- Fino a giovedì 26 maggio il palazzo delle Nazioni a Ginevra ospiterà la settantacinquesima Assemblea mondiale della sanità, l’organo direttivo dell’omonima agenzia delle Nazioni unite.
- Come ogni anno dal 2018 a questa parte, nell’agenda provvisoria dell’Assemblea c’è anche una proposta per l’inclusione di Taiwan in qualità di osservatore, presentata dai 13 stati membri dell’Oms che sono formalmente alleati diplomatici di Taipei.
- Senza alcuna sorpresa, la proposta è stata respinta grazie alla campagna diplomatica della Cina e quest’anno non ci sarà alcuna discussione formale sulla questione tra i lavori dell’Assemblea.
Fino a giovedì 26 maggio il palazzo delle Nazioni a Ginevra ospiterà la settantacinquesima Assemblea mondiale della sanità, l’organo direttivo dell’omonima agenzia delle Nazioni unite. Con la pandemia di Covid-19, che ha registrato oltre 520 milioni di contagi e causato oltre sei milioni di morti, uno dei governi che ha riscosso più successo nella gestione del virus non è invitato a prendere parte ai lavori.
Come ogni anno dal 2018 a questa parte, nell’agenda provvisoria dell’Assemblea c’è anche una proposta per l’inclusione di Taiwan in qualità di osservatore, presentata dai 13 stati membri dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che sono formalmente alleati diplomatici di Taipei.
Senza alcuna sorpresa, la proposta è stata respinta grazie alla campagna diplomatica della Cina e quest’anno non ci sarà alcuna discussione formale sulla questione tra i lavori dell’Assemblea.
La forza diplomatica
Ufficialmente Taiwan non ha più lo status di osservatore dal 2017, cioè poco dopo la prima vittoria elettorale della presidente Tsai Ing-wen del Partito democratico progressista. Da quel momento, e con la riconferma elettorale dell’amministrazione Tsai nel 2020, Pechino ha intensificato le intimidazioni verso Taipei e cercato sistematicamente di ridurre lo spazio diplomatico di cui gode l’isola.
A livello internazionale, i tentativi cinesi di convincere Taiwan dell’inevitabile riunificazione non hanno avuto proprio l’effetto sperato. Catturando l’attenzione degli Stati Uniti e dei suoi alleati, le azioni di Pechino hanno di fatto inserito l’isola di Formosa nei dossier di politica estera di molte nazioni. All’interno delle organizzazioni internazionali invece l’influenza di Pechino sembra crescere a dismisura, riuscendo a istituzionalizzare le posizioni cinesi su Taiwan all’interno delle Nazioni unite.
Presenti ma non invitati
Anche quest’anno la delegazione taiwanese non ha ricevuto alcun invito ufficiale dal direttore generale dell’Oms Tedros Ghebreyesus. I parlamentari e rappresentanti del ministero della Salute e del Welfare si sono però presentati lo stesso, come fanno ormai da diversi anni, per seguire da vicino le attività della prima Assemblea che si tiene di persona dopo due anni di diplomazia virtuale.
Siccome non sono lì in veste ufficiale, non possono partecipare alle sedute plenarie o alle riunioni dei comitati dell’Assemblea. Mentre i funzionari ministeriali prendono parte ad alcuni dei briefing tecnici sui temi di salute pubblica che si tengono a margine delle attività istituzionali, i parlamentari e rappresentanti del governo partecipano agli incontri informali in una sorta di diplomazia parallela.
Tra questi anche la vice ministra della Salute Lee Li-fen che ha incontrato il vice ministro della Salute lituano Arunas Dulkys per discutere di possibili collaborazioni future.
«Non è importante soltanto quello che accade all’interno dell’Assemblea», dice Claire Wang, parlamentare del Partito del nuovo potere e membro della delegazione taiwanese a Ginevra. «Essere qui ci permette di partecipare agli eventi delle organizzazioni non governative presenti e di parlare con i rappresentanti di altri paesi per discutere dei nostri obiettivi e delle reciproche strategie sanitarie», continua Wang.
