L’esercito israeliano ha ammesso gli spari sulla folla. «Troppo vicina ai carri armati». Per Hamas ci sono almeno 104 vittime. La comunità internazionale preme su Israele
Dopo giorni d’attesa, i camion sono entrati a Gaza City con lo scopo di portare cibo e beni di prima necessità alla popolazione ridotta alla fame da quasi cinque mesi di bombardamenti. Hanno portato invece sangue, morte e dolore causati dall’esercito israeliano che ha sparato sulla calca di persone in cerca di cibo con cui sfamarsi. A metà giornata, altri camion hanno viaggiato sulle strade di Gaza City, questa volta carichi dei corpi dei cadaveri e dei feriti causati dagli spari.
Secondo i numeri delle autorità sanitarie di Gaza sono almeno 104 le vittime e 760 i feriti, ma non possono essere verificati in maniera indipendente. In ogni caso, il numero delle vittime rischia di aumentare nelle prossime ore. Nella Striscia, non ci sono più posti nelle cliniche e negli ospedali per soccorrere i feriti.
L’esercito israeliano ha ammesso le sue colpe, ma la sua ricostruzione si divide in due fasi. La prima è quella delle 4 del mattino, in cui ci sono migliaia di persone che hanno preso d’assalto i camion di aiuti e alcuni autisti, trovandosi in difficoltà, hanno speronato la folla. Da lì il panico.
I soldati israeliani presenti sul posto pensavano che la massa di persone «rappresentasse una minaccia» e «hanno sparato sulla folla perché la gente si avvicinava troppo ai carri armati». Secondo l’esercito le truppe avrebbero ucciso una decina di persone, l’alto numero di vittime sarebbe dovuto al panico generato dagli spari e dagli speronamenti dei camion. Per i palestinesi, invece, sarebbero stati gli spari a generare il caos.
Il Consiglio di sicurezza dell’Onu si è riunito per discutere del caso. Quanto è accaduto, potrebbe rappresentare un punto di non ritorno nelle trattative per una tregua nella Striscia. Dopo l’attacco, Hamas ha pubblicato un comunicato chiaro: «I negoziati condotti dalla dirigenza del movimento non sono un processo aperto a spese del sangue del nostro popolo». Le sensazioni positive dei giorni scorsi sono svanite a causa dell’attacco sui civili.
Arrivare a un cessate il fuoco umanitario entro l’inizio del mese sacro di Ramadan (10 marzo), con conseguente scambio di ostaggi israeliani e detenuti palestinesi, sembra sempre più complicato. Il presidente americano Joe Biden ha detto che non si firmerà una tregua prima di lunedì. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu è intervenuto in serata in conferenza stampa. È ancora presto per l’accordo e ha aggiunto: «Recupereremo tutti gli ostaggi con o senza accordo. Gli inviti a finire la guerra prima di aver raggiunto gli obiettivi che abbiamo stabilito non possono essere accettati». E intanto ha annunciato che l’esercito si sta preparando per l’operazione su Rafah.
Negoziati a rischio
Le immagini diffuse nella giornata di hanno suscitato l’ira dei paesi che da settimane si stanno impegnando per trovare una soluzione diplomatica al conflitto. Per gli Stati Uniti quello di è stato un «serious incident» e l’amministrazione di Joe Biden avrebbe chiesto spiegazioni al governo israeliano. «Piangiamo la perdita di vite innocenti e riconosciamo la terribile situazione umanitaria a Gaza, dove palestinesi innocenti stanno solo cercando di sfamare le loro famiglie», ha detto la Casa Bianca in un comunicato.
In giornata Biden ha avuto colloqui telefonici con l’emiro del Qatar e il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi. «Ho appreso con profondo sgomento e preoccupazione la drammatica notizia di quanto accaduto oggi a Gaza», ha detto invece la premier Giorgia Meloni. «È urgente che Israele accerti la dinamica dei fatti e le relative responsabilità».
L’Egitto ha condannato «il disumano attacco israeliano contro i palestinesi indifesi». «Riteniamo il prendere di mira cittadini pacifici che si affrettano a ritirare la loro parte di aiuti un crimine vergognoso e una flagrante violazione del diritto internazionale», scrive il ministero degli Esteri in una nota.
Condanne anche dall’Arabia Saudita e dall’Autorità nazionale palestinese, mentre le Nazioni unite chiedono che venga aperta un’indagine indipendente sul caso. Inoltre, per la prima volta il parlamento europeo ha chiesto un cessate il fuoco «immediato» e incondizionato a Gaza.
Vista l’impasse nelle trattative, si stanno muovendo Russia e Cina. A Mosca si sono tenuti una serie di colloqui diplomatici tra le diverse forze palestinesi, compresi rappresentanti di Fatah e Hamas, il cui capo dell’ufficio politico, Ismail Haniyeh, ha avuto un colloquio privato con l’ambasciatore cinese in Qatar.
Libano
Il confine nord con il Libano è sempre più caldo. Due persone sono morte e 14 sono rimaste ferite in un raid israeliano nel sud del paese. «Aerei da combattimento delle forze di difesa israeliane hanno attaccato diversi obiettivi terroristici di Hezbollah nell'area di Jabal Blat, compresi siti di lancio e un sito militare», ha detto un portavoce militare israeliano.
Ma il fronte nord rischia un’escalation militare che preoccupa la Casa Bianca. Fonti anonime hanno detto alla Cnn che la presidente Biden è preoccupata dal sospetto che Israele stia pensando di lanciare un’operazione di terra contro Hezbollah in Libano la prossima primavera.
Crisi umanitaria
A Gaza la situazione è tragica e la distribuzione degli aiuti è sempre più incontrollabile, tanto che negli ultimi giorni l’aviazione giordana ha lanciato gli aiuti per via aerea. La ong Actionaid ha detto che «non ci sono beni di prima necessità» e «la gente ha finito di mangiare anche il foraggio per gli animali».
Per il ministro della Sicurezza nazionale, l’israeliano Hitamar Ben-Gvir, quello che è successo «dimostra che il trasferimento di aiuti umanitari a Gaza non solo è una follia mentre i nostri ostaggi sono tenuti nella Striscia ma mette anche in pericolo i soldati dell’Idf». Tra dieci giorni a Gaza la popolazione inizierà il Ramadan, mese sacro per i musulmani durante il quale si digiuna dall’alba al tramonto. E acqua e cibo non saranno solo un mezzo per tenere fisicamente in vita le persone.
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