William Lai è il nuovo presidente di Taiwan. Il leader del Partito progressista democratico (Ppd), come da previsioni, ha avuto la meglio con poco più del 40 per cento dei voti, non ha la maggioranza dei 113 seggi allo Yuan. Ad avere un ruolo cruciale sarà il Taiwan People’s Party
William Lai è il nuovo presidente di Taiwan. Il leader del Partito progressista democratico (Ppd) alla fine, come da previsioni, ha avuto la meglio con poco più del 40 per cento dei voti.
Il candidato del Kuomintang (Kmt), Hou Yu-ih, intorno alle 20 ora locale, ha ammesso la sconfitta e si è complimentato con Lai dallo stesso luogo in cui la sera prima, a Nuova Taipei, aveva tenuto l’ultimo raduno.
Nel discorso per la vittoria appena ottenuta, Lai ha ringraziato il popolo di Taiwan «per aver scritto un nuovo capitolo democratico». Ha ringraziato i due sfidanti per aver rispettato lo spirito democratico e sottolineato come ancora una volta Taiwan abbia resistito alle interferenze esterne. «Abbiamo eletto il nostro presidente», ha dichiarato.
Lai ha poi aggiunto che ha la responsabilità di «mantenere la pace e la stabilità nello Stretto» e che Taiwan continuerà a «camminare fianco a fianco con le democrazie del resto del mondo».
I cittadini della Repubblica di Cina hanno quindi scelto la continuità con l’operato della presidente Tsai Ing-wen – che a maggio terminerà il secondo mandato dopo otto anni di presidenza – eleggendo il suo vice e respingendo qualsiasi tipo di pressione da parte di Pechino che, dal 2016, ha interrotto i rapporti diplomatici con Taiwan.
Il confronto con il 2020
La vittoria di Lai, però, non può vantare gli stessi numeri del 2020. Le elezioni sono state sia presidenziali sia legislative e il Ppd, questa volta, non ha la maggioranza dei 113 seggi allo Yuan, il parlamento monocamerale di Taiwan.
Ad avere un ruolo cruciale sarà il Taiwan People’s Party – il partito fondato nel 2019 dal medico ed ex sindaco di Taipei, Ko Wen-je – che, con il 26 per cento di voti ha sfaldato, per la prima volta nella storia democratica dell’isola, il sistema bipartitico di Dpp e Kmt.
Non è ancora chiaro come vorrà muoversi Ko con la sua determinante quota di seggi. Tra le possibilità che lui stesso ha paventato durante la conferenza stampa nel giorno precedente al voto, c’è quella di dare il sostegno a seconda delle riforme da votare, ma per Lai le cose si complicherebbero notevolmente se Kmt e Tpp riuscissero a coalizzarsi contro il Partito progressista democratico. C’è da dire che il precedente tentativo, quello di correre insieme alle elezioni, era naufragato miseramente a un mese dal voto.
La sida di Lai
In ogni caso, la mancata maggioranza del Ppd alle elezioni legislative dice una cosa sul voto: i cittadini taiwanesi ancora una volta hanno fatto una scelta identitaria reclamando la propria sovranità e la propria distanza da Pechino, ma Lai dovrà provare a dare maggiori risposte rispetto alle questioni che hanno portato molti elettori tra i 20 e 39 anni a votare per il populista Ko Wen-je.
Ko si è presentato come l’alternativa al “blu” e al “verde” dei partiti tradizionali (i colori identificativi di Kmt e Ppd) e come leader capace di mantenere le promesse – non a caso è anche il suo slogan – conquistando i voti di oltre 3,5 milioni di persone che vogliono un cambiamento.
Chi era in piazza venerdì sera per manifestare il proprio supporto al Tpp davanti al palazzo presidenziale, lo definisce «un uomo che parla chiaro», un politico «onesto» che vuole fare l’interesse dei cittadini. Oltre alle bandiere, il gadget più indossato era un cerchietto con due foglioline in testa a rappresentare il germoglio che, insieme, diventa prato.
Il commento cinese
Nel frattempo, è arrivato un primo commento sulle elezioni da parte della Cina attraverso il portavoce dell’Ufficio per gli Affari di Taiwan, Chen Binhua, che ha fatto sapere come i risultati che hanno dato la vittoria al Partito progressista democratico «non riflettano la pubblica opinione dell’isola».
«Le elezioni non altereranno le aspirazioni comuni dei compatrioti al di là dello Stretto di Taiwan di stringere legami più stretti e non ostacolare l’inevitabile tendenza alla riunificazione con la Cina», si legge sull’agenzia di stampa Xinhua.
Il portavoce fa poi riferimento al «principio di un’unica Cina» e dichiara che Pechino si opporrà alle spinte separatiste che mirano all’indipendenza di Taiwan.
Per Taiwan, però, lo status quo è fuori discussione e non solo per chi alle urne ha votato Lai. Anche Kmt e Tpp, che propongono di avere un dialogo con la Cina, sostengono che non è percorribile alcun tipo di «unificazione».
La conferma per la terza volta al Ppd dimostra che le intimidazioni e la retorica di Pechino, che sono aumentate soprattutto dal 2019 a oggi, rafforzano nei cittadini taiwanesi la necessità di rimarcare la propria distanza da chi, dall’altra parte dello Stretto, reclama la propria sovranità su un territorio che di fatto è autonomo.
Zhongguo, Taiwan, yi bian yi guo. «Cina, Taiwan, per ogni sponda un paese», grida in coro chi vuole affermare la propria identità taiwanese mentre Lai viene eletto nuovo presidente di Taiwan.
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