Dall’elezione di Tsai Ing-wen nel 2016, Taiwan ha perso sette alleati diplomatici, con le Isole Salomone, Kiribati e Nicaragua che negli ultimi due anni hanno ceduto alla diplomazia commerciale di Pechino, che assicura investimenti e vaccini a chi promette di tagliare i ponti con Taipei.
Il successo di Tapei
Con la pandemia di Covid-19 però, il successo di Taipei nel contenimento del virus è stato elogiato in tutto il mondo e il supporto pubblico per l’inclusione di Taiwan nel sistema delle Nazioni unite e in particolare all’Oms è cresciuto notevolmente. Negli ultimi anni il G7, il parlamento europeo, Stati Uniti, Australia, Giappone, Regno Unito hanno rilasciato dichiarazioni a sostegno di una maggiore partecipazione di Taipei nelle organizzazioni internazionali.
«Tra tutte le agenzie delle Nazioni Unite, l’Oms svolge un ruolo chiave in questo momento a causa della pandemia e Taiwan ha molta esperienza sulla gestione del Covid-19 che potrebbe condividere con gli altri paesi del mondo se gli interessi politici di Pechino non glielo impedissero», dice afferma Bonnie Glaser, direttrice del programma Asia al German Marshall Fund, un think tank di base a Washington.
Nei giorni precedenti all’Assemblea, la Cina ha ribadito la sua contrarietà all’invito di Taiwan a Ginevra, sostenendo che la presenza di Taipei violerebbe la risoluzione 2758 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Secondo Pechino, questa risoluzione indica che le Nazioni unite riconoscono Taiwan come parte della Repubblica popolare cinese, eliminando di fatto la necessità di una rappresentanza taiwanese. L’interpretazione rimane tuttavia contestata. Un recente report del German Marshall Fund sottolinea come la questione sia in realtà molto più complessa: nel testo originale a cui la Cina fa riferimento non c’è alcun rimando specifico all’isola di Taiwan.
Il potere cinese
Pechino però è riuscita concretamente a influenzare il dibattito interno alle Nazioni unite: nel report si evidenzia come entrambi gli ex segretari generali Kofi Annan e Ban Ki-moon abbiano ricalcato in passato la narrazione cinese che vede l’isola come parte della Cina continentale, salvo poi ritrattare in seguito alle rimostranze di alcuni degli stati membri. Altri episodi raccontano di titolari di passaporto della Repubblica di Cina a cui è stato impedito l’ingresso negli edifici delle Nazioni unite, poiché il documento di identificazione taiwanese veniva considerato “non valido” secondo le linee guida interne.
Proprio con l’Oms poi, nel 2005 la Cina ha firmato un Memorandum of Understanding che le consente di avere potere di veto su briefing tecnici a cui Taiwan può partecipare. Il documento non è pubblico e se ne ha notizia grazie alla diffusione di una nota ad uso interno che ne riporta il contenuto.
Secondo Glaser, «questi episodi testimoniano una continua crescita dell’influenza di Pechino nelle organizzazioni internazionali, il che ne compromette le regole, le rende antidemocratiche, conferisce a un singolo paese un’influenza indebita». Episodi simili si sono registrati anche in altre agenzie delle Nazioni unite, come all’Icao, l’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile o alla Wipo, l’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale, poiché secondo Pechino «violano il principio di una sola Cina e contraddicono la Risoluzione 2758».
L’opposizione della Cina e dei suoi alleati rimane forte, così come gli sforzi di lobby di Taiwan e dei suoi sostenitori. «Il supporto per l’inclusione di Taiwan nell’Oms sta crescendo», dice la parlamentare taiwanese Wang da Ginevra, “ma la nostra campagna non è soltanto per essere rappresentati nelle Nazioni Unite, ci interessa condividere le nostre conoscenze medico-sanitarie con gli altri paesi e imparare dalla comunità internazionale”.
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