Il continente è tornato negli interessi delle grandi potenze, che se lo contendono apertamente. Nei fronti aperti da Russia, Cina e occidente, si inseriscono anche le vicende interne degli stati
L’Africa è di nuovo terra di scontro di influenza tra Russia e Cina da una parte e occidente dall’altra. Si sta giocando una partita dall’esito incerto per accaparrarsi le ingenti risorse strategiche, tra terre rare e materie prime, necessarie a produrre le nuove tecnologie della transizione verde e digitale del pianeta.
Il recente golpe nel Niger è solo l’ultimo esempio di questa “guerra per procura” che si sta combattendo sul suolo africano: nel paese i militari hanno annunciato di aver preso il potere spodestando il primo capo di stato eletto democraticamente, Mohamed Bazoum, un filo-occidentale. Tra la folla dei sostenitori dei golpisti sono comparse bandiere russe con cartelli anti francesi a riprova dei tentacoli della Wagner, l’esercito privato del Cremlino sul paese.
Tutto ciò in un’area in cui i confinanti Burkina Faso e il Mali stanno entrando nell’orbita di Mosca. Il Niger sembra un piccolo stato ininfluente sulle carte africane, ma è una terra di transito di migrazioni verso l’Europa, è ricca di uranio e deve far fronte a diverse insurrezioni islamiste nella sua parte meridionale.
Ci sono tutti gli ingredienti del caos. Il paese ha visto quattro colpi di stato militari da quando ha ottenuto l’indipendenza dalla Francia nel 1960. Nell’Africa occidentale c’è instabilità: ma mentre il Niger si è allineato con l’occidente, il Mali si rivolto ai mercenari russi Wagner per combattere i jihadisti, facendo fare le valigie a una forza delle Nazioni unite.
A San Pietroburgo
E mentre scattava, in una strana coincidenza, il golpe in Niger, iniziava come in un Risiko globale il secondo summit Russia-Africa a San Pietroburgo. All’evento hanno partecipato solo 21 leader africani, molti meno dei 45 del 2019.
Ovviamente la scarsa affluenza al summit è un colpo per il presidente Vladimir Putin, che ha usato i forti legami di Mosca con il continente, risalenti all’ex Urss, per uscire dall’isolamento dopo l’invasione dell’Ucraina.
I capi di Nigeria, Kenya, Zambia e Ruanda sono stati tra coloro che sono rimasti a casa, mentre Egitto, Senegal ed Etiopia si sono uniti al Sudafrica nel mostrare sostegno inviando i loro leader. Secondo fonti del Financial Times, il Cremlino starebbe promuovendo “un piano per rifornire l’Africa di grano e tagliare fuori l’Ucraina dai mercati globali”. Possibile? Fantapolitica? Non proprio.
Effettivamente il Cremlino, dopo aver recuperato terreno in Cecenia, Georgia, Crimea e Ucraina, è passato all’offensiva con successo in Siria, sostenendo il regime di Bashar al Assad e ora sta cercando di aumentare la propria influenza in Africa.
E non solo con l’arma delle forniture di grano ma utilizzando l’export di armi di cui la Russia è la principale esportatrice nel continente, dove copre circa il 40 per cento del mercato (il kalashnikov è l’arma più diffusa nel continente dopo il machete).
Poi ci sono i mercenari della Wagner, presenti in parte della Libia, Mali, Sudan e Repubblica Centrafricana. Il futuro di questa compagnia di mercenari resta incerto dopo il fallito ammutinamento di fine giugno. Ma Mosca ha assicurato che i mercenari non lasceranno l’Africa.
Quello che è certo è che in Africa si intrecciano gli interessi geopolitici di molti attori internazionali: dagli Usa alla Cina, dalla Francia al Giappone e ora, da buona ultima dopo anni di disimpegno, anche l’Italia con il cosiddetto “piano Mattei”.
A Jahannesburg
Vladimir Putin ha rinunciato a presenziare al vertice dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) che si terrà tra un mese a Johannesburg, alla presenza del presidente Cyril Ramaphosa, personalmente vicino al Cremlino, ma che non può garantire che la magistratura indipendente del suo paese non avrebbe eseguito il mandato di cattura emesso contro Putin dalla Corte penale internazionale.
I Brics sono il polo geopolitico su cui il Sudafrica sta cercando di costruire un fronte anti-occidentale in Africa dove c’è la coda per entrare nell’organizzazione del cosiddetto “Sud globale”. A far gola ai paesi africani tra cui Egitto e Algeria è l’ingresso alla banca dei Brics.
Che i Brics stiano diventando sempre più forti anche finanziariamente non è un mistero. La pasionaria Dilma Rousseff, ex presidente brasiliana e attuale titolare della Nuova banca di sviluppo (Nbs) del gruppo Brics, ha incontrato Putin proprio a San Pietroburgo, cogliendo l’occasione per mettere in discussione l’egemonia del dollaro nelle transazioni internazionali. D’altra parte Rousseff, prudentemente, ha chiarito che la banca Brics non ha intenzione di salvare la Russia, che è soggetta a sanzioni internazionali a causa della sua invasione dell’Ucraina.
Il primo viaggio
Una ultima annotazione. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, fresco di nomina, si è recato in Sudafrica, dove ha partecipato a un meeting internazionale che ha avuto luogo a Johannesburg e poi prevede di visitare Nigeria e Kenya. Tappe che rendono l’idea dell’importanza assunta negli ultimi anni nel continente africano dalla Cina, attore sempre più protagonista nell’area.
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