Da venerdì 12 agosto in edicola e in digitale un nuovo numero di SCENARI, venti pagine di approfondimenti firmati da Mattia Ferraresi, Ilaria Maria Sala, Michelangelo Cocco, Maria Adele Carrai e tanti altri ricercatori e analisti, oltre alle mappe a cura di Fase2studio Appears. Per poter leggere in digitale tutti i contenuti è possibile abbonarsi qui
Il nuovo numero di Scenari, la pubblicazione geopolitica di Domani, è questa settimana dedicato alla Cina. La pandemia, lo scontro sempre più aspro con Washington, la guerra in Ucraina e il sostegno alla Russia hanno accelerato nel gigante asiatico cambiamenti profondi, destinati a incidere sul resto del mondo. In venti pagine, gli approfondimenti inediti firmati da Mattia Ferraresi, Ilaria Maria Sala, Michelangelo Cocco, Maria Adele Carrai e tanti altri – e le mappe a cura di Luca Mazzali e Daniele Dapiaggi (faseduestudio/Appears) – analizzano le nuove rotte dell’impero di Xi Jinping, che potrebbe presto essere riconfermato nel suo terzo mandato. Da venerdì 12 agosto in edicola e in digitale.
Cosa c’è nel nuovo numero
Mattia Ferraresi parte dalla visita di Nancy Pelosi a Taiwan dello scorso 3 agosto, definendola “disastrosa” e spiegando il perché: la missione della speaker della Camera conferma quanto l’amministrazione Biden abbia interiorizzato la politica di Trump, non ammettendo l’espansione autoritaria della Cina di Xi Jinping. L’intempestiva e provocatoria visita ha generato enormi tensioni politico-militari con Pechino senza produrre benefici chiaramente identificabili per gli Stati Uniti, per l’occidente e, soprattutto, per la causa di Taiwan.
Il sinologo Kerry Brown si interroga su cosa dobbiamo aspettarci dal terzo, probabile, mandato di Xi Jinping: al Congresso del Pcc che si terrà in autunno, il leader cinese dovrebbe infatti essere riconfermato alla guida del partito comunista per la terza volta, ma nel nuovo contesto globale Xi dovrà giustificare i suoi poteri riuscendo ad affrontare alcuni problemi fondamentali. La forza con cui ha agito nella campagna anticorruzione ripulendo il partito nei suoi primi cinque anni, poi snellendo e centralizzando il processo decisionale nei cinque seguenti, deve ora essere dimostrata nella gestione di questioni ambientali, sociali e politiche cruciali.
La scrittrice Ilaria Maria Sala sposta poi l’attenzione su Hong Kong, esaminando come il territorio autonomo – che lo scorso 1° luglio ha celebrato i suoi primi venticinque anni sotto sovranità cinese dopo un secolo e mezzo come colonia britannica – stia avvertendo sempre di più il peso dell’autorità cinese: dalla repressione violenta alle proteste di massa del 2019 all’instaurarsi della legge sulla sicurezza nazionale del 2020, fino al silenzio imposto durante la pandemia con la strategia contagi zero, è ormai chiaro che il regime di Xi Jinping sta cercando di oscurare una realtà complessa, democratica e antigovernativa. È la fine del modello “un paese, due sistemi”?
Lo storico Jeffrey Wasserstrom prosegue sullo stesso tema, soffermandosi sul viaggio di Xi Jinping a Honk Kong del 1° luglio: le differenze tra le celebrazioni dell’anniversario sotto sovranità cinese del 2017 e del 2022 mostrano le trasformazioni in atto nella regione, sempre più sorvegliata dalle leggi di Pechino. Quest’anno, dopo l’arresto e l’esilio di numerosi attivisti, non ci sono state proteste di massa, né per difendere le libertà minacciate né per richiedere un’espansione della democrazia, come invece accaduto negli anni passati.
L’analista Michelangelo Cocco si chiede poi come è cambiata la Cina negli anni della pandemia: l’epidemia da Covid-19, l’inasprirsi dello scontro con Washington e il rifiuto di Pechino nel condannare l’aggressione russa all’Ucraina hanno accelerato cambiamenti profondi. La strategia contagi zero e la resilienza del sistema economico hanno rafforzato la figura di Xi Jinping, ma al prossimo Congresso il leader dovrà dare risposte sul peso crescente delle disuguaglianze, tangibili sia nella distribuzione della ricchezza sia nei rapporti di potere tra le classi.
A seguire, l’analista Maria Adele Carrai fa luce sul pilastro della politica estera cinese, la Via della seta, l’ambiziosa iniziativa lanciata da Xi Jinping nel 2013 con l’intento di integrare l’economia di Pechino all’interno delle catene del valore globali, analizzando le sue capacità di adattamento al nuovo disordine geopolitico. La pandemia, infatti, ha sospeso o interrotto molti progetti, ma ha anche accelerato alcune tendenze: meno infrastrutture ma di qualità migliore, maggiore attenzione alla sostenibilità e ai rischi non solo economici e ambientali, ma anche strategici.
L’economista Branko Milanovic ripercorre un discorso provvidenziale di Xi Jinping pronunciato nel 2013 ai membri del Comitato centrale del Pcc, nel quale il leader cinese sembra aver previsto gli esiti disastrosi che vediamo oggi in Russia, e la conseguente guerra in Ucraina. Secondo Xi, quando un partito perde il controllo dell’ideologia e non riesce più a dare una spiegazione soddisfacente ai propri fini e obiettivi, si dissolve in un partito di individui vagamente legati solo da obiettivi personali di ricchezza e potere, e cade così preda del “nichilismo ideologico”. Se poi al vuoto ideologico si sostituisce il desiderio cinico ed egoistico di dominio, si apre la strada a politiche pericolose.
Viene poi presentato un estratto dal nuovo libro del politologo Ian Bremmer, Il potere della crisi. Come tre minacce e la nostra risposta cambieranno il mondo, pubblicato da Egea. Mai prima d’ora così tanti esseri umani hanno avuto la possibilità di sopravvivere al parto, andare a scuola, sfuggire alla povertà, accedere a un’istruzione superiore, incontrare persone lontane e guadagnarsi da vivere. Ma mai come oggi rischiamo una catastrofe che è accelerata dagli stessi strumenti che potrebbero scongiurarla.
Infine, il giurista Pasquale Annicchino ci conduce nella provincia autonoma dello Xinjang, dove vivono più di 10 milioni di uiguri musulmani e di kazaki e in cui la situazione delle minoranze è costantemente peggiorata. Le recenti risoluzioni del parlamento europeo forniscono dettagli sulle gravi violazioni e detenzioni di massa attuate dal governo di Pechino nei confronti della minoranza uigura e di altre minoranze etniche. Attraverso tecnologie di sorveglianza digitale, il modello cinese rappresenta la frontiera della nuova discriminazione hi tech che si sta diffondendo su scala mondiale.
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