Il sindaco Andy Burnham ha chiesto che le misure anti Covid-19 fossero accompagnate da un aiuto economico adeguato per non pesare sui più deboli. Ma Boris Johnson ha imposto la massima allerta senza accordo sul fondo di ristoro. Dalla città ex operaia parte la richiesta di “misure uguali per tutti”
- Il premier conservatore ha diviso l’Uk in tre zone, sulla base del grado di allerta da Covid-19. Andy Burnham, sindaco laburista dell’area metropolitana di Manchester, si è detto disponibile alla “massima allerta”, quindi a chiudere pub e bar.
- Ma ha chiesto un adeguato sostegno finanziario, sennò «le misure peseranno sulle classi più svantaggiate». Dopo un braccio di ferro, Johnson ha imposto le misure senza accordo sugli aiuti.
- Il caso scatena la richiesta da parte del Labour di prendere misure efficaci e omogenee in tutto il paese, come chiede il comitato scientifico, per evitare iniquità.
Quando il premier conservatore Boris Johnson ha annunciato che avrebbe diviso il Regno Unito in tre tipi di zone, sulla base del grado di allerta da Covid-19, Andy Burnham, il sindaco laburista dell’area metropolitana di Manchester ha obiettato che, gestita così, la faccenda avrebbe prodotto ben altre divisioni. Senza ammortizzatori sociali e compensazioni economiche adeguate, a pagare il peso delle misure differenziate sarebbero state le classi più svantaggiate. Quindi «o fate misure omogenee, oppure la mia zona accetta le restrizioni locali a patto di un supporto adeguato». Tra Johnson e Burnham è cominciato un braccio di ferro che è finito – per ora – con l’imposizione dell’allerta massima da parte del premier e gli occhi umidi del sindaco.
La città ribelle
Gli abitanti di Manchester sanno da tempo cosa vuol dire protestare contro il governo centrale: basta loro attraversare una piazza del centro, Saint Peter, per ricordarsi di quando due secoli fa (era il 1819) in migliaia si ribellarono a Londra, che aveva fatto salire il prezzo del pane e non dava rappresentanza alle fasce più povere; ci furono morti e feriti, fu il “massacro di Peterloo”, ma da lì partirono rivendicazioni che hanno portato diritti per i lavoratori. Stavolta la protesta riguarda la gestione delle chiusure nella seconda ondata.
Il nord del paese è il più colpito dai contagi e Johnson, a dispetto delle indicazioni del comitato scientifico (Sage) che già a settembre ha invocato un “circuit breaker” – un lockdown generale anche se circoscritto nel tempo, per fermare la crescita esponenziale dei contagi – a metà ottobre ha inaugurato tre diversi tipi di misure, in base alla zona. Quella ad allerta massima, di cui si parla per l’area metropolitana di Manchester, implica la chiusura di pub (dove si mangia pure) e bar (dove si beve).
Avamposto d’Europa
Manchester, un po’ come Torino, è una città ex industriale e operaia, oggi riconvertita al terziario e ricca di start-up. L’industria della hospitality – i locali dove si beve, si mangia, ci si incontra – qui è importante; tanti italiani ormai scelgono questa “Little London” e avviano con successo le loro attività. La vita culturale e notturna è vivace; qui sono nati i Joy Division, il brit-pop di Blur e Oasis. Roccaforte laburista, Manchester è l’ultimo argine europeista (anti Brexit al 60 per cento) di un Nord che ha votato per uscire dall’Ue. Mentre i villaggi settentrionali come Stoke-on-Trent (pro Brexit ed ex cuore manifatturiero della ceramica) non hanno retto al piano di deindustrializzazione di Margaret Thatcher prima, e all’austerity di David Cameron poi, Manchester ha saputo trovare una nuova dimensione. Ma le disparità sociali rimangono ben visibili: in città il numero di senzatetto è alto, prima del Covid-19 già riguardava quasi diecimila persone.
Il braccio di ferro
Il sindaco dell’area metropolitana di Manchester, che agli homeless dirotta il 15 per cento del suo stipendio, non è contrario alle restrizioni in sé, ma chiede che il governo centrale si impegni a mitigarne gli effetti sociali ed economici, «altrimenti a pagare saranno i più svantaggiati, precari, tassisti, camerieri…». Mentre durante il lockdown generalizzato Downing Street aveva garantito la cassa integrazione all’80 per cento dello stipendio, ora con il sistema differenziato anche chi è nella massima allerta riceve solo fino al 66.
Burnham, che ha esperienze di governo sia con Tony Blair che con Gordon Brown, a inizio settimana ha negoziato con Johnson il passaggio all’allerta massima chiedendo che la cassa fosse riportata all’80 e che le compensazioni economiche non scendessero sotto i 65 milioni di sterline (72 milioni di euro). La proposta iniziale era di 90 milioni, dunque è andato incontro a Johnson, che però si è fermato a 60 milioni e ha imposto le restrizioni senza un accordo sul pacchetto di ristoro.
Un approccio nazionale
«Ma allora fate i bulli!», ha commentato il sindaco. A inizio mese sono filtrate alcune mail che rivelavano come, a parità di contagi, quando si è trattato di imporre misure restrittive Downing Street ha chiuso un occhio per le aree più ricche e più vicine al governo.
Oggi a Westminster il leader laburista Keir Starmer, in sintonia con Burnham, ha domandato al premier un approccio nazionale. «Abbiamo visto che le zone a massima allerta non regrediscono, non diventano ad allerta media. Questo vuol dire che bisogna dare retta al comitato scientifico». Il comitato chiede chiusure uguali per tutti.
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