Sono 191 su 300 i deputati che hanno sottoscritto la richiesta di incriminazione. E, da Seul a Busan, decine di migliaia di persone invocano il passo indietro
Dopo aver proclamato la legge marziale e tentato un golpe, il presidente Yoon Suk-yeol appare isolato e dal destino politico incerto.
Oggi, come prevedibile, l’opposizione ha presentato in parlamento la mozione di impeachment nei confronti di Yoon, che verrà discussa entro venerdì. Nelle stesse ore, Kim Yong-hyun si dimetteva dal ruolo di ministro della Difesa dopo aver dichiarato in una nota «di assumersi la piena responsabilità delle azioni svolte dal personale militare» nelle circa sei ore in cui è rimasta in vigore la legge marziale.
Anche il giornale di stampo conservatore Chosun Ilbo, generalmente vicino alle posizioni di Yoon, in un editoriale molto critico ha scritto che il presidente ha «oltrepassato la linea» e lo ha definito motivo di «imbarazzo nazionale».
Le immagini del Gukhoe, l’Assemblea Nazionale, blindato militarmente dall’esercito, e i dimostranti, intorno, che aiutano i deputati a entrare in Aula e votare contro la legge marziale hanno richiamato alcuni dei momenti più bui della storia contemporanea della Corea del Sud.
Un colpo prevedibile
Eppure, il fallito colpo di mano di Yoon non è arrivato all’improvviso. Come hanno fatto notare alcuni osservatori e studiosi della penisola coreana, a settembre Yoon aveva nominato in posizioni apicali nei settori della sicurezza e della difesa persone a lui molto vicine come ex compagni di classe e stretti collaboratori. Inoltre, nei due anni di mandato, sono state almeno 25 le volte in cui il presidente ha esercitato il diritto di veto per bloccare, tra le altre cose, le indagini contro la moglie accusata di aver ricevuto in regalo una borsa di Dior dal valore di più di mille euro. Un numero così alto non si vedeva dai tempi del primo presidente sudcoreano Syngman Rhee.
Yoon ha utilizzato poi una retorica sempre più autoritaria. In un discorso pronunciato nell’anniversario del Giorno dell’indipendenza della Corea, il 15 agosto 2023, Yoon si scagliava contro «le forze del totalitarismo comunista da sempre travestite da attivisti per la democrazia, sostenitori dei diritti umani o attivisti progressisti impegnate in tattiche spregevoli di propaganda».
In un’esclusiva, il giornale economico Chosun Biz ha rivelato che, nei quindici giorni precedenti al tentato golpe, l’unità investigativa della polizia ha fatto richiesta di informazioni bancarie e personali di decine di membri appartenenti a gruppi o movimenti civici per indagare su possibili violazioni della Legge sulla Sicurezza Nazionale.
Recentemente, la Corea del Sud è stata classificata al 47esimo posto tra le democrazie liberali. Un arretramento consistente rispetto alla 28esima posizione dell’anno scorso e la 17esima del 2021.
L’impeachment
191 deputati su 300 hanno sottoscritto la richiesta di impeachment nei confronti di Yoon, ma la procedura potrebbe essere più complicata del previsto.
L’approvazione in Parlamento viene raggiunta con il voto a favore di duecento deputati su trecento (i due terzi del totale), questo vuol dire che i membri del Partito Democratico – che hanno la maggioranza con 170 deputati – e gli altri partiti di opposizione hanno bisogno di nove voti del People Power Party di Yoon. Nel caso passasse in Parlamento, la procedura di impeachment deve essere poi vagliata da almeno sette giudici della Corte Suprema. Al momento, però, la Corte è presieduta da soli sei giudici dei nove previsti. Questo vuole dire che prima deve essere proposta e approvata bipartisan dall’Assemblea nazionale almeno una nomina dei tre posti vacanti. Una procedura che potrebbe richiedere mesi.
In una conferenza stampa, il giudice capo Cho Hee-dae ha dichiarato che la Corte Suprema esaminerà le procedure relative al caso Yoon e che la magistratura «svolgerà con fermezza il proprio ruolo in un momento difficile».
Intanto, per tutta la giornata le città della Corea del Sud si sono riempite di manifestanti. Da Seul a Busan, decine di migliaia di persone hanno stretto dei lumini in mano reclamando a gran voce le dimissioni del presidente. Le dimostrazioni oceaniche e la scelta delle luci ricordano quelle del 2016, quando sul banco degli imputati per abuso di potere c’era la presidente Park Geun-hye.
L’immagine di Ahn Gwi-ryeong, portavoce del Partito Democratico, che nella notte del 3 dicembre afferra il fucile di un militare per cercare di strapparglielo ha già fatto il giro del mondo.
Quello che sta avvenendo in Corea del Sud, scrive la docente Heesoo Jang dell’Università di Massachusetts, non è solo una questione interna ma un promemoria di come ovunque le democrazie richiedano una vigilanza costante.
«Non sono riuscita a dormire la scorsa notte, avevo il cuore che batteva all’impazzata per la preoccupazione», ha raccontato Son Jung-hee al Guardian. Precipitatosi davanti all’Assemblea nazionale, Son ha detto di essersi sentita obbligata ad andare lì da cittadina comune. «Il Parlamento – dice – è l’ultima linea di difesa della nostra democrazia. Mi vergogno, pensavamo che la democrazia coreana fosse matura, invece è successo qualcosa di così assurdo».
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