- Ankara si pone come “ponte tra est e ovest”, un mediatore che non adotta le sanzioni occidentali contro la Russia e che invece usa il sistema di pagamento internazionale russo Mir, riducendo così gli effetti delle sanzioni stesse.
- Erdogan non vuole arrivare alle urne, in programma a giugno 2023, dopo un inverno al freddo o con il portafoglio svuotato dalle bollette.
- Importanti i circa otto miliardi di dollari ottenuti in prestito dalla Russia per dare ossigeno alle esigue casse della banca centrale costretta a ridurre i tassi con l’inflazione rampante, mentre ben avviati sembrano i colloqui per un fondo di venti miliardi di petrodollari sauditi.
Con Recep Tayyip Erdogan mai dire mai. Il presidente turco, leader dalle molte vite sul Bosforo dove è passato da ospite delle carceri quando minacciava la laicità dello stato ai tempi dei militari, a premier e poi presidente di quello stesso stato, sta giocando tutte le carte per vincere ancora una volta a giugno le prossime elezioni grazie all’aiuto dell’“amico” Vladimir Putin, con cui ieri ha avuto un incontro bilaterale, nell’ambito del vertice dell’Organizzazione della cooperazione di Shanghai (Sco), in corso dal 15 settembre a Samarcanda in Uzbekistan.
Il compromesso
Lo scambio tra i due è semplice: Ankara si pone come “ponte tra est e ovest”, un mediatore che non adotta le sanzioni occidentali contro la Russia e usa il sistema di pagamento internazionale russo Mir, riducendo così gli effetti delle sanzioni stesse.
Mosca, in cambio presta otto miliardi di dollari alla Banca centrale e potrebbe fare uno sconto all’import di gas russo, che è pari al 40 per cento del fabbisogno interno turco.
Sconto essenziale per il ministero dell’Economia, deciso a sostenere gran parte delle spese e alleggerire così le bollette, una strategia che nel 2022 è costata undici miliardi di dollari, una delle principali voci di spesa sul bilancio di Ankara. Insomma un aiuto, legale e alla luce del sole, alla campagna elettorale dell’Akp, il partito di governo di Erdogan.
«Ci stiamo impegnando per mettere fine al conflitto in Ucraina attraverso i canali diplomatici il prima possibile», ha dichiarato il presidente turco prima dell’incontro con Putin intervenendo per la prima volta a un vertice della Sco dove, come “ospite speciale”, ha avuto un ruolo di primo piano nella cena finale dove mancava polemicamente solo il presidente Xi Jinping per motivi ufficialmente anti Covid.
La carta dell’energia
Il presidente turco ha garantito ai suoi 75 milioni di cittadini che il paese «non avrà problemi quest’inverno» e ha espresso la speranza che «gli eventi evolvano positivamente», in riferimento allo sconto chiesto a Putin.
Erdogan non vuole arrivare alle urne a giugno prossimo dopo un inverno al freddo o con il portafoglio svuotato dalle bollette. La Turchia non ha applicato le sanzioni economiche nei confronti di Mosca e i due leader si sono già accordati per un sistema di pagamento in rubli.
Le maggiori banche turche, come sottolinea il Financial Times, usano il sistema di pagamenti internazionali russi Mir, di fatto riducendo l’impatto delle sanzioni occidentali. Due punti che hanno permesso a Erdogan di mantenere buoni rapporti con Putin e raddoppiare l’import di petrolio russo, passato dai 98mila barili al giorno nel 2021 ai 200mila di quest’anno. Insomma Ankara è sulle orme di Pechino e Nuova Delhi come nuovo cliente “premium” di Mosca.
Ankara al momento importa gas anche da Iran e Azerbaigian (le cui forniture sono destinate ad aumentare). Ankara, non a caso, appoggia militarmente l’Azerbaigian con la fornitura di droni, nella rinnovata disputa sul terreno con l’Armenia, la cui tregua dovrebbe essere garantita proprio dai russi che però oggi sono indeboliti dai rovesci subìti in Ucraina.
Inoltre, la recente normalizzazione con Israele garantirà in futuro gas dei ricchi giacimenti dello stato ebraico, mentre per le riserve turche, scoperte nel mar Nero, lo sfruttamento è pronto a partire dai primi mesi del 2023. In tempo per il voto.
La scommessa economica
L’inflazione nel paese sul Bosforo ad agosto ha toccato l’80 per cento e la lira turca ha solo rallentato la svalutazione rispetto al dollaro (-27 per cento nel 2022), stabilizzandosi durante l’estate come è consuetudine grazie agli introiti del turismo.
Nonostante i sondaggi che fino a poco tempo fa lo davano in svantaggio contro candidati ancora da definire, Erdogan non molla. Il suo partito, Akp, è in netta ripresa, anche a causa delle divisioni dell’opposizione.
Importanti i circa otto miliardi di dollari ottenuti in prestito dalla Russia per dare ossigeno alle esigue casse della Banca centrale costretta a ridurre i tassi con l’inflazione rampante, mentre ben avviati sembrano i colloqui per un fondo di venti miliardi di petrodollari sauditi.
Voci informali parlano di un ennesimo cambio al ministero delle Finanze con l’arrivo di Mehmet Şimşek, molto apprezzato dai mercati, di umili origini ed ex banchiere presso Ubs a Wall Street e Merrill Lynch a Londra.
L’economia turca è cresciuta del 7,6 per cento nella seconda metà dell’anno. Se continua così Erdogan sarà rieletto. Il governo del presidente turco, infatti, continua a rivedere al rialzo il salario minimo e aumentare l’intervento statale per migliorare lo stato sociale scaricando i costi sull’erario.
Non solo. Il governo ha azzerato gli interessi sui prestiti per gli studenti, stanziato incentivi per l’acquisto della prima casa, abbassato gli interessi sui crediti bancari per le piccole e medie imprese.
L’Akp del presidente turco è già in piena campagna elettorale mentre l’opposizione sembra tristemente impantanata in colloqui per la scelta di un candidato che ancora non c'è. Ma il presidente turco ha un asso nella manica: si giocherà tutte le carte a disposizione puntando sull’amico russo: Putin.
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