- Con un acronimo che significa anche As soon as possible, la Commissione europea adotta l’Asap, Act in Support of Ammunition Production, Legge per il sostegno alla produzione di munizioni, che consente ai paesi membri di utilizzare allo scopo anche i fondi del Pnrr.
- Indipendentemente dalle conseguenze pratiche, la legge non solo consente di trasformare quella che doveva essere un’economia di cura del pianeta malato in un’economia di guerra, ma tradisce del tutto le ragioni costitutive dell’Unione europea, chiamata a risolvere pacificamente i conflitti prima che diventino guerre.
- Si tratta di un tradimento ideale ed effettivo, ma non perché una difesa comune non sia necessaria a una federazione europea. Al contrario, il trasferimento del monopolio legittimo della forza presupponeva la costituzione di un vero Stato federale, efficace nel promuovere la pace attraverso il diritto. Tragedie seguirono alle due grandi occasioni perdute, nel 1954 e nel 1985. Oggi potrebbe seguirne una ancora più grande.
Oggi, il 9 maggio, è la Giornata dell’Europa. Celebra l’anniversario del 9 maggio 1950, data della dichiarazione Schuman, con cui l’allora ministro degli Esteri francese proclamò l’istituzione della Ceca, la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (i materiali per eccellenza della produzione bellica di allora) come primo passo verso una futura Federazione europea, a garanzia del definitivo ripudio della guerra in Europa.
Un’economia di guerra
Non c’è molto da festeggiare oggi. Anzi, oggi i funzionari di un’idea si trasformano nei suoi carnefici. Asap l’hanno chiamato, As Soon As Possible – questa la strizzatina d’occhio – ma anche Act in Support of Ammunition Production, legge per il sostegno alla produzione di munizioni: questa la sostanza. Vale a dire che i paesi membri potranno usare allo scopo di riarmarsi, ciascuno individualmente, parte dei fondi del Pnrr: ecco la dottrina di Thierry Breton, commissario Ue per il mercato interno e l’industria della difesa.
La Nato chiede a ciascuno stato europeo di investire almeno il 2 per cento del Pil nella produzione di armamenti. E il soldatino Europa risponde. Produrre giorno e notte, arrivare a «un milione di munizioni all’anno per l’Ucraina». Non basta il finanziamento Ue di 500 milioni di euro: quello è solo un ausilio ai paesi membri, perché ci mettano del loro, a partire dai fondi Pnrr.
Neppure un ministero orwelliano sarebbe riuscito in un salto mortale di questa precisione: oggi l’economia di resilienza è trasformata in “economia di guerra”. Transizione ecologica, transizione digitale, sanità pubblica, guarigione della terra e dell’umanità che ci sta sopra: stop. Inversione a U: e non la prima. C’era già il primo pilastro di questa economia di guerra: un miliardo per incoraggiare la fornitura di munizioni reperite nei magazzini militari degli stati membri.
C’era il secondo pilastro, un altro miliardo, e tratto da dove? Elementare: dal Fondo europeo di pace (Epf). Ursula Von der Leyen, con il più istituzionale dei suoi sorrisi, saluta ora il terzo. E il Parlamento europeo dov’è?
Una difesa comune
Questo Asaè grida vendetta al cielo: ma non perché una difesa comune non sia necessaria a una federazione. Al contrario! Ciò che era in gioco all’epoca della dichiarazione Schuman era proprio la Ced, la difesa comune europea. Perché quel 9 maggio 1950 fu una cosa seria. De Gasperi e Adenauer, per non parlare di Schuman, ci credevano, che sarebbe stato il primo passo di una federazione europea: a sua volta preludio di una federazione mondiale, preconizzava Eugenio Colorni nella sua prefazione al Manifesto di Ventotene (1944).
E la carta dell’Onu (1945) sembrava confermare che il tempo era venuto di costruire una civiltà nuova – la civitas maxima di cui aveva parlato anche Hans Kelsen, affermando, ne La pace attraverso il diritto (1944), il primato dell’ordinamento giuridico internazionale sulla sovranità degli Stati nazionali.
Quanto all’Europa, il trasferimento del monopolio legale della forza dagli stati a un governo federale avrebbe segnato un passo enorme in questa cessione di sovranità: impossibile, senza edificare prima le istituzioni di una democrazia sovranazionale, con il suo parlamento, i suoi organi di governo e quelli di garanzia.
E infatti Altiero Spinelli, che non è solo il sognatore, ma il vero designer istituzionale dell’Ue, aveva indirizzato ai ministri europei coinvolti un progetto di costituente. Per questo Jean Monnet, l’ideatore del funzionamento materiale di questa unione, ne cercò la collaborazione: «È così raro – gli disse – incontrare una persona che pensa con chiarezza» (Spinelli, Diario europeo, luglio 1950).
Monnet inaugurò la prima autorità sovranazionale europea nell’agosto 1950. Non tutti sanno che quel memorabile discorso glielo aveva scritto Spinelli. La collaborazione durò fino al 1954, finché ci fu speranza di attuare la Ced, disarmando le nazioni per armare la Federazione. L’embrione di costituente europea che nacque allora avrebbe potuto cambiare il destino del mondo, prima che la Francia, ormai sull’orlo delle rivolte coloniali, affossasse, con la Ced, anche l’ipotesi federalista. Cominciava il mondo dei blocchi e della guerra fredda.
L’occasione perduta
L’ultima pagina del Diario europeo di Spinelli porta un’annotazione amara. «Quando per quarant’anni si è affidata la responsabilità della politica estera all’America, è naturale che sia essa a fare bene o male la politica estera anche per noi (…). Povera Europa!».
È il 21 aprile 1986. Al grande edificatore non restava che un mese di vita. L’anno prima, a Milano, il Consiglio europeo aveva stabilito ufficialmente la ricorrenza della festa dell’Europa, il 9 maggio: proprio nei giorni in cui perdeva la seconda grande occasione di farla nascere, questa federazione degli Stati Uniti d’Europa.
Nel febbraio del 1984, il Parlamento europeo, che dal 1979 era una vera assemblea democraticamente eletta dai cittadini europei, aveva approvato il progetto di Costituzione europea, detto Progetto Spinelli, che traccia l’intera architettura di istituzioni e valori che oggi ritroviamo nel Trattato di Lisbona (2009), inclusa la Carta dei diritti dell’Unione europea.
Era stato il culmine di una vita di battaglie, e il sogno kantiano non era mai stato così prossimo a realizzarsi. E invece proprio al Consiglio di Milano gli interessi nazionali prevalsero ancora una volta, e l’Europa perse di nuovo la sua ora stellare. Arrivò impreparata all’appuntamento con la storia, proprio mentre il testimone della visione di una civitas maxima passava dal grande visionario italiano al grande visionario russo, Michail Gorbacev, che pose fine alla guerra fredda e diede inizio al disarmo nucleare.
Lo abbiamo visto e lo vediamo ora quanto sia stata tragica, per il destino dell’ex impero sovietico e del mondo, l’inesistenza politica di un’Europa garante dei diritti individuali e dei popoli: cioè chiamata a risolvere pacificamente i conflitti prima che diventino guerre.
E così oggi l’Unione europea promuove addirittura i riarmi nazionali: cioè legittima e normalizza la guerra in Europa. Se non è un suicidio questo.
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