Alla fine – dopo mesi di attesa accompagnati dalla crescente inquietudine delle famiglie e del capitale privato – il governo di Pechino ieri ha tirato fuori il cosiddetto “bazooka”, per risollevare una crescita diventata troppo lenta per le esigenze di sviluppo della Cina.

Il pacchetto di politica monetaria e interventi a favore del settore immobiliare (la cui crisi è all’origine dell’ulteriore frenata post Covid del prodotto interno lordo) e del mercato azionario è stato annunciato dal governatore della Banca centrale (PboC), Pan Gongsheng. Si tratta delle misure di stimolo più massicce da parte della PboC dall’inizio della pandemia e Pan ha detto che, se necessario, ne seguiranno altre.

È previsto un allentamento (di mezzo punto percentuale) degli obblighi di riserva obbligatoria (Rrr) delle banche, che libererà nel mercato 1.000 miliardi di yuan (141 miliardi di dollari), nonché una riduzione, sempre dello 0,5 per cento, del tasso d’interesse sui mutui (della quale beneficeranno 150 milioni di persone).

La PboC fornirà inoltre sostegno ai costruttori per comprare terreni edificabili. Ridotta (dal 25 al 15 per cento) la caparra sull’acquisto delle seconde case. Provvedimenti che si aggiungono al fondo (42,5 miliardi di dollari) istituito in primavera per incoraggiare i governi locali a rilevare lotti di immobili invenduti e convertirli in edilizia sussidiata.

Intramontabile mattone

Il tentativo è quello di rimettere in moto (supervisionato da controlli più rigorosi) il vecchio meccanismo che negli ultimi decenni ha arricchito autorità locali corrotte, developer senza scrupoli e relativo indotto, ma che si è sgonfiato con il crollo del simbolo di questo sistema, il colosso di Guangzhou Evergrande. Insomma riaffidarsi in parte al mattone (che è arrivato a costituire oltre un quarto del Pil) in attesa che le “nuove forze produttive di qualità” contribuiscano a far crescere il paese in maniera più equilibrata.

Non solo, il governo guiderà le banche a fornire prestiti alle compagnie quotate e a effettuare buy-back e aumenti di capitali azionari. Pan ha aggiunto che Pechino sta anche «studiando» la possibilità di istituire un fondo di stabilizzazione sostenuto dallo stato, con l’obiettivo di rafforzare la fiducia nei suoi mercati azionari (Shanghai, Hong Kong e Shenzhen hanno reagito tutti in rialzo).

Che il governo stesse finalmente per muoversi si era capito qualche giorno fa, quando Xi Jinping, dalla tv di stato, aveva abbassato il tiro, dichiarando che «dobbiamo sforzarci di raggiungere gli obiettivi e i compiti di sviluppo economico e sociale per l’intero anno», mentre il comunicato che a luglio ha chiuso il III plenum del comitato centrale del partito aveva invitato perentoriamente a «rimanere fermamente impegnati» a tal fine. Il traguardo del 5 per cento indicato per quest’anno si stava allontanando, dopo il +5,3 per cento del primo trimestre, il +4,7 nel secondo e segnali tutt’altro che incoraggianti per il terzo che si chiude questo mese.

Gli ultimi dati pubblicati dall’Ufficio centrale di statistica segnalano infatti un aumento delle vendite al dettaglio (+2,1 per cento su base annua) al di sotto delle aspettative nel mese scorso, e un altro crollo degli investimenti immobiliari (-10,8 per cento nei primi otto mesi del 2024, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso). Gli investimenti privati tra gennaio e agosto sono calati dello 0,2 per cento su base annua e scesi al 50,98 per cento del complesso di quelli in capitale fisso.

I media locali riferiscono di un’impennata di casi di business del settore dei servizi (soprattutto palestre, asili, spa) che abbassano le saracinesche da un momento all’altro, dopo aver incassato mesi di pagamenti anticipati grazie a sconti-specchietti per le allodole, aiutati da “professionisti della chiusura di negozi” (senza pagare i debiti ai clienti) proliferati negli ultimi mesi di difficoltà.

In pensione più tardi

Quella che potrebbe essere una profonda boccata d’ossigeno per l’economia cinese è arrivata dopo il taglio di mezzo punto percentuale del tasso d’interesse annunciato mercoledì scorso dalla Federal Reserve. La mossa della banca centrale statunitense ha dato alla PboC spazio per allentare la politica monetaria, riducendo i rischi di fuga di capitali dalla seconda economia mondiale.

Xu Gao, capo economista di Bank of China International, aveva detto senza mezzi termini che è arrivato il momento di superare le resistenze della politica verso un vero e proprio piano di stimolo, che a Pechino in molti paragonano a «bere un veleno per farsi passare la sete». «Nella pratica macroeconomica cinese, le misure di stimolo non sono semplicemente una compensazione per le inefficienze o addirittura i fallimenti del mercato, ma sono parte integrante dell’efficace sistema di mercato del paese. Queste politiche dovrebbero essere attuate seguendo i cambiamenti della situazione economica», ha dichiarato Xu.

Con le sempre più manifeste incertezze della ripresa postpandemica e un mercato del lavoro che fatica a tenere il passo con le masse di giovani che escono dall’università (l’ultimo record, l’estate scorsa, è stato di 11,79 milioni di neolaureati) è arrivata anche la riforma delle pensioni.

La Cina deve infatti affrontare il rapido invecchiamento di una popolazione che nel 2023 era composta per il 21,1 per cento da persone con almeno 60 anni, che – secondo Economist Intelligence Unit – toccheranno il 32,7 per cento nel 2035. Il cambiamento del sistema che garantiva ai cinesi età pensionabili tra le più basse al mondo entrerà in vigore il 1° gennaio 2025, ma sarà molto graduale, a pieno regime soltanto nel 2040.

Per i colletti bianchi l’età pensionabile salirà da 60 a 63 anni per gli uomini e da 55 a 58 per le donne. Il ritardo più consistente colpirà le operaie che non potranno più andare in pensione a 50, ma a 55 anni. La riforma stabilisce inoltre che dal 2030 i lavoratori potranno ricevere la pensione solo dopo aver versato contributi per almeno 20 anni (attualmente 15).

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