Un G7 che doveva girare attorno a migrazione, Africa, Indopacifico e soprattutto aiuti all’Ucraina si è arenato sui diritti. Mentre a Borgo Egnazia Giorgia Meloni e i suoi ospiti discutevano di clima e di come sbloccare gli asset russi congelati per concedere all’Ucraina un ulteriore prestito da 50 miliardi di euro, nel press centre della fiera del Levante di Bari si cercava con ansia la bozza della dichiarazione congiunta finale da cui, nel corso della giornata, sarebbe scomparsa la parola “aborto”.

Fonti diplomatiche europee segnalano però che un riferimento esplicito all’interruzione di gravidanza non sarebbe mai stato previsto dal testo base fornito ai partner dalla presidenza italiana. Il caso scoppiato dopo la denuncia da parte della delegazione francese non avrebbe dunque portato a una cancellazione dei riferimenti all’aborto, che non sarebbero proprio mai stati presenti nel testo.

La bozza che circola – che in ogni caso non è definitiva, ci tengono a ribadire dalla struttura diplomatica che segue la trattativa – contiene tuttavia una reiterazione degli impegni presi a Hiroshima: si tratterebbe, filtra da Roma, di una perifrasi per aggirare un riferimento esplicito all’interruzione di gravidanza, difficilmente digeribile dal Vaticano, che secondo fonti parlamentari vicine al dossier potrebbe avere addirittura chiesto un’attenzione sulla formulazione.

A corroborare questa tesi ci sono le parole del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida: «Non so se a un G7 a cui partecipa anche il papa fosse opportuno» inserire nella bozza finale il tema dell’accesso effettivo e sicuro all’aborto. «Se hanno scelto di non metterlo ci sarà un perché e una ragione più che condivisibile», ha aggiunto il ministro.

In ogni caso Emmanuel Macron si è detto dispiaciuto per la decisione di eliminare la parola aborto dal testo finale. «Conoscete la posizione della Francia che ha inserito il diritto all’aborto nella Costituzione. Non è la stessa sensibilità che c’è nel vostro paese. Mi dispiace ma lo rispetto», ha detto rispondendo a una domanda dell’Ansa.

Anche Joe Biden, che ha commentato la decisione della Corte Suprema che ha respinto la richiesta di un’organizzazione antiabortista di vietare l’accesso al mifepristone, non deve aver fatto salti di gioia. Anche se le informazioni che filtrano in serata da fonti della presidenza italiana mirano a ridimensionare la polemica: «C’è un esplicito riferimento, un paragrafo rilevante, agli impegni assunti a Hiroshima, che quindi vengono tutti riconfermati. È del tutto evidente che quando si fa una nuova dichiarazione non si copia quello che è stato fatto l’altra volta perché si cerca di mettere le novità, le cose aggiuntive».

E Meloni, con una dichiarazione improvvisata al termine della giornata, ha sottolineato che sulla bozza delle conclusioni «c’è già un ampio consenso dei leader», quasi a dire che non c’è nulla da temere. Agli atti resta così una formulazione quantomeno ambigua, che strizza l’occhio al Vaticano e all’elettorato cattolico: da vedere cosa precipiterà davvero nella dichiarazione finale, che va approvata all’unanimità.

Attimi bucolici e asset russi

Eppure la giornata era cominciata splendidamente per Meloni. In un setting bucolico aveva accolto i capi di stato e di governo suoi ospiti (grande entusiasmo per Rishi Sunak, un po’ meno nell’incontro con Emmanuel Macron, reduce da una sonora sconfitta elettorale e a rischio batosta alle legislative di fine mese) e si era lanciata in un selfie con i fotografi pronti a scattare. Peccato sia poi stato diffuso uno scatto dove, a causa di un editing di troppo, alla premier mancava un sopracciglio.

Al suo fianco, come sempre, Patrizia Scurti, braccio destro della premier, in rosa cipria come la sua capa, pronta a passare il pennarello agli ospiti per lasciare la propria firma sul cartello che reca il simbolo del summit. Unico neo, aver dovuto attendere 20 minuti Joe Biden («non si fa aspettare una signora»): ma Meloni aveva già in tasca il primo successo concreto della giornata.

La notizia dell’accordo sugli asset con cui garantire il nuovo prestito da 50 miliardi per l’Ucraina era stato diffuso nelle prime ore della giornata da Casa Bianca ed Eliseo. La prima soddisfazione di Meloni, un po’ sfrondata dal fatto che la notizia sia stata “bruciata” dai partner. Ma comunque quanto basta per soddisfare Volodymyr Zelensky, che ha raggiunto Borgo Egnazia nel primo pomeriggio.

Soddisfatto di un altro risultato, oltre agli accordi bilaterali di sicurezza già sottoscritti con Parigi e Berlino e quelli in fase di firma con Stati Uniti e Italia, il presidente ucraino ha apprezzato il coinvolgimento di paesi che potrebbero sostenere ulteriormente la sua causa: «Sono profondamente grato a Giorgia per i suoi sforzi volti a incoraggiare i paesi del Sud del mondo a partecipare al vertice» ha scritto su X. Anche nella speranza che la richiesta di accelerare sulla fornitura di F-16 e di aiuto nell’addestramento di nuovi piloti vada presto a buon fine. Un accordo, quello sull’utilizzo degli extraprofitti generati dagli asset congelati, di cui Meloni si dirà in serata fiera perché «non era scontato».

Intanto, al press centre, mentre inviati giapponesi organizzavano dirette in piedi sulle sedie e colleghi di mezzo mondo chiudevano gli occhi per un power nap nell’area relax popolata di grandi pouf, si poteva assistere alla sessione dedicata alla Partnership for global infrastructure and investment. Un’occasione per Meloni di tornare sul Piano Mattei e di garantire un trampolino di lancio per una serie di impegni portati avanti dalle partecipate, prima fra tutte Eni, il cui ad Claudio Descalzi sedeva allo stesso tavolo con Meloni e Biden, che a nome degli Stati Uniti ha accolto con favore il Piano per l’Africa del governo.

Il presidente americano non ha invece preso parte alla cena offerta dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Castello Svevo di Brindisi. Ma la raccomandazione della delegazione americana è quella di «non leggere troppo» dietro l’assenza di Biden.

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