L’ex presidente ha ottenuto che la maxi multa da 464 milioni di dollari venga ridotta a 175 milioni, da raccogliere entro dieci giorni. Il giudice Merchan ha invece deciso di far iniziare il processo sul pagamento in nero alla pornostar che la difesa voleva annullare
In una giornata di impegni legali, Donald Trump ha ricevuto una notizia buona e una cattiva. Quella buona riguarda il pagamento di una multa per un processo civile per frode dov’era coinvolta la Trump Organization, la società che controlla la maggior parte delle sue proprietà immobiliari.
Anziché pagare la cifra monstre di 464 milioni di dollari in obbligazioni, dovrà pagarne solo 175, tra dieci giorni. La cattiva nuova riguarda invece il processo su un’altra frode: quella che nel 2016 sarebbe servita al futuro presidente per pagare 130mila dollari alla pornostar Stormy Daniels per coprire la loro precedente relazione mentre si stava svolgendo la campagna elettorale per le presidenziali di quell’anno.
La difesa aveva chiesto di rimandare la data d’inizio del processo di 90 giorni oppure di cancellarlo del tutto. Istanza negata, le minuzie procedurali che secondo il team legale dell’ex presidente avrebbero potuto invalidare tutto il procedimento non sono state giudicate rilevanti dal giudice Juan Merchan: il processo inizierà il prossimo 15 aprile.
Gli effetti
Nel primo caso la multa non avrebbe comunque messo a rischio la sua possibilità di candidarsi a novembre. Al massimo poteva provocare il pignoramento di alcuni dei beni dell’ex presidente da parte degli uffici della procuratrice generale di New York, la democratica Letitia James. Compresa la Trump Tower che si trova nel centro di Manhattan.
L’ex inquilino della Casa Bianca ha esultato per la decisione della Corte d’Appello newyorchese con un post sulla sua pagina social di Truth dicendo che la cifra richiesta inizialmente era semplicemente «oltraggiosa». E ha aggiunto che nei prossimi giorni raccoglierà comunque la cifra richiesta.
Il giudice Merchan ha invece imposto una dura sconfitta alle tattiche dilatorie della squadra di avvocati al servizio di Trump. La tesi difensiva dell’avvocato Todd Blanche, che i reporter che hanno assistito all’udienza hanno descritto come «nervoso» e «impaziente» era che fissare una data d’inizio del processo prima delle elezioni rappresentasse un’ingiustizia nei confronti dell’ex presidente. Per Merchan il rilievo non aveva valore, essendo solo l’ennesimo «ritardo strategico».
Trump ha comunque annunciato in una brevissima conferenza stampa che intende fare ricorso anche contro questa decisione, dicendo che il giudice «non potrebbe andare più veloce» e che «muore dalla voglia d’iniziare», ripetendo anche il suo tormentone sull’interferenza «elettorale» di questo processo, e insinuando, senza alcuna prova, che è stato «voluto da Biden».
Gli altri procedimenti
Questo però, con tutta probabilità, sembra essere l’unico procedimento giudiziario che dovrebbe cominciare prima delle elezioni. Gli altri tre casi che riguardano Trump sono al momento bloccati. A partire dal più importante, quello riguardante il tentativo di rovesciare il risultato delle elezioni del 2020.
Il procuratore speciale Jack Smith, nominato dal dipartimento di Giustizia, aveva chiesto alla Corte suprema di procedere speditamente per emettere una sentenza sulla presunta immunità presidenziale che gli avvocati del tycoon invocano a sua difesa.
Invece il processo inizierà soltanto il 22 aprile e, data la delicatezza degli argomenti toccati, probabilmente si sforerà dopo novembre.
Stesso discorso per quello che riguarda un altro maldestro tentativo di spingere il segretario di stato repubblicano della Georgia, Brad Raffensperger, ad annullare il risultato delle elezioni nello stato per sostituirli con una lista di nominati da Trump. Qui una relazione sentimentale dalla procuratrice distrettuale, Fani Willis, con il suo collaboratore, ha pesantemente intaccato la credibilità delle indagini ed è alquanto improbabile che si concluderà a breve.
Una data d’inizio c’è invece per quello che riguarda il caso dei documenti secretati ritrovati negli scatoloni dei bagni della residenza dell’ex presidente in Florida, a Mar-a-Lago.
Le parti si dovrebbero ritrovare davanti alla giudice distrettuale della Florida, Aileen Cannon, nominata dallo stesso Trump quando era presidente, il prossimo 8 luglio. Ma la difesa ha chiesto ovviamente di andare quantomeno al 12 agosto. Un modo per cercare di congelare tutto, come negli altri procedimenti. E non sembra che la situazione possa cambiare.
Le spese legali
In tutto questo però per Trump il problema principale restano i soldi per le spese legali. Una stima del New York Times ha stabilito che l’ex presidente dovrebbe avere un patrimonio personale di denaro e altri beni liquidi di circa 350 milioni di dollari.
Una cifra assai striminzita per condurre una campagna elettorale e organizzare comizi nei vari stati, che hanno un costo di circa 500mila dollari l’uno. Vero è che, come ha detto Trump appena uscito dall’aula di Manhattan, «questa persecuzione mi rafforza». Dall’altro, però, gli impedisce di spendersi per conquistare i voti nei singoli stati in bilico, a cui Joe Biden comincia a guardare con maggior speranza.
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