Missili ucraini hanno colpito il ponte che collega la Crimea alla Russia, snodo logistico cruciale per Mosca: una campata della struttura è crollata, ci sono almeno due vittime. L’attacco nel giorno in cui il Cremlino annuncia il mancato rinnovo dell’accordo sul grano
Lunedì mattina media ucraini e russi hanno dato notizia di esplosioni avvenute sul ponte di Kerch, in Crimea. Secondo l’agenzia Rbc Ukraine e il canale filorusso Grey Zone, le deflagrazioni sono avvenute alle 3.04 e alle 3.20: due persone a bordo di un’auto sono morte per il crollo di una campata della struttura, «nell’area del 145esimo supporto dalla regione di Krasnodar».
Il servizio di sicurezza ucraino ha rivendicato la paternità dell’attacco, definita «un’operazione speciale della Sbu e delle forze navali ucraine». Il leader regionale Sergey Aksyonov, sul suo canale Telegram, ha invitato residenti e turisti a utilizzare un percorso alternativo. L’agenzia Tass riporta che Igor Mikhailichenko, vicepresidente del Consiglio dei ministri della Repubblica di Crimea (non riconosciuta internazionalmente), è partito per il luogo dell’incidente.
L’accordo sul grano
Le esplosioni in Crimea avvengono nel giorno in cui è prevista la scadenza dell’accordo sul grano tra Russia e Ucraina, che consentiva a Kiev di esportare il proprio grano in sicurezza attraverso il Mar Nero. «L’accordo è stato interrotto» ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, secondo cui Mosca «tornerà all’intesa non appena saranno rispettati i patti da lei richiesti».
I due paesi dovrebbero rinnovare l’accordo, ma il Cremlino ha più volte minacciato di porvi fine, con il rischio di innescare una crisi alimentare a livello globale. Tra gli intermediari per il rinnovo ci sono l’Unione europea e la Turchia di Recep Erdogan, che per agosto ha annunciato una visita di Putin ad Ankara.
«Proseguiamo negli sforzi per estendere l’intesa. La visita programmata del presidente russo Putin in Turchia può essere considerata positiva in questo senso, spero che ci siano risultati positivi», ha detto il vicepresidente turco Cevdet Yilmaz in un’intervista al canale tv A-Haber.
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