«Sono stata tutto il giorno ai seggi, dove ho incontrato centinaia di venezuelani che cercavano un cambiamento per loro stessi e le loro famiglie. Poi, alla chiusura delle votazioni, l'atmosfera si è fatta più tesa». Manuela, venezuelana di Caracas, ha lavorato come testimone in un seggio della sua città per supervisionare le elezioni che erano da molti considerate decisive per imprimere una svolta al paese.

Dopo 14 anni di governo di Hugo Chavez e 11 del suo erede diretto Nicolás Maduro, le elezioni del 28 luglio erano state anticipate da vari sondaggi che attribuivano una vittoria certa al candidato dell’opposizione, l’ex ambasciatore 74enne Edmundo Gonzalez, su cui partiti di diverso colore politico erano confluiti quando alla leader María Corina Machado era stata impedito di candidarsi.

Al termine delle votazioni, però, il Consiglio elettorale nazionale ha annunciato la vittoria del presidente uscente con il 51 per cento dei voti, contro il 44 per cento di Edmundo González. Il risultato, immediatamente contestato dai partiti di opposizione e accolto con scetticismo dalla comunità internazionale, ha sorpreso anche diversi cittadini che in quelle ore stavano presidiando i seggi come testimoni o osservatori civici.

«Durante lo spoglio abbiamo iniziato a notare piccole irregolarità e rallentamenti, e nel frattempo dall’esterno arrivavano notizie che dicevano che il governo era pronto a dichiarare la sua vittoria», prosegue Manuela.

CODE AI SEGGI

La giornata nella capitale era iniziata con serenità. «Ieri mattina ho fatto un giro in macchina con le mie amiche per vedere la situazione nelle diverse zone, sia quelle più chaviste sia quelle tradizionalmente più di opposizione, e la verità è che tutto era molto tranquillo, a parte le lunghe code che si stavano formando fuori dai seggi», racconta Magda. «A me è andata bene, perché ho impiegato un’ora per votare, ma mio padre ha passato cinque ore al seggio», continua.

Secondo i racconti dei presenti, i rallentamenti erano dovuti principalmente ai ritardi nelle procedure di voto da parte dei componenti dei seggi elettorali. «Sono rimasta in piedi per più di tre ore esattamente nello stesso punto, perché i membri del seggio hanno rallentato il procedimento di proposito, e questo ovviamente ha fatto sentire le persone frustrate e a disagio», spiega Maria. «Ciò nonostante, le persone restavano in fila e c’è stata una grande partecipazione».

In altre zone del Paese ai rallentamenti si sono aggiunte alcune tensioni tra gli elettori e le forze dell’ordine, che stando ad alcuni video diffusi sui social media hanno complicato l’accesso ai seggi. Al termine della giornata l’affluenza comunicata dalle autorità nazionali ha comunque raggiunto il 59%, in aumento di 13 punti rispetto al 2018.

IL VOTO ALL’ESTERO

Il dato più basso nella partecipazione ha riguardato i cittadini venezuelani all’estero, che in gran parte non sono riusciti a registrarsi come elettori nei tempi previsti. «Non sono riuscita a votare, il mio seggio elettorale era tutt'oggi in Venezuela», spiega Adriana, che vive in Spagna da sette anni. «Per registrarmi mi è stato chiesto un passaporto venezuelano valido, che costa circa 200 euro e impiega vari mesi per arrivare, mentre la finestra di tempo per cambiare il seggio elettorale era molto più stretta».

Il procedimento di iscrizione è stato complesso anche per chi è riuscito a votare dall’estero come David, residente in Francia da sette anni. «Quando mi sono registrato nel sistema sembrava tutto regolare, ma poi con una mail mi hanno chiesto di andare al consolato per risolvere un’anomalia. In realtà mi chiedevano documenti che avevo già fornito. Tutto sembrava risolto, finché non ho visto che risultavo ancora iscritto in Venezuela, e non in Francia. Vedendo che stava succedendo ad altri ho deciso di inviare di nuovo tutti i documenti all’organo elettorale, solo così sono riuscito a votare a Parigi».

OSSERVATORI CIVICI

Al termine delle votazioni, i leader dell’opposizione hanno invitato i cittadini a partecipare come osservatori al conteggio del voto, un diritto che in Venezuela è riconosciuto a tutti gli elettori. «Nel mio centro c'erano più di cento persone che volevano entrare», racconta Maria. «Ne hanno lasciate entrare solo quattro, anche se non c'era una base legale per questo limite, mentre fuori dal seggio alcuni motociclisti con il volto coperto hanno iniziato a riprendere le persone e intimidirle. In quel momento eravamo determinati a restare, ma allo stesso tempo si percepivano la frustrazione, l'ansia e la tensione nel vedere che venivano commesse irregolarità senza alcun rispetto per la legge».

La situazione non era molto diversa negli altri seggi della capitale. «Per essere un centro relativamente piccolo c'era un bel po' di gente fuori. Su 40 persone ne hanno fatte entrare dieci, tra cui me, e all’interno ci siamo resi conto che c'erano problemi con la trasmissione dei risultati», spiega Magda. Nel suo seggio, tradizionalmente vicino all’opposizione, Gonzalez ha raggiunto il 90 per cento delle preferenze, contro il 7 per cento di Maduro. «Ma i miei amici che sono stati testimoni in seggi tradizionalmente chavisti hanno visto che Maduro non è riuscito a vincere nemmeno lì».

Come risposta alla diffusione dei risultati ufficiali, i rappresentanti dei partiti dell’opposizione e alcuni osservatori civici hanno iniziato a pubblicare sui social media i verbali di voto di diversi seggi, nessuno dei quali riportava una vittoria del presidente uscente. «Maria Corina ha chiesto di non ricorrere alla violenza», prosegue Magda, «ma di aspettare che finisca la raccolta dei verbali per chiedere un riconteggio trasparente di fronte alla comunità internazionale».

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