. Un emendamento votato negli Stati Uniti ancora nel 2011 impedisce alla Nasa di utilizzare fondi federali per la cooperazione bilaterale con il governo cinese. Di recente è stata votata un’esenzione per permettere agli americani di studiare un campione recuperato sempre dai cinesi, questa volta sul lato visibile della Luna, con una missione del 2020. A giugno però la Camera dei rappresentanti ha votato un ulteriore provvedimento che impedirà alle università con legami di ricerca con le istituzioni cinesi di ricevere finanziamenti dal dipartimento della Difesa degli Stati Uniti.
In altre parole, quello che succede sulla Terra influenza anche quello che succede nello spazio. L’umanità intera trarrebbe vantaggio da una collaborazione, ma la guerra e le tensioni globali fanno cambiare le priorità.
La corsa alla Luna
E così la “corsa alla Luna” torna a svilupparsi su progetti paralleli, che ricordano i tempi in cui l’amministrazione Kennedy riempiva di finanziamenti la Nasa per cercare di battere sul tempo le missioni sovietiche.
Il programma cinese per l’esplorazione lunare è iniziato nel 2007, con il lancio della prima missione Chang’e, nome preso in prestito da quello della dea cinese della Luna. Per la prima volta la Cina aveva raggiunto il suolo lunare nel 2013, arrivando terza nella competizione mondiale appunto dopo Stati Uniti e Unione sovietica.
Il governo cinese continua a finanziare in maniera molto generosa il settore aerospaziale, coinvolgendo anche le aziende private, in una strategia che ricorda molto quella occidentale, dove ormai molti lanci sono effettuati da SpaceX, la società di Elon Musk. Nel 2027 la Cina dovrebbe riuscire a portare un nuovo lander sul polo sud lunare. E poi nel 2029 dovrebbe esserci il primo sbarco di un equipaggio. La Nasa spera di riuscirci prima, riportando donne e uomini sulla Luna già nel 2026.
Intanto nel 2021 la Cina ha firmato un memorandum con la Russia, dichiarando la volontà di costruire una stazione internazionale di ricerca entro il 2035. Prima ancora di pensare a come raggiungere Marte, sembra che il prossimo obiettivo possa essere la colonizzazione della Luna. Proprio come ai tempi della Guerra fredda, distinguere gli annunci dai veri progetti non è sempre facile.
I reperti
Per ora ci sono i reperti recuperati sul lato nascosto della Luna. La Cina ha assicurato che saranno messi a disposizione della comunità scientifica internazionale per studi condivisi, ma anche in questo caso non è facile capire se sarà così davvero.
Innanzitutto i nuovi reperti potranno essere confrontati con quelli recuperati sull’altro lato della Luna, per verificare selle due metà hanno avuto un’evoluzione differente. Ulteriori studi potrebbero permettere di comprendere la struttura e la composizione interna della Luna, soprattutto se è stato recuperato materiale che si è depositato dopo l’impatto con comete e asteroidi.
In ogni caso, il mondo ha guardato le immagini provenienti dal deserto della Mongolia come a una conferma dei progressi cinesi. In meno di vent’anni la Cina ha già raggiunto il lato oscuro della Luna ed è solo una tappa in un viaggio che nessuno sa ancora con certezza dove potrebbe portare.
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