Shenzhen, una delle maggiori e più dinamiche tra le metropoli della provincia industriale del Guangdong, ha approvato una legge che permetterà, a partire dal 2023, ai malati terminali di rifiutare trattamenti sanitari “eccessivi”, ovvero il cosiddetto “accanimento terapeutico”. «Quando i pazienti sono allo stadio finale di una malattia incurabile o alla fine della loro vita, le strutture sanitarie devono rispettare le indicazioni del loro testamento biologico se ci sono indicazioni su soccorsi traumatici, macchine di supporto vitale o trattamenti di malattie», si legge nel testo della nuova norma, che si rifà agli articoli 103 e 1002 del Codice civile redatto con il contributo di giuristi italiani e approvato nel 2020.

  • Perché è importante

A differenza di altri paesi, il dibattito sul “fine vita” in Cina finora è stato tutt’altro che popolare, perché, tradizionalmente, si tende a preservare la vita umana fino all’ultimo istante, in particolare quella degli anziani ai quali la famiglia e la società attribuiscono uno status più elevato che in occidente. Un dato segnala la distanza abissale con gli Stati Uniti, dove nel 2020 il 45 per cento della popolazione aveva dato indicazioni sul “fine vita”: a Pechino, a partire dal 2011, soltanto 50mila persone hanno indicato le loro volontà in caso di malattia incurabile allo stadio terminale. Tuttavia Shenzhen – la prima città della Cina continentale ad approvare un simile provvedimento – potrebbe fare da apripista per un dibattito nazionale.

  • Il contesto

Chen Wenchang, senior partner dello studio legale Jiachuan di Pechino, ha spiegato a Sixth Tone che la nuova legge «non rende obbligatorio seguire le volontà (del malato terminale), ma la norma aiuterà a promuovere il concetto di morte con dignità a livello nazionale». Secondo Chen la nuova norma contribuirà inoltre a ridurre lo stress mentale degli operatori nonché le spese sanitarie.

All’annuncio della clamorosa novità, lunedì 4 luglio, su Weibo (il Twitter cinese) sono sorte subito decine di pagine dedicate all’argomento, con decine di milioni di interazioni. «Rispetto a prolungare la vita in un modo doloroso e privo di significato, dare ai pazienti la possibilità di scegliere di morire con dignità mostra più un tocco umano», ha scritto un utente, mentre gli oppositori hanno espresso tanti dubbi, tra cui quello sui casi in cui i pazienti potrebbero essere costretti dai membri della famiglia a interrompere il trattamento nel caso di spese mediche insostenibili.

Cosa ci dicono le vendite in streaming dell’ambasciatore bielorusso sul web cinese

Sono tanti i segnali da cogliere per decifrare chi sale e chi scende nelle relazioni bilaterali della Cina, in uno scenario internazionale terremotato dall’uno-due pandemia-guerra in Ucraina. Il commercio è uno dei più importanti: a chi Pechino apre di più i suoi potenzialmente sterminati mercati? L’ultimo semaforo verde è scattato per la Bielorussia – alleata della Russia di Putin e sotto sanzioni da parte di Stati Uniti, Regno Unito e Unione europea per il sostegno dato all’esercito di Putin nell’invasione dell’Ucraina –, che ha aperto un padiglione nazionale di vendita sulle piattaforme cinesi di e-commerce JD.com e di live streaming Douyin.

  • Perché è importante

A inaugurare, martedì 5 luglio, le vendite online dei prodotti del suo paese (in prima linea cioccolata, cornflakes e succhi di frutta) è stato l’ambasciatore bielorusso a Pechino, Yuri Senko, che ha condotto una trasmissione dal vivo su Douyin, seguita da 207mila netizen. Questi “show” – la versione internet delle televendite – in Cina sono popolari e invogliano i consumatori ad acquistare durante la diretta, soprattutto se vi partecipano dei vip. La Bielorussia è il terzo paese – dopo Francia e Australia, che li utilizzano per promuovere i loro vini – ad aver aperto un padiglione nazionale su Douyin. Mosca invece ne ha uno su JD.com, dove i consumatori cinesi sono accorsi ad acquistare biscotti russi in risposta alle sanzioni internazionali.

  • Il contesto

La Cina è il secondo partner commerciale della Bielorussia. A maggio di quest’anno, la Cina ha esportato beni per un valore di 164 milioni di dollari nel paese di 9,4 milioni di persone, e ha importato merci per un valore di 135 milioni di dollari. L’importazione chiave dalla Bielorussia è quella dei fertilizzanti.

L’apertura nell’internet cinese di padiglioni nazionali online dedicati al commercio elettronico ha preso inizio da Tmall (Alibaba), su cui sono presenti Corea del sud, Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Spagna, Svizzera, Australia, Nuova Zelanda, Singapore, Thailandia, Malesia e Turchia. L’Italia invece ha puntato soprattutto su piattaforme multi-prodotto, su JD.com e su WeChat, gestite dall’ufficio di Pechino dell’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. L’Ice – sotto impulso del ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale – negli ultimi anni ha investito in maniera decisa sulla digitalizzazione del commercio estero. Creare un padiglione nazionale sul web cinese permetterebbe di dare maggiore credibilità e riconoscibilità al brand Italia e ai marchi nazionali presso i consumatori locali. In una fase in cui le vendite – in una rete che, sotto il profilo commerciale, è estremamente dinamica – stanno iniziando a migrare su TikTok.

