Poche ore dopo aver giurato come quarantasettesimo presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump ha firmato quarantadue ordini esecutivi: uno di questi annuncia la sua decisione di ritirare il paese dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e avrà pesanti conseguenze sulla popolazione dell’intero pianeta. L’Oms ha subito rilasciato una dichiarazione ufficiale: «Questo annuncio ci rammarica. Speriamo che gli Stati Uniti d’America ci ripensino». 

Questi primi ordini sembrano avere un unico scopo: Trump vuole tagliare le spese che considera inutili per concentrare tutte le risorse nella missione di rendere l’America Great Again, grande di nuovo. Gli Usa sono il più grosso finanziatore dell’Oms, ma, come ha detto Thomas Friden, ex capo dei Cdc – i Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie Usa: «La verità è che l’Oms è insostituibile. Questa decisione indebolisce l’influenza dell’America e aumenta il rischio di una pandemia mortale». E Lawrence Gostin, un esperto di politica sanitaria della Georgetown University, ha affermato: «Questa decisione è un cataclisma sia per l’Oms sia per la salute pubblica globale». 

Le reazioni

L’ordine esecutivo di Trump, inoltre, stabilisce che il segretario di Stato dovrà immediatamente «cessare i negoziati» con l’Oms sul Pandemic Agreement – un trattato internazionale che ha lo scopo di preparare le nazioni del mondo ad affrontare future pandemie, oggetto di difficili discussioni ormai da anni.

«Mi colpisce quanto tutto questo sia davvero stupido e meschino» ha affermato Jeremy Konyndyk, che oltre ad essere presidente di Refugees International è un esperto di emergenze per la lotta contro le malattie e un alto consigliere dell’Oms. Trump aveva già cercato di fare uscire gli Usa dall’Oms nel 2020, durante il suo primo mandato, «perché gli serviva un capro espiatorio per giustificare i suoi stessi fallimenti nella lotta contro il Covid-19», dice.

All’epoca, Trump sosteneva che l’Oms era troppo vicino alla Cina e che aveva nascosto la diffusione iniziale del Covid-19 – anche se non era vero nulla. «Evidentemente il rancore contro l’agenzia non gli è ancora passato», continua Konyndyk, «ma questo non è il modo in cui si dovrebbe comportare una nazione che si considera una grande potenza». 

Le prospettive

E adesso cosa accadrà? Le conseguenze potrebbero essere drammatiche. Gli Usa, oltre a pagare all’Oms una tassa d’iscrizione annua di 110 milioni di dollari, sono anche uno dei suoi maggiori donatori volontari – solo negli anni 2022 e 2023 hanno elargito all’agenzia 1,1 miliardi di dollari.

Gli Usa da soli coprono un quinto dell’intero budget dell’Oms. Se non li metteranno gli Usa, questi soldi li dovrà versare qualcun altro, magari l’Unione Europea, ma verosimilmente nessuno potrà sborsare somme così ingenti, e quindi l’Oms dovrà ridurre le sue attività.

Se gli Usa escono dall’Oms, questo reciderà ogni legame e ogni collaborazione tra l’Oms e tre importanti agenzie governative statunitensi – l’Nih, l’Istituto Nazionale della Salute, i Cdc, i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie, e l’FDA, l’Amministrazione per il Cibo e i Farmaci – tre delle organizzazioni di ricerca più importanti del pianeta, che forniscono guida e assistenza costante all’Oms e dalla quale ricevono in cambio informazioni preziose. Abbandonare l’Oms «significherebbe isolare i Cdc degli Usa e privarli di molte informazioni che sono cruciali per la sicurezza sanitaria del pianeta», afferma Marion Koopmans, un’esperta di infezioni emergenti del Centro medico Erasmus di Rotterdam, in Olanda.

