I prigionieri israeliani uccisi nel nord della Striscia. La Casa Bianca chiede a Israele di finirla con i bombardamenti indiscriminati. Il consigliere Sullivan incontra Abu Mazen: «L’Autorità nazionale palestinese deve essere rivitalizzata per poter governare a Gaza»
Nell’imperversare della battaglia a Gaza le forze dell’Idf hanno scambiato tre ostaggi israeliani per miliziani di Hamas e li hanno uccisi. È successo a Shejaiya, nel nord della Striscia. «È un tragico incidente, l’Idf ne è responsabile», ha detto un portavoce dell’esercito. È un’altra notizia cupa in una giornata segnata da combattimenti e tentativi diplomatici.
Jake Sullivan, il Consigliere per la sicurezza nazionale del presidente americano Joe Biden ha chiesto a Israele di terminare la sua campagna di terra a Gaza e di condurre un'offensiva più mirata nella sua guerra. Secondo quanto riferito dal New York Times, Biden chiede che Israele passi a questa nuova fase di guerra entro due o tre settimane. La nuova fase prefigurata dagli americani coinvolgerebbe gruppi più piccoli di forze d'élite che si muoverebbero dentro e fuori dai centri abitati di Gaza, svolgendo missioni più precise per trovare e uccidere leader di Hamas, salvare ostaggi e distruggere tunnel. Insomma basta con i «bombardamenti indiscriminati» che hanno provocato 18.800 vittime tra i civili, di cui i due terzi donne e minori.
La Casa Bianca teme l’isolamento internazionale l’onda lunga delle proteste di piazza negli Usa e ha esortato Israele a lavorare di più per prevenire la morte di civili: «Non smettere di dare la caccia ad Hamas, ma stare più attenti», ha detto il presidente Biden, mentre il suo consigliere per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan a Tel Aviv ha detto al primo ministro Benjamin Netanyahu che Israele dovrebbe muoversi rapidamente per «operazioni a minore intensità» e che il controllo israeliano su Gaza non «avrebbe senso».
È apparso evidente che il Consigliere per la sicurezza, pur cercando di smorzare i toni e di minimizzare le divergenze con Israele sullo sforzo bellico in pubblico, non abbia usato toni diplomatici nei discorsi faccia a faccia. Sullivan, ha affermato che sia gli Stati Uniti che Israele si aspettano che i combattimenti a Gaza alla fine rallentino.
Le divergenze sono sui tempi e sui bombardamenti sui civili della Striscia e sull’exit strategy dove Washington vuole mettere in campo l’Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen, mentre il premier Netanyahu avrebbe voluto mantenere il controllo diretto della Striscia ormi ridotta a un cumulo di macerie. Per usare la sintesi brutale ma efficace di Amir Tibon su Hareetz: la dipendenza dalle armi e dalle forniture di munizioni statunitensi ha costretto il premier Netanyahu a piegarsi alle richieste di moderazione di Biden.
Exit strategy da Gaza
Il governo di Israele «ha indicato che non ha piani a lungo termine di occupazione a Gaza», ha detto, citato dal quotidiano israeliano Haaretz, il consigliere per la Sicurezza nazionale Usa. «Le condizioni e il timing sono state ovviamente oggetto di discussione avute con il premier Benjamin Netanyahu e con il gabinetto di guerra», ha aggiunto Sullivan.
A giudizio di Sullivan il controllo di Gaza ha bisogno di una transizione ai palestinesi e va stabilita una sequenza temporale per raggiungerla. Sullivan ha incontrato anche il leader dell’Anp, Abu Mazen, molto screditato tra i suoi stessi concittadini, a Ramallah per aumentare gli sforzi per «rivitalizzare l'Autorità nazionale Palestinese». Solo un’autorità riconsolidata «potrà governare Gaza», ha detto Sullivan. È un passaggio chiave: significa ammettere che il piano degli Usa per Gaza non potrà essere attuato nel breve periodo.
Diplomazia e deterrenza
Non sono mancati i riferimenti a Hezbollah al Nord del Libano, la fine della “mezzaluna sciita” sulle coste del Mediterraneo. La minaccia posta da Hezbollah nei confronti di Israele deve essere affrontata ma con la «diplomazia e non con una nuova guerra», ha affermato sempre il consigliere per la Sicurezza nazionale Usa. «I cittadini israeliani che sono stati evacuati dal nord devono poter tornare alle loro case e devono poterlo fare in sicurezza. E questo significa affrontare la minaccia che arriva dall'altra parte del confine», ha dichiarato il rappresentante della Casa Bianca, sottolineando come Washington sia convinta che «quella minaccia possa essere affrontata attraverso la diplomazia e non richieda il lancio di una nuova guerra». Tuttavia, ha aggiunto Sullivan, richiede anche «deterrenza perché dobbiamo inviare un messaggio chiaro che non tollereremo il tipo di minacce e attività terroristiche che abbiamo visto da Hezbollah e dal territorio del Libano».
I ribelli Houthi
E i ribelli Houthi dello Yemen? Non vanno sottovalutati perché rappresentano una «minaccia alla libertà di navigazione per la navigazione commerciale», ha affermato Sullivan, dopo che il gruppo di miliziani sostenuti dall'Iran ha rivendicato diversi attacchi a imbarcazioni commerciali in navigazione nel Mar Rosso. «Gli Stati Uniti stanno lavorando con la comunità internazionale, con partner della regione e di tutto il mondo per affrontare questa minaccia», ha detto Sullivan ai giornalisti durante la sua visita in Israele. Gli Houthi, ha aggiunto, si limitano a «premere il grilletto» ma «la pistola viene loro consegnata dall'Iran».
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha chiesto all’omologo americano Joe Biden di intervenire il prima possibile per favorire un cessate il fuoco a Gaza. I due leader hanno avuto un colloquio telefonico, il primo contatto ufficiale dall'inizio del conflitto in Medio Oriente. «Abbiamo parlato innanzitutto di Gaza. Ho ricordato a Biden che sono morte 18mila persone, molti dei quali civili e sono state distrutte scuole, moschee e chiese. Ho detto che gli Stati Uniti hanno una responsabilità storica e devono intervenire, se non lo fanno si rendono complici di un reato contro l'umanità. Noi non resteremo fermi, faremo tutto ciò che è nei nostri poteri», ha detto Erdogan.
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