Nella giornata dell’incontro tra Putin e Scholz e tra Di Maio e il suo omologo ucraino, le autorità ucraine hanno annunciato di aver ricevuto un attacco cyber ai siti della Difesa. Il presindente russo ha detto che non ha intenzione di prendere parte a una guerra e si intravedono i primi segnali di distensione
Le autorità ucraine hanno affermato di aver ricevuto un cyber attacco che ha colpito i siti del ministero della Difesa e delle forze armate dell’Ucraina, nonché della PrivatBank di proprietà statale e di Oschadbank. Non è ancora chiaro se siano stati rubati dei dati sensibili neanche chi c’è dietro l’attacco.
Di Maio a Kiev
Negoziazioni, diplomazia e dialogo. È questo il mantra degli ultimi giorni sulla crisi Ucraina per evitare l’escalation militare. Il ministro degli Esteri, Luigi Di maio, è volato a Kiev per incontrare il suo omologo ucraino e cercare di raggiungere un compromesso sulla crisi militare con la Russia. Un incontro in cui l’Italia, come già ribadito in una telefonata tra Mario Draghi e il premier ucraino Zelensky, ha espresso sostegno e appoggio all’Ucraina. «Confidiamo molto nel rapporto bilaterale tra la Russia e l'Italia e speriamo che l'Italia possa convincere la Russia a risolvere la situazione in modo pacifico», ha detto il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, in conferenza stampa. «Quando sei in difficoltà il tuo amico si trova vicino a te e sono lieto di vedere Luigi davanti a me», ha proseguito Kuleba aggiungendo che «così si comportano veri amici e partner».
«Ho espresso al ministro Kuleba la forte vicinanza dell'Italia al governo e al popolo ucraino e il nostro fermo e costante sostegno all'integrità territoriale e alla piena sovranità dell'Ucraina», ha detto invece il capo della Farnesina confermando che giovedì incontrerà il ministro degli Esteri Russo Lavrov a Mosca.
L’incontro tra Scholz e Putin
«Non ammetteremo mai l’allargamento della Nato verso i nostri confini», ha detto il presidente russo Vladimir Putin al termine dell’incontro con il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Putin rimane fermo nella sua posizione nei confronti dell’eventuale entrata dell’Ucraina nell’Alleanza atlantica accusata di fornire risposte che «non soddisfano le richieste russe» in materia di sicurezza.
«C’è già stata una guerra in Europa e la ha iniziata la Nato bombardando la Jugoslavia. Noi non vogliamo la guerra. Perciò abbiamo iniziato negoziati per un accordo sulla sicurezza, compresa la nostra, ma non abbiamo avuto una risposta costruttiva. Ci sono però elementi su cui parlare. Sempre che si possa discutere anche delle nostre priorità», ha detto Putin che si è detto pronto a effettuare dei colloqui con Usa e Nato sui missili e trasparenza militare. Tornando sull’Ucraina ha detto che quello che sta accadendo nel Donbass «è un genocidio».
«Non è negoziabile la sovranità territoriale. Il presidente Putin e io siamo d’accordo che i colloqui tra la Russia, la Nato e l’Osce devono essere un passo verso a dei progressi», ha detto invece Scholz.
«Lo stanziamento delle truppe russe al confine ucraino rappresentano una minaccia, dobbiamo trovare una soluzione pacifica», ha aggiunto il cancelliere tedesco dopo che ieri è stato a Kiev per parlare con Volodymir Zelensky.
I due leader hanno anche affrontato questioni economiche tra i due paesi. Inevitabilmente al centro della visita c’è stato anche il Nordstream 2, il gasdotto costruito pe trasportare il gas dalla Russia all’Europa passando per la Germania. Il Nord Stream 2 «è un progetto puramente commerciale, senza connotazione politica», ha detto Putin sottolineando che il gasdotto «è tecnicamente pronto per il trasporto di gas». Scholz ha invece ribadito che in caso di invasione ci saranno ripercussioni chiare sul Nord Stream.
In mattinata il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha detto che il presidente russo è disposto a trattare, dopo gli ultimi giorni concitati che facevano presagire un intervento militare russo ai danni dell’Ucraina. Ma a gettare benzina sul fuoco è la Duma, che ha chiesto al presidente Putin di riconoscere come russe le repubbliche di Donetsk e Lugansk presenti nel Donbass.
