L’imprenditore Gjinaj è proprietario dell’albergo che ospita la polizia italiana in Albania. Ma fa affari anche con le centrali idroelettriche. Tra i suoi soci c’è Valentino Kaçorri, fratello di un condannato in Italia per omicidio e cognato di un boss del gioco d’azzardo latitante. Gli accertamenti degli inquirenti albanesi
Mark Gjinaj è un imprenditore molto influente. È il proprietario del Rafaelo resort che ospita gli agenti di polizia italiani inviati per la sicurezza nei centri per migranti albanesi. La sua rete di contatti è molto amplia e non si limita soltanto a solidi legami con il mondo politico del partito socialista di Edi Rama, come già raccontato da Domani, ma si estende anche a uomini d’affari sui quali non ci sono solo ombre ma anche accertamenti da parte degli inquirenti di Tirana.
Tra questi c’è Valentino Kaçorri, colpito da alcuni provvedimenti di sequestri a causa di inchieste in cui sono stati coinvolti il fratello, Arben Kaçorri condannato in Italia a oltre vent’anni per omicidio, e il cognato, Ervis Martinaj, considerato in Albania il re del gioco d’azzardo e sospettato di legami con la criminalità. Ma procediamo con ordine.
Il socio scomodo
Kaçorri e l’imprenditore proprietario del lussuoso resort a cui il governo italiano si è affidato sono in affari nella Spe Gjader tramite la Spe energy e la Rafaelo 2002. Attualmente, però, la Spe energy si trova in amministrazione straordinaria: a inizio 2023, infatti, il tribunale speciale di primo grado per la corruzione e la criminalità organizzata ha deciso di procedere per il sequestro dei beni di Ervis Martinaj e di persone a lui vicine. La legge albanese, simile a quella italiana, impone alle persone condannate per determinati reati e ai loro familiari stretti di dimostrare che il loro patrimonio non sia stato ottenuto illegalmente.
Martinaj, infatti, è nelle prime posizioni della lista degli uomini più ricercati dalle forze di polizia albanesi, accusato di aver commesso una serie di reati nel settore del gioco d’azzardo con il quale ha costruito il suo impero economico con sale da gioco in tutto il paese. Non solo, è sospettato di essere parte di un’organizzazione criminale dedita al narcotraffico con ramificazioni in Europa e in Sudamerica. Da due anni è irrintracciabile e fonti interne alla polizia sono convinte che sia stato ucciso, così come accaduto ad altri suoi affiliati. La società colpita dalle autorità giudiziarie albanesi è la King Casinò e nel suo documento costitutivo Valentino Kaçorri risulta essere membro del consiglio.
Per questo nel 2023 le autorità albanesi hanno sequestrato 15 beni tra ville, edifici, negozi e auto appartenenti alla famiglia Kaçorri che già in passato ha avuto a che fare con sequestri preventivi a causa di Arben Kaçorri, fratello di Valentino, condannato in Italia con sentenza irrevocabile nel 2020 a oltre vent’anni di carcere per omicidio e possesso illegale di armi da fuoco. Il 31 gennaio del 2020, infatti, il sequestro dei beni di Kaçorri è stato eseguito ai sensi di un regime di confisca non basato su una condanna penale ma da un atto normativo.
Secondo quanto si legge sul ricorso presentato alla Corte europea dei diritti dell’uomo da Kaçorri: «Numerosi rapporti di intelligence delle autorità italiane e olandesi sostenevano che A. K. poteva anche essere coinvolto nel traffico di droga. Il ricorrente (Valentino ndr.) era considerato una persona vicina al fratello e quindi era tenuto a dimostrare di aver acquisito legalmente le sue proprietà». Il ricorso è una tappa della battaglia legale intrapresa da Kaçorri dopo che in Albania non avevano accolto la sua tesi difensiva. Tuttavia c’è un altra grana che ha riguardato il socio di Gjinaj, cioè l’imprenditore che sta incassando denaro pubblico del governo italiano: nel 2022 è stato fermato dalla polizia per possesso illegale di arma da fuoco.
Gli affari con il ministero
L’imprenditore del Resort dove alloggia la polizia italiana e il fratello del condannato per omicidio sono, appunto, soci nella Spe Gjader, una società a responsabilità limitata costituita il 9 settembre del 2013 per il finanziamento, la progettazione, la costruzione e la messa in servizio delle centrali idroelettriche sul fiume Gjader. Una società nata con un partenariato tra pubblico e privato per volere del ministero dell’Economia, commercio ed energia albanese pochi giorni prima dall’insediamento di Edi Rama al governo con un contratto di concessione valido per alcuni anni.
La ricostruzione della rete imprenditoriale di Gjinaj ha fatto emergere ulteriori elementi inediti. Oltre agli affari per le centrali idroelettriche di Gjader la Rafaelo 2002 ha vinto appalti pubblici milionari. Come quello per la costruzione di un edificio per conto del comune di Tirana dal valore di 193 milioni di leke, o altre infrastrutture nella capitale per oltre 400 milioni di leke.
A Lezhe, città dove sorge il Rafaelo resort beneficiario di fondi pubblici italiani, l’azienda di Gjinaj si è aggiudicata il bando per la costruzione di un asilo comunale per un valore di quasi 25 milioni di leke. Tanti successi, costellati però anche da intoppi giudiziari sempre risolti, per via di questioni legate a debiti non pagati e poi saldati tra il 2012 al 2019. Luci e ombre, dunque, sulla storia imprenditoriale di Gjinaj, che però non hanno pesato sulla scelta del governo Meloni di affidargli l’accoglienza dei poliziotti italiani.
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