I bambini di Ahmed Abu Azzam hanno mangiato il loro gatto, ma non lo dovranno mai sapere. C’è chi si sta cibando di uccelli e topi, ma a lui e la moglie fa troppo schifo l’idea di cucinare animali pieni di malattie. Che poi, dopo qualche ora, si vomita tutto e si sta pure peggio di prima. Ma non c’è molta alternativa.

«A Gaza, se non si muore sotto le bombe, si muore di fame», racconta il giornalista Hassan Isdodi. Nelle ultime settimane la crisi alimentare è peggiorata, perché quei pochi rifornimenti che riescono a entrare nella Striscia tramite il valico di Kerem Shalom, al confine tra Israele ed Egitto, vengono sistematicamente assaltati da bande armate. «Da un po’ di tempo ci sono questi gruppi che rapinano i camion – spiega il giornalista Hassan – e si prendono quasi la metà del carico di rifornimenti. Dopo di ché li rivendono ai commercianti a prezzi quadruplicati».

I prezzi impazziti

Oggi, al mercato un sacco di grano da 2 kg costa 1000 shekel, l’equivalente di 270 dollari, mentre prima ne costava 50, cioè 13 dollari, che sono comunque tantissimi soldi. Un litro di latte a lunga conservazione ora si può comprare per 200 shekel, cioè 54 dollari, prima ne costava 20, cioè 5 dollari. Anche i prezzi degli articoli sanitari e da bagno sono lievitati. Una saponetta costa 100 skekel, cioè 27 dollari, prima bastava 1 dollaro e mezzo. E così via per tutto il resto, dentifricio, pannolini…Per non parlare degli assorbenti per le donne, che hanno un costo folle. «La maggior parte delle persone non può permettersi di spendere tutti questi soldi, non ne ha a sufficienza – dice Hassan Isdodi - e così, la carestia sta aumentando di giorno in giorno».

Gli assalti ai camion sono diventati sempre più frequenti, lo sanno bene i cittadini della zona Kerem. «All’inizio erano ragazzi del posto, ex universitari, quindi non combattenti della jihad – ci racconta Abdallah, che vive proprio a pochi km dal valico – Erano incavolati per il blocco imposto da Israele e hanno cominciato a rapinare gli autisti».

In quelle prime settimane, distribuivano i beni nei mercati locali quasi gratis e solo poco dopo hanno iniziato a farsi pagare. I prezzi, comunque, erano ancora accessibili. «Le cose sono cambiate quando la notizia di quelle espropriazioni è arrivata alle orecchie di Hamas», racconta ancora Abdallah. «I nuovi capi hanno preso il controllo delle operazioni di assalto dei camion diventando più aggressivi e razziando molti più rifornimenti. A quel punto, la distribuzione degli approvvigionamenti è stata mediata dal ricatto».

I capi di Hamas hanno iniziato a rifornire famiglie e negozianti di farina, grano o legumi gratis o a prezzi molto bassi in cambio dell’arruolamento di un giovane tra le loro fila. Contemporaneamente, hanno pensato di utilizzare la vendita di beni per finanziare le proprie casse locali. «La situazione è diventata insostenibile, abbiamo paura – racconta Noor, moglie di Abdallah - non c’è più alcuna forma di controllo a Gaza. Abbiamo fame e siamo spaventati. Temo che follia e disperazione ci porteranno presto a mangiarci tra noi».

La fame di Gaza

A Gaza più di 2milioni di persone sono ormai senza cibo e senza forniture per l’inverno. La situazione è ancor più grave della zona nord di Gaza, specialmente nelle aree di Jabaliya, Beit Lahiya, Beit Hanoun. «Moriremo di fame – dice Umm Abu Nasser, un quarantenne di Jabaliya, con la voce spezzata da affanno e ansia – che è peggio che morire sotto un bombardamento. Se devo vedere la mia famiglia crepare un pochino ogni giorno, spero che un missile ci cada in testa, almeno è un attimo».

Sono questi i tristi desideri dei gazawi, ormai. E Israele lo sa benissimo. Affamare la zona nord di Gaza è parte della strategia bellica messa in atto in queste settimane, nonostante gli appelli delle organizzazioni umanitarie secondo cui si rischia il disastro totale. L’accusa è di non aver più fatto entrare alcun camion di rifornimenti dal 24 ottobre, ma Israele ha smentito, parlando dell’ingresso di una dozzina di camion. «Sì, sono entrati 14 tir – conferma il giornalista Amir Adamir– che, in ogni caso, non sono sufficienti per sopperire alla carestia. Ma quegli stessi tir sono stati assaltati. La merce è stata rivenduta a pochi commercianti a prezzi folli, così che solo lo 0,1 per cento della popolazione possa permetterseli».

Sono quei pochi fortunati che lavorano per aziende straniere, che fanno, per esempio, gli insegnanti presso università online che ricevono ancora lo stipendio da altri Paesi. Loro ancora qualcosa possono permettersela, ma per poco. «E Israele lo sa. Sanno degli assalti delle bande armate, e gli va bene così», aggiunge Adamir. Inoltre, secondo il racconto di diversi giornalisti della zona, proprio dei soldati dell’Idf sarebbero stati visti sequestrare dai camion beni che poi sarebbero stati distrutti.

«Ci sono foto e video di queste azioni - dice ancora Amir – e vorremmo spedirle alle Ong del mondo, per dimostrare che Israele vuole ridurci tutti alla fame, come punizione collettiva». Ormai a Gaza è arrivato il freddo e fa buio presto. Non c’è luce e non c’è cibo. Solo qualche cane randagio ancora riesce a nutrirsi. Mangia resti umani sotto le macerie.

© Riproduzione riservata