Alla fine di settembre la Cina ha annunciato le misure economiche più audaci dalla fine del Covid per contrastare il rallentamento. L’economista Yao Yang: «Il governo sta cercando di bilanciare gli obiettivi a lungo termine con la crescita nel breve periodo»
La direzione è quella giusta, ma la strada della ripresa economica è ancora lunga. A sostenerlo è Yao Yang, autorevole economista della Peking University, secondo il quale gli stimoli recentemente annunciati da Pechino sono la ricetta giusta per sostenere la crescita cinese, scesa dall’11 per cento di quindici anni fa al 4,7 per cento di luglio.
Seguendo la storica sforbiciata della Federal Reserve, alla fine di settembre la Cina ha annunciato le misure economiche più risolute dalla fine della pandemia: tagli dei tassi bancari per agevolare i prestiti, riduzione dei mutui ipotecari e iniezione di liquidità nei mercati azionari.
La risposta delle borse cinesi è stata travolgente: nel giro di una settimana l’indice Csi 300 delle società quotate a Shanghai e Shenzhen è salito del 15,7 per cento, registrando la migliore performance dal novembre 2008. Ma le insidie all’orizzonte non mancano: la disoccupazione giovanile è alle stelle e le tensioni con l’occidente rischiano di sabotare i piani di sviluppo predisposti da Pechino.
«Fino a pochi giorni fa, il governo era stato completamente impegnato a risolvere problemi importanti a lungo termine, come la gestione dei debiti delle amministrazioni locali e della bolla immobiliare», spiega Yao a Domani, «ma nel breve periodo contenere queste criticità può causare degli intoppi. Le recenti mosse del governo servono quindi a bilanciare gli obiettivi a lungo termine con la crescita a breve termine». Ovvero a centrare l’obiettivo di crescita del 5 per cento fissato per quest’anno.
Traguardo ora non più impossibile. «La mossa recente ha riguardato il fronte monetario. Ha aumentato la fiducia della gente nel mercato azionario – dice l’esperto – ma è necessario uno stimolo fiscale per avere una ripresa sostenibile perché i governi locali stanno tagliando la spesa a causa del bilancio ristretto».
Mercato immobiliare
E poi resta da stabilizzare il mercato immobiliare. Settore che rappresenta il 30 per cento del Pil cinese ma che, come conferma il default del colosso Evergrande, è affetto da una bolla speculativa a perenne rischio esplosione. «Le aziende immobiliari potrebbero non essere in grado di completare i loro progetti e i prezzi delle case stanno ancora scendendo. Il governo ha annunciato che incoraggia i governi locali ad acquistare appartamenti in eccesso e terreni inutilizzati».
Decongestionare il mattone – che in Cina rappresenta circa il 70 per cento della ricchezza familiare – è precondizione indispensabile per rilanciare i consumi interni: a fronte delle tensioni internazionali, Pechino vuole rendere il mercato cinese la locomotiva della crescita, per anni trainata dal binomio export-investimenti infrastrutturali.
L’altro tasto dolente è la disoccupazione giovanile, ormai vicina al 19 per cento. Potenziale innesco di instabilità sociale, ma anche un freno alla spesa domestica. «La mobilità educativa è aumentata tra i giovani nati dopo la metà degli anni Ottanta, probabilmente grazie all’aumento delle ammissioni universitarie dalla fine del decennio successivo – spiega Yao – ma il recente calo dell’occupazione giovanile ha colpito duramente i giovani provenienti da famiglie a basso reddito». Questione ben nota al governo, che solo pochi giorni dopo gli stimoli monetari ha divulgato 24 linee guida per «migliorare la stabilità lavorativa e il reddito ragionevole dei lavoratori», anche attraverso indennizzi e fondi di assicurazione contro la disoccupazione. Con un occhio di attenzione in più alla gig economy.
Fonti Reuters prevedono inoltre l’emissione di obbligazioni speciali da mille miliardi di yuan (142 miliardi di dollari) per aumentare i sussidi per la permuta e il rinnovo di beni di consumo nonché l’ammodernamento di attrezzature aziendali. In cima alla lista della spesa figurano i veicoli elettrici, una delle cosiddette «nuove forze produttive»: l’alta tecnologia – soprattutto quella legata alle rinnovabili – che i leader di Pechino sperano rimpiazzerà la produzione a basso costo. Ceduto al Sudest asiatico il titolo di “fabbrica del mondo”, la Cina ora punta sull’innovazione per tenere a regime l’economia. Resta da vedere se le “nuove forze verdi” – che nel 2023 hanno mosso appena il 2,3 per cento del Pil cinese – saranno in grado di compensare le vecchie.
Questione di sopravvivenza
Yao è abbastanza ottimista. Sebbene ammetta «ci vorrà molto tempo prima che le nuove tecnologie e industrie sostituiscano completamente il settore immobiliare, in realtà è quanto sta già accadendo perché nonostante il declino del settore l’economia cinese è comunque continuata a crescere». Non è chiaro però se sarà così anche in futuro.
Lo scorso anno veicoli elettrici, batterie agli ioni di litio e pannelli solari hanno trainato ben il 30 per cento dell’export cinese. Ma con la progressiva chiusura dei mercati americano ed europeo è improbabile che i numeri resteranno così ambiziosi. Persino i paesi amici del cosiddetto Sud globale cominciano a introdurre barriere commerciali.
«In Cina c’è una questione di eccesso di capacità», ammette l’economista aggiungendo però che non è l’unico paese: «Il Giappone ha avuto lo stesso problema alla fine degli anni Settanta, quando ha dovuto rimodulare il suo modello di crescita dall’export verso i consumi interni. Il tasso di risparmio della Cina è molto alto – pari al 45 per cento del Pil – il che si traduce naturalmente in sovrainvestimenti all’interno del paese».
E la questione dei sussidi statali? «Capisco perfettamente le mosse dell’Ue e di altri paesi per proteggere i loro mercati – risponde Yao – ma il settore manifatturiero cinese è semplicemente troppo grande e la sua tecnologia è tra le migliori al mondo». E poi – puntualizza – «oggigiorno, non c’è una nazione importante che non sovvenzioni la sua produzione industriale».
Piuttosto, secondo l’esperto, il punto è un altro. «La capacità della Cina nei pannelli solari e nei veicoli elettrici non è solo per la Cina. Se il mondo prende davvero sul serio la lotta contro il cambiamento climatico, le tecnologie cinesi saranno vantaggiose per tutti». Più che un vantaggio per la seconda economia mondiale si tratta ormai di sopravvivenza.
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