Da venerdì 9 dicembre in edicola e in digitale un nuovo numero di SCENARI, venti pagine di approfondimenti firmati da Manlio Graziano, Futura D’Aprile, Pasquale Annicchino e tanti altri ricercatori e analisti, oltre alle mappe a cura di Fase2studio Appears. Abbonati per leggerlo online e sulla app di Domani, o compra una copia in edicola. Iscriviti alla newsletter per restare aggiornato su tutte le prossime uscite
Il nuovo numero di Scenari, l’approfondimento geopolitico di Domani, è questa settimana dedicato alla Francia di Emmanuel Macron. In venti pagine, gli approfondimenti inediti firmati da Manlio Graziano, Futura D’Aprile, Pasquale Annicchino e tanti altri – e le mappe a cura di Daniele Dapiaggi, Bernardo Mannucci e Lorenzo Toso di Fase2studio Appears – analizzano i sogni di protagonismo internazionale e le crisi interne di un paese alla continua ricerca della sua centralità nell’ordine mondiale.
Cosa c’è nel nuovo numero
L’analista geopolitico Manlio Graziano si sofferma sulle relazioni tra la Russia e la Francia, precisando come la guerra di Putin abbia minato la centralità di quest’ultima: i rapporti diplomatici tra i due paesi hanno infatti conosciuto alti e bassi a partire dal loro avvio nel 1702, ma nel tempo la sponda russa è servita ai francesi anche come “tenaglia” per sorvegliare le mosse dell’ingombrante vicino tedesco. La crisi ucraina ha però rotto i reciproci equilibri e ha dato vigore agli Stati Uniti, sempre più egemoni in Europa ma anche sempre più rivolti verso il loro primo competitore strategico: la Cina.
Futura D’Aprile fa luce sui pilastri su cui si regge la risposta di Parigi alla guerra in Ucraina: da un lato sul significativo aumento delle spese dedicate alla difesa, che nel 2023 dovrebbero arrivare alla cifra record di 43,9 miliardi, la più alta mai raggiunta negli ultimi quindici anni; dall’altro, sul consolidamento e sulla promozione del settore industriale nazionale, obiettivo fondamentale secondo Macron sia per rafforzare le forze armate che per continuare a primeggiare in Europa.
Europa che, spiega D’Aprile, «nella visione del presidente francese rappresenta più un gruppo di stati da guidare che non un insieme di alleati con cui collaborare».
Luca Sebastiani fa una panoramica sui cinque anni di “dottrina Macron” in politica estera: fin dall’inizio del suo mandato nel 2017 il presidente ha cercato di lasciare la sua impronta nei diversi fronti aperti. La linea diretta tra Washington e Parigi ha subito alcuni forti scossoni, ma senza mai interrompersi; nell’ultimo anno l’invasione ha poi mutato le relazioni con i paesi europei: la Francia ha cercato invano una mediazione tra Mosca e Kiev, mentre si sono indeboliti sia l’asse con la Germania che l’intesa con l’Italia. Ma nonostante la crisi e le leadership contrapposte, spiega Sebastiani, Parigi e Roma sanno che devono spalleggiarsi nelle battaglie in ambito europeo e internazionale, per esempio sul nuovo Patto di stabilità o sull’attenzione verso il complicato dossier Nord Africa e Sahel.
L’analista Gabriele Vargiu prosegue sul tema della cooperazione e della concorrenza economica tra Italia e Francia focalizzandosi su come il trattato del Quirinale del novembre 2021 abbia rilanciato l’interdipendenza di settori strategici e le grandi partnership transalpine. L’alleanza promette di ridare centralità ai due paesi in questa fase di deglobalizzazione regionale dell’industria.
Restando sul confronto con la dimensione italiana, il politologo Marco Tarchi fa emergere le distinzioni tra la leader di Fratelli d’Italia e presidente del consiglio Giorgia Meloni e Marine Le Pen, guida del Rassemblement national. Tarchi evidenzia come il sovranismo di Meloni non sia infatti paragonabile al populismo di Le Pen. I critici hanno spesso avuto buon gioco ad accomunare due figure che condividono però somiglianze soltanto superficiali: la formula meloniana mischia infatti istanze nazionaliste e conservatrici, ancorandosi saldamente a destra nello spazio politico; nel caso francese, invece, è il liberalismo ad avere assunto nel tempo il ruolo di nemico principale, in una contrapposizione sempre più aperta verso l’establishment.
Il politologo Mario Giro si concentra a seguire sulla proposta di Giorgia Meloni di un “piano Mattei” per l’Africa, pensato per gestire le necessità di sviluppo e i flussi migratori del continente. L’Italia, sottolinea Giro, potrebbe organizzare delle joint venture in diversi settori, dall’agricoltura alle energie rinnovabili alle infrastrutture: i partenariati strategici tra piccole e medie imprese potrebbero diventare il vero game changer in questa sfida, ma è importante che il piano non consideri l’Africa come un unicum, ma tenga conto delle diversità presenti nel territorio e delle differenti possibilità di crescita di ogni paese.
Il giurista Pasquale Annicchino riporta lo sguardo sulla Francia, esaminando il problema della laicità francese con l’islam. Molti continuano a criticare fortemente le scelte legislative di Macron sulla libertà religiosa: la legge contro il separatismo approvata nel 2021 sembra infatti colpire non soltanto chi minaccia la sicurezza dello stato, ma i musulmani in generale.
Annicchino ripercorre le critiche presentate quest’anno da diverse testate giornalistiche e dal rapporto della U.S. Commission on international religious freedom, concludendo come le difficoltà francesi siano figlie di un modello che fa sempre più fatica a confrontarsi con il nuovo protagonismo della religione nella sfera pubblica, e che continua a preferire le idee e i principi astratti alla concretezza della Storia.
Viene infine presentato un estratto dall’ultimo libro di Franco Mazzei, pubblicato postumo per Egea, dal titolo L’insospettabile convergenza. Perché Europa e Cina si stanno avvicinando più di quanto non sembri (2022).
L’orientalista Mazzei immagina il nuovo ordine mondiale dopo la fine della supremazia americana, descrivendo come in un mondo diviso fra universalisti e particolaristi, Cina e occidente rappresentano due modelli in qualche modo analoghi: così come l’Europa è passata attraverso un processo di secolarizzazione, il regime cinese ha affrontato la «smilitarizzazione della mente». Il tramonto dell’egemonia americana sta dunque favorendo una convergenza fra Pechino e il vecchio continente.
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