Il ritiro delle truppe dell’esercitazione
«Prima di tutto, il presidente Putin ha sempre chiesto negoziati e diplomazia», ha detto Peskov in un’intervista alla Cnn. «E in realtà, ha avviato la questione delle garanzie di sicurezza per la Federazione russa. E l’Ucraina – ha aggiunto – è solo una parte del problema, è una parte del più grande problema delle garanzie di sicurezza per la Russia e ovviamente il presidente Putin è disposto a negoziare».
E un primo gesto che va in questa direzione è il ritiro delle truppe impiegate nelle esercitazioni militari lungo il confine occidentale della Russia. Una notizia accolta con un’euforia da parte dell’Ucraina, ma il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov ha detto che il ritiro era pianificato e non è dovuto all’isteria dell’occidente per una guerra imminente.
Esclusa l’invasione del 16 febbraio
I rappresentanti del Cremlino hanno infatti smentito, per ora, che da Mosca è stato pianificato un attacco per il 16 febbraio, voce circolata tra i media nella giornata di ieri. «Non vedo alcun motivo per questo», ha detto Dmitry Polyanskiy, primo vice rappresentante della Russia all’Onu, all’emittente britannica Channel 4. E dal Pentagono dicono che non è ancora chiaro se Putin abbia preso una decisione finale.
Nel frattempo, le autorità statunitensi hanno chiesto ai loro cittadini di lasciare la Bielorussia come già accaduto nei giorni scorsi in Ucraina. Il Dipartimento di stato ha detto ai suoi cittadini di lasciare «immediatamente il paese a causa dell'insolito e preoccupante accumulo militare russo lungo il confine bielorusso con l’Ucraina».
Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha detto: «Siamo pronti a discutere delle relazioni Nato-Russia, della sicurezza europea, compresa la situazione all'interno e intorno all’Ucraina e la riduzione del rischio, la trasparenza e il controllo degli armamenti. Ma non scenderemo a compromessi sui nostri principi fondamentali. Ogni nazione ha il diritto di scegliere la propria strada».
L’Italia
Dopo l’incontro di Di Maio con il suo omologo ucraino, il presidente Zelensky ha annunciato di aver avuto un breve colloquio telefonico con il presidente del Consiglio Mario Draghi. «Ho parlato con il premier italiano Mario Draghi delle sfide alla sicurezza che l'Ucraina e l'Europa devono affrontare oggi», ha scritto Zelensky su Twitter, abbiamo avuto uno «scambio di opinioni sull'intensificazione del lavoro in tutti i formati negoziali e sullo sblocco del processo di pace». Secondo fonti di Palazzo Chigi il presidente del Consiglio ha ribadito il fermo sostegno del Governo italiano all’integrità territoriale e alla sovranità dell’Ucraina. È stata condivisa l’importanza di rafforzare l’impegno comune per una soluzione sostenibile e durevole della crisi, mantenendo aperto un canale di dialogo con Mosca.
La diplomazia europea
Ieri, Scholz è andato a Kiev a incontrare il presidente ucraino Volodomyr Zelensky. Nella conferenza stampa dopo l’incontro, Scholz ha annunciato un sostegno militare ed economico all’Ucraina ma ha escluso, al momento, una sua eventuale entrata all’interno della Nato.
Il 15 febbraio anche la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, ha chiesto a Mosca di ritirare le truppe lungo il confine: «La situazione è estremamente pericolosa e può degenerare in qualsiasi momento, noi in Europa sappiamo fin troppo bene quanto velocemente può accadere qualcosa del genere».
Anche il primo ministro britannico, Boris Johnson, si è espresso sulla questione. Da una parte «stiamo assistendo all'apertura russa al dialogo» ma «le informazioni di intelligence non sono incoraggianti», ha detto, dopo aver ricevuto la notizia che vicino al confine ucraino in Bielorussa è in costruzione un ospedale da campo russo. Una mossa che può essere interpretato come un segnale di un imminente invasione. Ci sono «segnali contrastanti» ha aggiunto.
«I nostri militari potrebbero essere coinvolti in questa crisi, assieme a contingenti di altre nazioni, per assicurare la protezione delle persone e la custodia dei confini. I militari italiani, anche in altre zone di conflitto, offrono il proprio contributo a nome di un paese che 'ripudia la guerra» ha detto a LaPresse monsignor Santo Marcianò, vescovo ordinario militare per l’Italia, chiedendo un’apertura al dialogo.
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