Yuan, di Lorenzo Riccardi

Argentina e Iran verso l’ingresso nei Brics

Il presidente argentino Alberto Fernandez ha ribadito il desiderio di Buenos Aires di entrare a far parte del gruppo dei Brics. L’Argentina vuole accelerare la procedura di ingresso, per intensificare le relazioni economiche con Pechino. Domanda formale è stata presentata anche dall’Iran, affinché sia discussa e approvata dai cinque membri fondatori: Brasile, Russia, India, Cina, e Sudafrica.

Il gruppo dei Brics rappresenta un aggregato geo-economico con cinque paesi accomunati da caratteristiche simili: economie emergenti, con ampia popolazione e un territorio esteso che mette a disposizione risorse naturali, ognuno con le sue sfere d’influenza. Sul fronte economico i cinque membri hanno condiviso nell’ultimo decennio importanti traguardi per quanto riguarda la crescita del prodotto interno lordo e delle rispettive quote di commercio mondiale.

Il gruppo in termini quantitativi rappresenta il 42 per cento della popolazione totale, il 26 per cento della superficie terrestre e il 25 per cento del Pil globale.

Nel mese scorso si è tenuto il XIV vertice dei Brics (in videoconferenza) che ha visto Xi Jinping, presidente di turno per il 2022, ospitare i cinque leader e invitare all’allargamento a nuovi paesi che rappresentano mercati emergenti ed economie in via di sviluppo.

La Cina ha il peso maggiore tra i fondatori e rappresenta 27mila miliardi di dollari, oltre il 70 per cento del valore aggregato di tutti i membri. L’India ne rappresenta il 13 per cento, con Russia e Brasile che hanno una quota del 7 per cento, secondo le stime del Fondo monetario internazionale.

In base ai dati delle dogane cinesi, nei primi cinque mesi del 2022, il commercio tra Pechino e il gruppo dei Brics è aumentato del 12 per cento dallo stesso periodo dello scorso anno, raggiungendo 1,31mila miliardi di yuan (circa 196 miliardi di dollari). Il tasso di crescita è di 3,8 punti percentuali più veloce rispetto alla crescita complessiva del commercio estero della Cina.

Le esportazioni cinesi verso i paesi Brics sono aumentate di oltre il 18 per cento e le importazioni hanno avuto un incremento del 6,6 per cento a maggio 2022. Pechino esporta verso i fondatori del gruppo prodotti meccanici ed elettronici mentre le importazioni si concentrano su materie prime energetiche e agricole.

Quattro anni di guerra commerciale… e non si vede la fine

Quattro anni fa, il 6 luglio 2018, con l’imposizione di dazi del 25 per cento su 34 miliardi di dollari di beni cinesi importati negli Stati Uniti (subito contraccambiati da Pechino), l’amministrazione Trump dava il via alla guerra commerciale contro la Repubblica popolare cinese. Ad essere colpiti per primi sono stati automobili, hard disk e componentistica per aviazione made in China. Alla fine la marea dei dazi ha sommerso oltre 370 miliardi di import cinese negli Usa.

Martedì 5 luglio il rappresentante cinese per il commercio, Liu He, e la segretaria al tesoro degli Stati Uniti, Janet Yellen, hanno avuto sulla guerra commerciale un colloquio definito “franco e pragmatico”, il primo dall’ottobre scorso.

  • Perché è importante

Secondo il resoconto ufficiale cinese del colloquio, «le due parti concordano sul fatto che, poiché l’economia mondiale sta affrontando gravi sfide, è di grande importanza rafforzare la comunicazione e il coordinamento sulle macropolitiche tra Cina e Stati Uniti. E mantenere congiuntamente la stabilità delle catene industriali e di approvvigionamento globali è nell’interesse di entrambi i paesi e del mondo intero».

Questo significa che si preparano significative rimozioni delle tariffe in vigore negli ultimi quattro anni? Niente affatto, potrebbero essere in arrivo soltanto parziali ritocchi per provare a ridurre l’inflazione negli Usa, al 7,6 per cento il mese scorso (8,6 per cento a maggio).

  • Il contesto

Pechino non sembra disposta a concessioni, anche perché il suo export ha registrato un boom globale durante la pandemia. Il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, ha anche respinto le accuse Usa di politiche contrarie al mercato, affermando che il successo economico della Cina negli ultimi quattro decenni è il risultato della sua politica di “riforma e apertura”, nonché dell’efficace combinazione delle forze di mercato e del ruolo del governo.

D’altro canto, negli ultimi giorni la Casa bianca ha ricevuto una chiara indicazione da oltre 400 tra rappresentanze industriali e sindacali per il mantenimento delle tariffe, che proteggono dalla concorrenza cinese la manifattura statunitense. Nell’import colpito dall’aumento dei dazi trumpiano c’è di tutto (anche le felpe e i router), e l’orientamento dell’amministrazione Biden sarebbe quello di ridurre alcune tariffe su beni non strategici, rafforzando invece le protezioni su quelli più strategici.

Consigli di lettura della settimana:

Per questa settimana è tutto. Per osservazioni, critiche e suggerimenti potete scrivermi a: exdir@cscc.it

Weilai vi invita a seguire il futuro della Cina su Domani, e vi dà appuntamento a giovedì prossimo.

A presto!

Michelangelo Cocco @classcharacters

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