- L’indagine è in corso, manca ancora qualche pezzo, dice la procura di Roma. Un anno fa, veniva data praticamente per fatta. Gli anni passano e i misteri non diminuiscono, anzi. Il 15 luglio 2020 Mario Paciolla, il 33enne napoletano che si trovava in Colombia come operatore delle Nazioni unite in missione di pace, è stato trovato morto.
- L’Onu ha subito derubricato il caso come suicidio, l’apparenza era quella di un corpo impiccato. Ma c’erano anche i tagli, tanto sangue, e soprattutto: quanto contano le apparenze quando la scena della morte viene subito ripulita? Ad aver coordinato l’operazione candeggina è stato l’allora responsabile sicurezza della missione Onu, Christian Leonardo Thompson. Dopo la morte di Mario, la sua carriera è progredita. Quanto è davvero trasparente il palazzo di vetro delle Nazioni unite?
- «Non crediamo alla tesi del suicidio», ribadisce il papà di Mario. La storia, le incongruenze, il punto sulle indagini e sui misteri del caso Paciolla.
L’indagine è in corso, manca ancora qualche pezzo, dice la procura di Roma. Un anno fa, veniva data praticamente per fatta. Gli anni passano e i misteri non diminuiscono, anzi. Il 15 luglio 2020 Mario Paciolla, il 33enne napoletano che si trovava in Colombia come operatore delle Nazioni unite in missione di pace, è stato trovato morto nel suo appartamento a San Vicente del Caguan. L’Onu ha subito derubricato il caso come suicidio, l’apparenza era quella di un corpo impiccato. Ma c’erano anche i tagli, tanto sangue, e soprattutto: quanto contano le apparenze quando la scena della morte viene subito ripulita? Ad aver coordinato l’operazione candeggina è stato l’allora responsabile sicurezza della missione Onu, Christian Leonardo Thompson. Dopo la morte di Mario, la sua carriera è progredita. Quanto è davvero trasparente il palazzo di vetro delle Nazioni unite?
Paura e dubbi sulla morte
«Non crediamo alla tesi del suicidio, perché Mario era un amante della vita», racconta Giuseppe Paciolla. «Ma la cosa più importante è che mio figlio aveva un biglietto in tasca di ritorno in Italia per il giorno 20 da Bogotà. Il volo era un volo umanitario vista la pandemia e solo l'Onu poteva preparargli i documenti per la partenza». Il corpo di Mario viene trovato senza vita poco prima del rientro a casa dal papà Pino e dalla famiglia, e in Italia voleva tornare per paura. Prima di morire, aveva riferito ai genitori di essersi scontrato coi capi missione. «Mi vogliono fregare, mi sono ficcato in un guaio». Da qui il volo prenotato, il desiderio di Napoli. Ma la morte arriva prima. Dall’ultima comunicazione coi suoi cari su WhatsApp, con le spunte blu, al silenzio, passa solo una manciata di ore: sono le ore del mistero da chiarire.
Uno degli ultimi contatti telefonici prima della morte, alle 22, è proprio il responsabile sicurezza della missione, Christian Thompson; di cui Mario non si fidava più, stando alle ricostruzioni. «Abbiamo la certezza che nella squadra di Mario all’Onu ci siano persone che sanno la verità, e assistiamo a comportamenti omertosi», aveva detto a Domani quest’autunno la mamma di Mario.
Il ruolo delle Nazioni unite
Quando la morte di Mario ormai è diventata un caso, è stata aperta anche un’indagine interna all’Onu. Che fine ha fatto? Lo abbiamo chiesto al portavoce di António Guterres. Che prende tempo e intanto dichiara: «Il segretario generale, e l’Onu, hanno cooperato con le autorità competenti in Italia e Colombia per assicurarsi che possano determinare cosa è avvenuto con la morte di Paciolla». Il giorno del ritrovamento del cadavere, l’Onu telefona alla famiglia, parla di suicidio e così registra il caso. Chiede ai signori Paciolla l’autorizzazione per l’autopsia, dice che vi prenderà parte Jaime Hernan Pedraza; ai familiari viene riferito che è un medico legale autorizzato, invece è il capo del dipartimento medico della missione Onu. Il 29 luglio 2020 la Farnesina dice a Domani che «all’esame ha partecipato un medico di fiducia della missione».
In autunno filtra il documento delle autorità colombiane; «la morte è compatibile con il suicidio», soffocamento. Ma l’attendibilità dell’esame è controversa. Il 24 luglio 2020, quando il corpo rientra in Italia, la procura di Roma dispone un’altra autopsia. Se ne occupa Vittorio Fineschi, medico legale che ha seguito il caso di Stefano Cucchi. Gli esiti sono dentro l’indagine non ancora chiusa.
L’indagine e le tracce
È passato almeno un anno dall’ultima volta che la procuratrice Lucia Lotti è andata in Colombia. Sono state fatte sette rogatorie, era necessario collaborare con le autorità colombiane. «Abbiamo fatto di tutto e di più», assicura Lotti. Eppure un anno fa la chiusura dell’indagine sembrava imminente. Materiale acquisito, vagliato, un lavoro enorme, dice la procura. Ma è tutto legato anche alla Colombia, e all’Onu. Dopo la morte di Mario, la sua casa viene ripulita da Thompson; a chi lo incrocia, dice che è perché lì ci sono informazioni importanti. La procura colombiana ha dovuto aprire un’indagine sul repulisti, e nonostante ciò, Thompson un anno dopo è promosso a capo nazionale del Centro operazioni di sicurezza Onu, ruolo dal quale ha ancor più margine di azione. Come spiega la giornalista e amica di Paciolla, Claudia Julieta Duque, da lì Thompson «riceve i report di tutte le missioni e registra gli incidenti di sicurezza che possono verificarsi», e diventa anche la figura che riferisce al procuratore «i viaggi e i report svolti da Mario» in relazione alla vicenda del bombardamento. Nell’autunno 2019 l’allora ministro della Difesa si dimette dopo che un senatore mostra le prove di un bombardamento che colpisce anche bambini. Dalla ricostruzione di Duque, Paciolla avrebbe lavorato ai report che lo documentavano, e «per decisione di Raul Rosende, direttore della missione in cui era impegnato Mario, alcune sezioni del report sono finite nelle mani del senatore».
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