- A Diyarbakir, nel sud-est del paese, il successo dell’opposizione e della coalizione del partito curdo Hdp e della Sinistra verde è dato per scontato. La città è tappezzata di manifesti dello Yesil sol, mentre quelli del presidente uscente sono per lo più strappati.
- Il controllo del governo centrale però continua a farsi sentire. Le forze dell’ordine hanno blindato il comizio finale della coalizione filo-curda a cui hanno preso parte migliaia di persone scese in piazza per dire basta all’era Erdogan.
- I pronostici dei sondaggi però continuano ad essere incerti. Secondo alcuni istituti l’opposizione potrebbe raggiungere il 51 percento al primo turno, mentre altri danno per scontato il ballottaggio.
L’ulivo viola e verde simbolo dell’opposizione filo-curda è onnipresente a Diyarbakir, capitale del Kurdistan turco. Piccole bandiere dallo sfondo bianco, viola, verde, rosso o giallo si alternano lungo i fili tirati da un palazzo all’altro del centro, mentre nelle vie più periferiche enormi cartelloni elettorali invitano i cittadini a votare per l’unico partito che qui sembra davvero contare e che ha chiuso la campagna elettorale con un comizio pubblico tanto partecipato quanto blindato.
Massima sicurezza
Via Elagiz, una delle strade principali di Diyarbakir, è stata chiusa al traffico ore prima dell’inizio del comizio finale dello Yeşil Sol e per accedere alla piazza dove si trova il palco è necessario superare tre diversi controlli di sicurezza, lasciandosi dietro tutto quello che è ritenuto pericoloso, penne biro comprese, e passando per un’ispezione finale più o meno casuale dei documenti di identità. Tra un controllo e l’altro, la polizia ha anche fotografato il tesserino di una giornalista italiana presente a Diyarbakir per coprire le elezioni, mentre ha cancellato le foto dal cellulare del parlamentare di Sinistra italiana, Marco Grimaldi, parte di una missione di osservatori internazionali arrivati da tutta Europa.
Anche le strade laterali di via Elagiz sono state prontamente chiuse da cordoni di polizia, in alcuni casi in tenuta antisommossa, e da enormi veicoli blindati posizionati strategicamente agli incroci, mentre le corsie delle macchine sono state separate dal marciapiede da barriere di ferro alte circa due metri. Un controllo poliziesco così serrato però ha lasciato quasi del tutto indifferente chi da decenni è abituato a vivere sotto il pugno duro del governo centrale.
Nella parte iniziale di via Elagiz, tra un gruppo e l’altro di poliziotti, i bar sono rimasti ugualmente aperti per servire quei clienti che con grande noncuranza hanno deciso di incontrarsi per bere un cay o giocare a backgammon a pochi passi dal comizio, godendosi il sole di una calda giornata di metà maggio.
A guidare le migliaia di manifestanti fin sotto al palco dello Yeşil Sol, però, più che l’indifferenza è stato un senso di sfida e di rivincita percepito come ormai imminente. Famiglie con bambini, gruppi di ragazzi e ragazze e persone più anziane hanno attraverso la via senza scomporsi di fronte alle camionette o alle richieste di svuotare tasche e borse, mentre da lontano arrivava la voce di Başak Demirtaş, moglie dell’ex leader dell’Hdp Selahattin Demirtaş in carcere dal 2016.
Tra un intervento e l’altro risuonavano brani di musica curda, molto spesso censurata nel resto del paese ma impossibile da mettere a tacere nel comizio conclusivo dello Yeşil Sol a Diyarbakir. Ogni tanto, in un raro momento di silenzio, si riusciva a sentire il rumore degli elicotteri che sorvolavano il palco o i clacson che risuonavano dal fondo della via in segno di sostegno.
I sondaggi
Nella capitale curda d’altronde la vittoria dell’opposizione, riunitasi nel cosiddetto Tavolo dei sei e guidata dal leader del partito repubblicano Chp, Kemal Kılıçdaroğlu, è data largamente per scontata. Secondo i sondaggi la coalizione dovrebbe superare il 70 percento delle preferenze nella provincia, mentre l’alleanza che sostiene il presidente Recep Tayyip Erdogan sarebbe ferma intorno al 20 percento.
L’appoggio dei curdi si è rivelato fondamentale per il successo di Kılıçdaroğlu, che potrebbe addirittura aggiudicarsi la vittoria alle elezioni presidenziali già al primo turno.
Il leader dell’opposizione è dato al 51 percento da alcuni importanti istituti di ricerca del paese, mentre Erdogan ha perso parte dei suoi consensi scendendo al 46 percento. L’ipotesi del ballottaggio però resta ancora sul tavolo: non tutti i sondaggi sono concordi sul successo di Kılıçdaroğlu e pesa l’alto numero di indecisi, soprattutto tra i più giovani.
Di certo il presidente uscente non è una figura politica gradita ai cittadini di Diyarbakir.
I manifesti elettorali con il profilo di Erdogan e lo slogan “L’uomo giusto al momento giusto” affissi per la città sono stati in larga parte stracciati, mentre in altri casi il simbolo della sua alleanza è stato ricoperto con un adesivo dello Yeşil Sol.
Da Diyarbakir, la sconfitta elettorale di un presidente autoritario e che ha basato il suo successo sulla repressione anche violenta della minoranza curda è più una certezza che una semplice possibilità, ma l’alba del Partito della sinistra verde potrebbe ancora tardare ad arrivare.
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