Gli attivisti del movimento pro democrazia sono accusati di «lesa maestà». Un reato contestato dai manifestanti che impedisce di criticare pubblicamente il sovrano Vajiralongkorn
Cinque leader del movimento pro democrazia thailandese sono stati accusati dalle autorità governative di avere diffamato il re Vajiralongkorn e rischiano ora quindici anni di carcere. Secondo uno degli attivisti imputati, il procedimento giudiziario non servirà a fermare le proteste e anzi le fortificherà. Il movimento di protesta è da sempre critico nei confronti del sovrano che è accusato di avere troppo potere nelle proprie mani. A ottobre, i manifestanti avevano organizzato una manifestazione sotto forma di sfilata per deridere quella organizzata dalla principessa, Sirivannavari Nariratana, nel palazzo reale. Una delle principali critiche dei manifestanti alla famiglia del sovrano è infatti quella di perdersi nel lusso e nelle frivolezza mentre il paese attraversa difficoltà economiche dovute al Covid-19.
Domenica i manifestanti avevano organizzato un nuovo corteo a Bangkok in prossimità della sede delle forze armate per chiedere l’implementazione di riforme democratiche nel paese e le dimissioni del primo ministro, Prayut Chan-o-cha, andato al potere nel 2014 grazie a un colpo di stato. Il primo ministro ha finora rifiutato di dimettersi e ha represso le proteste annunciando a metà novembre che avrebbe usato «ogni strumento legale in suo possesso» per fermare i cortei che proseguono ormai da mesi.
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