L’indagine di Afrobarometer dà segnali contraddittori sulla salute delle democrazie. Il sostegno alle istituzioni rimane solido, ma gli elettori sono stanchi di elezioni già scritte ed élite eterne
Giungono segnali contraddittori sulla salute delle democrazie in Africa. Secondo una indagine condotta dal network di ricerca indipendente Afrobarometer su 39 dei 55 paesi africani, il sostegno alla democrazia rimane solido: due terzi (66 percento) degli africani affermano di preferire la democrazia a qualsiasi altro sistema di governo e un’ampia maggioranza rifiuta il governo di un solo uomo (80 percento), di un solo partito (78 percento) e governi a guida militare (66 percento). Tuttavia, in 30 paesi oggetto di indagine da parte del network che ha documentato le aspirazioni e le esperienze democratiche dei cittadini africani negli ultimi 25 anni, il sostegno alla democrazia è diminuito di 7 punti percentuali nell’ultimo decennio, con picchi preoccupanti come in Sudafrica (29 punti) e Mali (23). Anche la fiducia nei processi elettoralista conoscendo un lento declino.
È vero infatti che per una netta maggioranza il voto è considerato il metodo migliore per scegliere i propri leader e che sono molti di più quelli che chiedono il rispetto dello stato di diritto, la competizione multipartitica o i limiti al mandato presidenziale. Ma dai dati raccolti emerge con evidenza che la tendenza sta pericolosamente cambiando: l’interesse per il voto è diminuito di 8 punti percentuali in ben 30 paesi.
Quest’ultimo fenomeno è ben rappresentato dai paesi della fascia saheliana e di aree limitrofe in cui negli ultimi quattro anni si sono succeduti uno dopo l’altro colpi di stato. Se si eccettua il Sudan dove al golpe ha fatto seguito una sanguinosa guerra, in Burkina Faso, Mali, Niger, Gabon o Guinea i militari putschisti sembrano godere (soprattutto nelle prime fasi) di un certo sostegno da parte dell'opinione pubblica.
Per dare un’idea, l'opposizione al governo militare si è indebolita in Mali e Burkina Faso rispettivamente di 40 e 36 punti, mentre per più della metà degli africani (53 percento) è accettabile una presa di potere militare se i leader eletti «abusano del potere per i propri fini».
Ed è quest’ultimo l’elemento che sta mettendo maggiormente a dura prova le democrazie continentali in alcuni casi battezzate ‘democrature’. L’abuso di potere, la corruzione, le infinite durate dei mandati al potere che in alcuni casi si perpetuano per decenni senza la minima possibilità di alternanza, i riti di elezioni dal risultato già scritto stanno sfiancando le società africane portandole a simpatizzare verso ‘uomini forti’ che risolvono i problemi e rappresentano l’anti-casta.
Contro queste elite vecchie e aggrappate al potere si scaglia anche il cosiddetto neo panafricanismo, un movimento che si rifà ai padri e alle madri fondatori delle lotte per l’indipendenza, ma che nel mirino oltre alle potenze coloniali, mette le leadership africane incapaci di governare e responsabili dei disastri socio-economici di vari paesi.
Su tutto, poi, pesa la fatica di innescare un processo realmente democratico, capace di generare benessere, giustizia, libertà e sviluppo in un contesto che solo fino a qualche decennio fa era sotto il giogo di un colonialismo spietato ultrasecolare che, uscendo di scena (mai completamente), dopo aver sfruttato fino all’inverosimile le risorse, ha lasciato macerie.
I segnali di speranza dall’attualità, in ogni caso, non mancano. I recenti casi di Senegal e Kenya dove le proteste di massa delle popolazioni locali hanno portato a elezioni libere, a cambiamenti radicali nelle politiche del governo in carica e a nuove generazioni di attivisti al potere, dimostrano che il desiderio di democrazia, nonostante pericolosi sbandamenti, può prevalere. Ci sono poi i casi di Zambia, dove gli elettori hanno cacciato Edgar Lungu nel 2021 dopo il default del paese sul debito e l'impennata dell'inflazione, che è in cima alla classifica delle preferenze per la democrazia. O la stessa Etiopia, teatro di una devastante guerra civile dal 2020 al 2022, che ugualmente conserva un forte anelito democratico, piazzandosi al secondo posto.
Gli africani vogliono una governance più democratica di quella che stanno ottenendo e i dati suggeriscono che per alimentare il sostegno alla democrazia è necessario rafforzare l'integrità dei governi locali e la responsabilità dei funzionari. «Nonostante le difficoltà economiche, politiche e sociali – recita il rapporto - la democrazia gode di un solido sostegno popolare in gran parte dell'Africa. E al di là di scarsi risultati di molti governi eletti, gli africani continuano a preferire la democrazia in misura maggiore rispetto ai cittadini di Asia, Medio Oriente e America Latina».
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