I finanziamenti

La maggior parte del denaro che gli Usa versano all’Oms viene utilizzata per affrontare le emergenze epidemiche e pandemiche che si manifestano nelle varie parti del mondo. Per esempio, la maggior parte dei fondi che l’Oms ha utilizzato per affrontare l’epidemia di virus Ebola esplosa in Africa occidentale tra il 2014 e il 2016, per studiare e contenere i focolai di influenza aviaria che negli ultimi vent’anni si sono sviluppati in varie regioni de pianeta, o quelli di vaiolo delle scimmie scoppiati di recente in Africa e altrove, e soprattutto la pandemia di Covid-19 che ha devastato il pianeta tra il 2019 e 2023 proveniva da finanziamenti del governo americano.

Adesso questi soldi non arriveranno più e l’Oms non avrà più le risorse per studiare, contenere e reprimere queste epidemie e le nuove pandemie future. Ma dato che l’Oms è l’unica agenzia al mondo a svolgere questi compiti, chi lo farà al posto dell’Oms? Se l’Unione Europea o altre nazioni del mondo non si adoperano per finanziarla, rischieremo di avere un pianeta sul quale in futuro epidemie e pandemie potranno diffondersi senza che nessuno le riesca a contenere.

Poi c’è la questione del personale: molti di coloro che lavorano all’Oms sono cittadini americani. Quelli che sono assunti direttamente dall’Oms potranno restare al loro posto, come l’epidemiologa Maria van Kerkhove, direttrice del Dipartimento Prevenzione e Controllo delle Epidemie e delle Pandemie dell’Oms, divenuta il volto ufficiale dell’agenzia durante la pandemia di Covid-19; invece, le centinaia di tecnici ed esperti americani che sono dipendenti di agenzie governative Usa ma lavorano «in prestito» per l’Oms dovranno tornare in patria ai loro luoghi di lavoro.

Tutto questo naturalmente potrebbe ritorcersi anche contro gli Usa: la loro uscita dall’Oms renderebbe gli stessi Stati Uniti più vulnerabili ad una futura epidemia, ma questa non è la prima preoccupazione che assilla Donald Trump. Donald Trump è un isolazionista il quale pensa che il suo compito sia difendere gli stati Uniti, e che gli altri si arrangino: ma in salute pubblica non funziona così, come ha già dimostrato la pandemia di Covid.

La lezione del Covid

Quando la Cina informò il mondo che un’epidemia causata da un virus nuovo e letale era scoppiata a Wuhan, il 31 dicembre 2019, e subito dopo l’Oms dichiarò lo stato di emergenza planetaria, l’allora presidente Donald Trump fin da principio minimizzò il problema.

Trump prima affermò che il virus non sarebbe mai arrivato negli Stati Uniti, e che comunque non era più grave di una banale influenza; il 31 gennaio emanò un ordine esecutivo che vietava l’ingresso negli USA a chi era stato in Cina nei 14 giorni precedenti ma che non si applicava ai cittadini Usa; poi annunciò trionfante «nel nostro paese la situazione è sotto controllo… cosa molto interessante, non abbiamo avuto neanche un morto»; ma ovviamente di lì a poco il virus penetrò negli USA e cominciò a fare stragi, portato dai cittadini Usa che si erano infettati in giro per il mondo.

Mentre i casi di Covid-19 e le vittime causate dalla malattia aumentavano a vista d’occhio, Trump continuò imperterrito a rifiutare di imporre chiusure o misure restrittive più severe. Finalmente, di fronte alla marea montante di casi e di morti – oltre 50.000 in due mesi – il 15 marzo 2020 si decise ad imporre un lockdown nazionale di 15 giorni, ma continuò sempre a sdrammatizzare, forse perché badava ad essere rieletto nelle presidenziali del novembre 2020.

Da quel momento e fino al giorno delle elezioni, Trump continuò a definire la crisi del Covid-19 come un problema sotto controllo in via di risoluzione; continuò a dare la colpa alla Cina che non era riuscita a fermare il «virus cinese» – così lo chiamava lui – in tempo; continuò a promuovere falsi rimedi come la cura a base di idrossiclorochina o le iniezioni di disinfettante; continua a dire che le mascherine non servivano a nulla; quando alcuni Stati decisero un lockdown, lui twittò «Liberate il Minnesota», o «Liberate il Michigan». Speriamo che Trump non affronti le future pandemie come ha affrontato in passato quella di Covid-19. Dio salvi gli Usa, e anche il pianeta.

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