Dopo una lunga parentesi di Roosevelt, i repubblicani riuscirono a riportare un loro uomo alla presidenza. Grazie al prestigio per la guida del commando generale delle vittoriose forze armate in Europa durante la Seconda guerra mondiale, il generale vinse le elezioni del 1952. Un cambio di paradigma e di approccio rispetto alla lunga fase rooseveltiana
Nel pieno della furia inquisitoria condotta dal senatore McCarthy e della sua furia anticomunista da caccia alle streghe, i repubblicani riuscirono a riportare un loro uomo alla presidenza dopo la lunga parentesi di FDR e alla egemonia democratica che in realtà continuò fino al 1968.
Grazie al prestigio derivante dalla guida del commando generale delle vittoriose forze armate in Europa durante la Seconda guerra mondiale, il generale Dwight Eisenhower vinse le elezioni presidenziali del 1952 – dopo avere ottenuto la nomination sconfiggendo il candidato ufficiale del partito – contro una sciapa candidatura di Adlai Stevenson che davvero non impensierì i repubblicani che prevalsero in voti popolari (55 per cento) e in 39 stati su 48; repubblicani che già dal 1946 avevano riconquistato il Congresso.
Quella del 1952 fu la prima elezione dal 1928 senza un presidente uscente quale candidato. Con lui nello Studio Ovale Eisenhower portò il grande business, incluso l’ex presidente della General Motors, uno per il quale «quello che va bene alla General Motors va bene agli Stati Uniti».
Un cambio di paradigma e di approccio rispetto alla lunga fase rooseveltiana che però Ike tentò di mitigare con dei cambiamenti che non fossero radicali, evitando rotture, anche se nei fatti il mutamento di direzione politica, economica e sociale fu evidente. Il suo “conservatorismo dinamico” permise di procedere con modifiche al welfare, ad esempio, ma senza cedere alle sirene dei falchi repubblicani e della retorica della lotta contro la dittatura dell’esecutivo.
Eisenhower da repubblicano non tradizionale puntò a una presidenza personale, senza un grande legame con il partito, anche grazie alla cospicua dote di carisma personale derivante dal suo ruolo precedente l’ingresso in politica. La presidenza di Ike – nomignolo attribuito dal padre e divenuto comune – coincise con la crescita dei salari per la classe media, il balzo tecnologico e la società di consumi di massa; anche grazie alla sostanziale tenuta degli strumenti di welfare – seppure molto ridotti rispetto al periodo di FDR – gli Usa si proposero quale modello di avanguardia, crescita e sviluppo industriale. Un cabinet ricco di industria: «Otto miliardari e uno stagnino», come riportarono i quotidiani rimarcando la presenza di tanti manager affiancati dal leader del sindacato degli idraulici (sic!).
Conservatorismo dinamico
Nel 1954 una storica sentenza della Corte Suprema aprì un varco nella segregazione razziale ancora imperante, ribaltò una sentenza di sessant’anni prima e provocò una grana di non poco conto ad Eisenhower segnandone il resto della presidenza. Sul piano interno, infatti, la Corte dichiarando incostituzionale la segregazione scolastica palesò le resistenze e le ostilità sociali verso i neri non solo dei repubblicani e dei bianchi del Sud, ma nel complesso di ampie fette di popolazione e apparato burocratico e amministrativo.
Lo stesso Ike che sul piano formale mantenne un coriaceo riserbo sino a non commentare, in privato non mancava di manifestare le sue preoccupazioni, la sua ostilità per le aperture della Corte non tanto e non solo circa le possibili reazioni e quindi tensioni, ma anche sul piano strettamente di classe, come quando confortò gruppi di genitori bianchi concordando con la preoccupazione che «dolci ragazzine bianche» dovessero «sedere a scuola fianco a fianco con i grandi negri ultra cresciuti».
La resistenza, il boicottaggio, e in molti casi la violenta indifferenza di società e amministrazione pubblica nel recepire la storica sentenza federale, che pure era stata preceduta da un profondo lavorio nelle corti statali, indusse il movimento nero e peri diritti civili, con in testa la National Association for the Advancement of Colored People, a scendere in piazza. Il movimento pacifico guidato dal pastore battista Martin Luther King si scontrò con la fermezza e l’ottusa violenza della popolazione bianca e delle autorità soprattutto negli stati del sud.
Un tempo in mano ai democratici, ma che nel 1952 e nel 1956 virarono per metà a destra. Tale violenza della popolazione e della polizia indusse Ike a chiedere alla Guardia nazionale di intervenire, con un caso peculiare, quello della cittadina di Little Rock in Arkansas dove la legittimità del potere federale era stata apertamente sfidata dal governatore.
