Forte tensione tra generali e il governo per il comunicato dell’esercito israeliano che ha deciso la sospensione delle attività militari ogni giorno dalle 8 alle 19 per «scopi umanitari» nel sud della Striscia. Il premier: «Abbiamo un paese con un esercito, non un esercito con un paese»
Forte tensione tra i generali e il governo Netanyahu per il comunicato dell’esercito israeliano che ha deciso la sospensione delle attività militari ogni giorno dalle 8 alle 19 per “scopi umanitari” nel sud della Striscia.
L’Idf ha dichiarato che lo stop «per scopi umanitari avrà luogo tutti i giorni fino a nuovo avviso lungo la strada che porta dal valico di Kerem Shalom a Salah al-Din Road e poi verso nord». L'Idf ha respinto le critiche sulla sospensione dei combattimenti nei pressi del corridoio umanitario di Gaza, e anche l’affermazione secondo cui la classe politica non sarebbe stata informata della decisione.
L’esercito ha affermato che «la decisione è militare» e che Benjamin Netanyahu aveva recentemente incaricato i capi della sicurezza di aumentare gli aiuti a Gaza e di consentire un accesso più sicuro agli operatori umanitari alla luce della nuova udienza della Corte internazionale di giustizia dell’Aja e degli incidenti in cui operatori internazionali sono stati uccisi dal fuoco dell’Idf.
Così l’esercito israeliano ha annunciato la «pausa tattica». Ma quasi subito l’ufficio del primo ministro israeliano ha fatto sapere che «quando il primo ministro ha sentito domenica mattina la notizia di una pausa umanitaria nei combattimenti per 11 ore al giorno, ha detto al suo segretario militare che ciò era inaccettabile».
Dopo il chiarimento «il primo ministro è stato informato che non vi è alcun cambiamento nella politica dell’Idf e che i combattimenti a Rafah continueranno come previsto». Fonti vicine a Yoav Gallant hanno dichiarato al quotidiano Haaretz che il ministro della Difesa israeliano non era a conoscenza della decisione dell’esercito di sospendere i combattimenti nell’area vicina al corridoio umanitario di Gaza.
Ora che il ministro della Difesa e poi il premier dicano di non essere stati informati dai generali dell’esercito è mossa alquanto insolita in una democrazia liberale, a meno che il governo abbia dato indicazioni contradditorie ai militari così da evitare le critiche dei partiti di estrema destra contrari a qualsiasi tregua umanitaria.
La decisione dell’esercito è stata presa all’indomani della morte di 10 soldati israeliani, di cui otto nell’esplosione di una bomba vicino a un blindato nella Striscia.
Successivamente il governo in questa commedia degli equivoci e dei rimpalli delle responsabilità istituzionali, ha rincarato la dose. «Abbiamo un paese con un esercito, non un esercito con un paese», secondo quando riferito da Channel 13, avrebbe detto Netanyahu durante la riunione del Consiglio dei ministri di domenica. E ancora: «Per raggiungere l’eliminazione di Hamas, ho preso decisioni che non sempre sono accettate dai vertici militari», ha aggiunto Netanyahu.
Una giornata di lutto per l’Idf
L’esercito israeliano ha annunciato che altri due soldati sono stati uccisi sabato in combattimento nel nord della Striscia. Nell’attacco anche due feriti gravi. Sale quindi a dieci il bilancio dei militari rimasti uccisi sabato nell’enclave palestinese. Otto erano morti nella città meridionale di Rafah: combattenti di Hamas avrebbero teso un’imboscata al loro veicolo blindato colpendolo con i lanciarazzi.
Lo stallo nei negoziati
Il leader di Hamas, residente in Qatar, Ismail Haniyeh, ha detto che la risposta del gruppo terroristico all’ultima proposta di cessate il fuoco a Gaza e di accordo sugli ostaggi è «coerente» con i principi del presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Haniyeh ha tenuto un discorso in televisione in occasione della festa islamica Eid al-Adha. Lo riporta Times of Israel. Biden ha dichiarato che non si aspetta che un accordo di cessate il fuoco e di rilascio degli ostaggi per Gaza venga raggiunto nel prossimo futuro, affermando che Hamas deve spostare la sua posizione più vicino alla proposta di Israele appoggiata dagli Stati Uniti.
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