Mercoledì il voto di sfiducia che potrebbe portare il paese a nuove elezioni. Petkov ha provato a dare alla Bulgaria una linea filo occidentale, contrastando la Russia. A chiedere la sfiducia il partito dell’ex premier Borissov
Il governo in Bulgaria è in bilico e mercoledì 22 giugno potrebbe cadere, portando il paese a nuove elezioni, le quarte nel giro di poco più di un anno. L’esecutivo del premier Kiril Petkov deve affrontare un voto di sfiducia in parlamento che, secondo le previsioni, avrà un esito scontato.
Petkov è a capo del governo solamente da dicembre, quando è riuscito a formare una coalizione di quattro partiti e formare un esecutivo. Ma la maggioranza è stata sempre instabile e l’opzione del voto di sfiducia è stata inevitabile quando Salvi Trifonov, ex conduttore televisivo poi diventato politico, ha ritirato il suo partito dal governo. La scelta è stata giustificata dallo stesso Trifonov che ha attaccato la linea accondiscendente di Petkov sui colloqui di adesione all’Unione europea della Macedonia del Nord. La Bulgaria, infatti, aveva aperto alla possibilità di far cadere il proprio veto all’ingresso di Skopje in Ue.
Tuttavia, è emerso anche un altro possibile motivo dietro la decisione di Trifonov di far cadere il governo, ben diversa da quella data ufficialmente, sostiene Politico. Ovvero quello di ostacolare la volontà di Petkov di contrastare la mafia degli oligarchi bulgari e la corruzione nel paese.
Non a caso un piccolo drappello di deputati del partito di Trifonov ha invece deciso di continuare ad appoggiare Petkov, accusando il loro stesso partito di favorire la mafia. Ma nonostante l’appoggio di questi deputati, Petkov non ha più la maggioranza.
Giovedì scorso ci sono state le prove generali del voto di sfiducia di mercoledì. Il parlamento ha infatti votato a favore delle dimissioni di Nikola Minchev, lo speaker della Camera e membro del partito di Petkov.
Il ruolo dell’ex premier Borissov
Trifonov ha accelerato la crisi, mentre la mozione di sfiducia del governo è stata presentata dal partito conservatore Gerb, con a capo l’ex premier Bojko Borissov, che ha accusato Petkov di non aver fatto abbastanza per arginare l’inflazione, attaccando le politiche economiche governative. E le ormai prossime elezioni potrebbero favorire proprio il partito di Borissov, così come i partiti bulgari filo russi.
Borissov, che ha governato per dieci anni, nell’aprile del 2021 ha perso le elezioni, dopo le forti ondate di proteste in tutto il paese contro la corruzione. Tra l’altro lo scorso marzo l’ex premier è stato arrestato con l’accusa di estorsione e sospettato di uso improprio di fondi europei, ma è stato rilasciato subito.
I tentativi di smarcarsi dalla Russia
In tutto questo, tra l’altro, si inserisce anche la guerra in Ucraina. Perché Petkov ha provato a dare un corso diverso alla Bulgaria, paese storicamente vicino alla Russia, guardando più verso occidente, l’Unione europea e la Nato.
Sono diversi gli esempi più recenti che lo hanno confermato: a fine febbraio, dopo l’inizio dell’invasione russa, Petkov ha di fatto cacciato dal governo il proprio ministro degli Esteri, Stefan Yanev, perché aveva definito l’invasione «un’operazione speciale», usando la stessa retorica del Cremlino e rifiutandosi di chiamarla “guerra”. Proprio Yanev ha creato un suo partito nazionalista che guarda con favore a Mosca e potrebbe guadagnare diversi voti alle urne.
Petkov ha anche sfidato Mosca rifiutando di pagare in rubli le importazioni di gas provenienti dalla Russia, causando l’interruzione delle forniture nello scorso aprile. Inoltre dalla Bulgaria sono stati espulsi diversi diplomatici russi e Sofia ha anche offerto assistenza militare all’Ucraina durante il conflitto.
Altro episodio che ha confermato il tentativo di Petkov di contrastare, per quanto possibile, Mosca, è quello della mancata autorizzazione di sorvolo dello spazio aereo della Bulgaria all’aereo di Sergej Lavrov, il ministro degli Esteri russo, diretto in Serbia.
Posizioni dichiaratamente contro Mosca, che hanno fatto ipotizzare anche a un possibile ruolo della Russia nella caduta del governo. Ipotesi prontamente smentita dal portavoce del Cremlino Dmitry Peskov che ha affermato di non aver «nulla a che fare» con la situazione in Bulgaria.
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