Era la società americana in molte sue componenti ad essere ancora indietro, come avremmo poi visto nelle decadi successive, tanto che anche una vicenda interna ai democratici rappresentò qualcosa di emblematico sui diritti civili. Il marito della deputata Coya Knutson scrisse una lettera aperta dall’evocativo e significativo titolo “Coya torna a casa” cui lo sfidante repubblicano contrappose un ancora più sanguigno e maschilista “un grosso uomo per un lavoro da uomini”.
Ike non era poi così retrogrado rispetto ai suoi coevi. Perseguendo il progetto di conquistare la classe media rimase in una posizione di centrale, senza recidere i progressi del New Deal, ma anche ricercando, e ottenendo l’avanzo di bilancio (che riuscirà successivamente solo a Bill Clinton); nella acuta fase di tensioni sociali e con lo spirito di rilancio economico proferì una frase dalla duplice interpretazione: «In questo paese non di deve essere una seconda classe di cittadini».
Deterrenza nucleare
In politica estera Eisenhower si distinse per l’ottenimento di una tregua in Corea (del Sud) nel 1953 e tentò di gestire in forma il più distesa possibile le crescenti tensioni della Guerra Fredda. In realtà, Ike fu votato a un pragmatica realismo con cui prendeva atto della divisione del mondo in sfere di influenza, con l’emblematica assenza degli Stati Uniti nella crisi di Ungheria del 1956 che rimase un fatto sostanzialmente a gestione interna al Patto di Varsavia.
I rapporti con l’Unione sovietica mutarono dopo la morte di Stalin nel 1953 la guerra tra mondo libero e mondo comunista aveva toni accesi nella propaganda, ma pragmatici nella pratica anche perché il polo liberale era pieno di dittature, come in Portogallo, Spagna, Repubblica dominicana, Corea … nella contesa con la Russia si inserì anche un evento di natura tecnologica che però minò la popolarità di Ike proprio nello stesso anno dei fatti di Little Rock.
I sovietici lanciarono nello spazio il primo satellite, il celebre Sputnik che gettò nello sconforto e nella paura milioni di americani, impauriti dal potenziale utilizzo bellico della nuova supremazia tecnica, e indusse gli americani a fondare la Nasa.
Eisenhower scese bruscamente nella popolarità che pure era stata sopra al 50 per cento di valutazioni positive durante il primo mandato. Il secondo mandato Ike lo aveva ottenuto nel 1956, nonostante un infarto l’anno prima, sconfiggendo per la seconda volta lo stesso sfidante e affiancato dall’uscente vicepresidente Richard Nixon.
Eisenhower puntò alla «deterrenza della rappresaglia massiccia», ossia all’evocazione della bomba nucleare quale strumento di negoziato e negoziazione con recalcitranti interlocutori, tranne che, ovviamente, nei confronti della Russia con cui tentò di celebrare un equilibrismo di forza, ma negoziando da una posizione di forza. In linea con l’attivismo roosveltiano, Ike accentò le prerogative presidenziali in politica estera creando un liason office e consolidò il ruolo del National Security Council rispetto al Dipartimento di Stato.
In particolare, Eisenhower impresse una cospicua spinta alla vecchia pratica del rifiuto presidenziale nel fornire informazioni al Congresso in nome della sicurezza e segretezza nazionale. Il cosiddetto “privilegio esecutivo” con cui i presidenti poterono occultare molte informazioni, soprattutto durante la Guerra Fredda. Tutti tentativi di rafforzare la presidenza personale in linea con la campagna elettorale centrata su sé stesso che quel formidabile slogan – I like Ike – aveva rappresentato anche perché non i grado di costituire sotto la propria egida un partito che ne e-seguisse le volontà legislative.
L’industria militare
Lui che era stato a capo delle forze alleate in nord Africa nel 1942, che aveva guidato il commando supremo delle truppe sbarcate in Normandia nel D-Day nel 1944, e che aveva assunto il comando della Nato nel 151, ebbe a pronunciare un discorso divenuto celebre quanto inattuato. Poco prima di lasciare la presidenza nel 1961, dalla sua tenuta agricola vicina alla celebre lincolniana, sollecitò l’opinione pubblica e la politica circa la necessità di mantenere un adeguato livello di forza militare.
Ma, al contempo, ammonì sul rischio che le vaste e prolungate spese militari avrebbero potuto comportare potenziali pericoli per il nostro modo di vivere. Il complesso militare-industriale evitando che questo potere acquisisca influenze che non diano garanzie, sia palesi che occulte, esercitate ché il potenziale per l’ascesa disastrosa di poteri che scavalcano la loro sede e le loro prerogative esiste ora e persisterà in futuro.
Con una chiosa ragguardevole: «Soltanto un popolo di cittadini all'erta e consapevole può esercitare un adeguato compromesso tra l'enorme macchina industriale e militare di difesa ed i nostri metodi pacifici ed obiettivi a lungo termine in modo che sia la sicurezza che la libertà possano prosperare assieme…». We like Ike.
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