- In Africa occidentale ci si batte per la produzione locale causando una forte concorrenza tra paesi.
- La Nigeria ha raddoppiato la sua produzione di riso e bloccato le importazioni. Il Ghana teme di restare indietro sia per quantità che per qualità.
- L’aumento vertiginoso del prezzo del grano scatena una concorrenza su tutte le altre derrate alimentari.
Nel quadro degli aumenti dei prezzi del settore alimentare e della penuria generale causata dalla guerra in Ucraina, la rivalità tra i paesi dell’Africa occidentale sta diventando molto seria. L’esempio della “guerra del riso” tra Ghana e Nigeria è significativo e fa da modello a tutte le concorrenze di questo tipo che vedremo probabilmente aumentare nel prossimo futuro. I rincari dei fertilizzanti e del carburante stanno facendo salire anche il costo del cibo coltivato localmente, rendendo spesso difficile contrastare i beni alimentari di importazione.
Di fronte a tale situazione generale, la posta in gioco è divenuta quale sia la migliore politica di coltivazione del riso. La pandemia di Covid-19 ha provocato una crisi sanitaria cui ora si aggiunge quella economica causata dal conflitto, per cui si stima che circa 22 milioni di africani abbiano perso il lavoro, mentre il debito estero di molti paesi del continente sub-sahariano sta ricominciando a crescere.
C’erano già state polemiche sulle condizioni dei prestiti cinesi che avevano rimesso in moto il perverso meccanismo degli anni Ottanta, ma ora la questione diviene davvero preoccupante. La guerra in Ucraina sta innescando una crisi finanziaria e di approvvigionamento globale. Di conseguenza la competitività tra agricoltori dei vari paesi africani aumenta dovunque e non basta riferirsi all’accordo di libero scambio (AfCFTA) firmato l’anno scorso all’Unione africana per pensare che scompaia del tutto.
Politiche diverse
I coltivatori di riso del Ghana, ad esempio, stanno facendo forti pressioni sul loro governo, denunciando le scelte stataliste dell’amministrazione nigeriana la quale sovvenziona i propri produttori locali con prestiti agevolati ma soprattutto carica con dazi del 70 per cento gli alimenti importati dall’estero, come i cereali ma anche il riso, per scoraggiarne l’acquisto. Così sul mercato di Abuja il riso ghanese viene a costare molto di più di quello locale.
Non va dimenticato che la Nigeria rimane il più grande mercato continentale con oltre 200 milioni di abitanti. Entrambi i governi vogliono mantenere bassi i prezzi ma hanno strategie diverse su come farlo, anche se hanno tassi di inflazione simili. La differenza fondamentale tra i due paesi è che la Nigeria, rispetto al Ghana, sta coltivando e producendo in casa una percentuale molto maggiore del cibo che consuma.
Come avviene in tutta l’Africa salvo eccezioni, le rese agricole per ettaro sono molto inferiori alla media internazionale e gli ostacoli durante la raccolta e la distribuzione sono molto più numerosi, a causa della mancanza di strade, della fatiscenza dei mezzi di trasporti e delle difficoltà di accesso al mercato. Le politiche interventiste della Nigeria hanno avuto tuttavia il merito di creare nuovi posti di lavoro nel settore agricolo, provocando rese superiori a quelle del Ghana.
Ma la Nigeria si era già preparata, senza volerlo, all’attuale choc: dal 2016 il crollo del prezzo del petrolio ha inibito l’importazione massiccia di beni alimentari e ci si è dovuti obbligatoriamente concentrare sulla produzione nazionale. Così, quando è giunta la crisi provocata dalla pandemia prima e dalla guerra poi, Abuja era già pronta mentre il Ghana ultra-liberale si è trovato a subire tutto il peso della congiuntura sfavorevole.
Oggi Accra, con i suoi oltre 30 milioni di abitanti, è il ventiduesimo importatore di riso al mondo: consuma circa 1,4 milioni di tonnellate di riso all’anno di cui oltre il 50 per cento è importato. Il governo sta mettendo in atto urgentemente una politica ibrida per incoraggiare i coltivatori di riso locali ma anche per consentire l’importazione di riso a basso costo da Vietnam, Tailandia, India o Pakistan.
Sussidi e importazioni
Il problema è che si può creare una concorrenza sleale tra il riso coltivato localmente e quello importato, se le sovvenzioni per quest’ultimo oltrepassano un certo livello. I coltivatori di riso ghanesi preferirebbero una politica simile a quella nigeriana ma il governo teme che non riescano a sopperire a tutto il bisogno interno e ascolta anche i grossisti.
Ad Accra le proteste stanno crescendo tra gli agricoltori, che accusano gli importatori (e i commercianti loro alleati) di vendere riso a prezzi inferiori, speculandoci sopra. Per correre ai ripari, lo sconto del valore di riferimento sul riso che era del 50 per cento è stato ridotto al 30 per cento. Ma non basta. La guerra del grano si scarica dunque sul riso, anche se la crisi bellica ancora non ha intaccato i produttori asiatici di questa derrata né la catena degli approvvigionamenti.
Ma in Asia la situazione resta fluida e bisognerà vedere se il blocco delle esportazioni indiane sul frumento provocherà per contraccolpo uno stress anche sui prezzi (e la disponibilità) del riso. I coltivatori del Ghana vorrebbero che il governo elimini del tutto i sussidi alle importazioni e si fidi del solo mercato locale.
Secondo i dati raccolti da Africa Report che ha lanciato l’allarme su questa questione, tra il 2017 e il 2020 in Ghana è stato speso oltre un miliardo di dollari per sussidiare l’importazione di riso, e gli analisti prevedono che tale dato potrebbe raddoppiare nei prossimi tre anni.
Dazi e produttività
Le proteste dei coltivatori di riso ghanesi giungono mentre la produzione in Nigeria sta vivendo un vero e proprio boom. A gennaio il presidente nigeriano Muhammadu Buhari ha dichiarato che sarà possibile soddisfare con la produzione locale tutta la domanda interna di circa 7 milioni di tonnellate di riso per i 220 milioni di nigeriani. La produzione nigeriana di riso è de facto raddoppiata, ma varie analisi indipendenti mettono in dubbio tali cifre affermando che gran parte della domanda viene soddisfatta con riso di contrabbando.
È facile immaginare che, con dazi sul riso importato così alti, il contrabbando sia diventato enormemente redditizio. C’è anche una questione di produttività: i dati mostrano che la Nigeria produce tra le quattro e le cinque tonnellate di riso per ettaro mentre il Ghana si ferma a una media di 1,7 tonnellate per ettaro. Ovviamente c’entra anche la qualità del riso e le forme modificate per resistere alle temperie e ai parassiti.
Il governo di Accra sta approntando ora un programma che aiuterà il Ghana a raggiungere l’obiettivo dell’autosufficienza per il riso nel 2024, affermando di agire per proteggere innanzi tutto gli agricoltori locali senza aumentare i dazi: l’idea è di far leva sulla qualità e di fornire più fertilizzanti e sementi migliorate.
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