Si è concluso il vertice di Montreal, in Canada, dedicato al rimpatrio di migliaia di prigionieri e minori. Il Vaticano fra i negoziatori ufficiali. Per mons. Gallagher la situazione resta molto complicata, tuttavia le nunziature sono al lavoro; secondo il governo di Kiev fino ad ora sono stati restituiti 860 bambini su circa 20mila deportati in Russia
La Santa Sede con il Qatar e il Sudafrica, fa parte del terzetto di stati incaricato di aprire un negoziato con Mosca per favorire il ritorno in Ucraina di circa 20 mila bambini deportati in Russia dall’inizio del conflitto e di diverse migliaia di prigionieri.
Inoltre, Lituania e Qatar, fungeranno da paesi di transito per gli ucraini che faranno ritorno in patria. È questo uno degli aspetti più significativi delle conclusioni della Ministerial conference on the Human Dimension of Ukraine’s Peace Formula, svoltasi a Montreal, in Canada.
Si tratta del summit internazionale sulla Formula di pace proposta dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che segue il vertice in Svizzera del giugno scorso. La due giorni canadese (30-31 ottobre) aveva come tema principale la “Proposta numero 4” dei dieci punti che compongono la formula, ovvero la «liberazione di tutti i prigionieri e deportati».
Il vertice si è chiuso con l’impegno preso da 45 paesi (le delegazioni presenti erano 70), di sostenere il rimpatrio in Ucraina dei civili, dei prigionieri di guerra e dei bambini rapiti dalla Russia da quando ha invaso il paese circa tre anni fa.
Il ministro degli Esteri canadese, Mélanie Joly, ha affermato che gli stati sottoscrittori del documento finale, hanno concordato di coordinare gli sforzi per raccogliere informazioni sugli ucraini detenuti in Russia e di creare percorsi sicuri per il loro rimpatrio. «Voglio ringraziare il Qatar, il Vaticano e il Sudafrica per il loro ruolo di intermediari nel negoziare il ritorno dei bambini. Ringrazio anche il Qatar e la Lituania per aver svolto il ruolo di paesi di transito nel riportare a casa questi bambini. Sono grata agli Emirati Arabi Uniti per aver continuato a svolgere il ruolo di mediatori nei negoziati sullo scambio di prigionieri di guerra», ha affermato Mélanie Joly durante la conclusione del summit.
Supporto ai mediatori
Nel comunicato finale del vertice di Montreal, oltre al richiamo al sostegno del principio dell’integrità territoriale dell’Ucraina e al rispetto dei diritti umani di prigionieri e detenuti, si legge anche: «Sosteniamo gli sforzi in corso per identificare, in complemento agli esistenti meccanismi previsti dalle Convenzioni di Ginevra, degli Stati mediatori di cui le parti si fidano per negoziare il ritorno sicuro dei prigionieri di guerra, compresi i civili ucraini, i bambini deportati illegalmente e trasferiti con la forza, e a stabilire meccanismi affinché i paesi terzi di cui le parti si fidano forniscano assistenza e supporto ai cittadini ucraini in Russia».
Quello messo a punto, è dunque un processo articolato, in cui i soggetti mediatori, fra i quali appunto la Santa Sede, non siano lasciati soli ma vengano aiutati nella loro azione da un gruppo di stati che fanno da supporto diplomatico e possano fornire sostegno anche nella raccolta di informazioni.
“Casi complicati”
Secondo il ministro degli Esteri ucraino, Andrii Sybiha, circa 42mila ucraini sono scomparsi all’inizio del conflitto, circa 20mila bambini sono stati deportati in Russia. Tuttavia ha anche riferito il primo dato ufficiale sul numero dei minori rimpatriati fino ad oggi: sarebbero in tutto 860.
Il Vaticano era presente al summit con l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati. Gallagher ha fatto il punto della situazione sulla crisi umanitaria e sul ruolo della Santa Sede. «I casi affidati alla Santa Sede sono complicati – ha detto – e i risultati non hanno soddisfatto le aspettative». «Sono stati trasmessi – ha aggiunto – migliaia di nomi di prigionieri per il rilascio. Il nunzio a Kiev ha inoltre individuato le istituzioni cattoliche pronte ad accogliere famiglie coi minori rimpatriati».
Gallagher, ha anche ricordato come l’impegno diretto nella crisi da parte vaticana, sia stato più volte sollecitato dalle autorità ucraine; da ultimo il presidente Zelensky, lo scorso 11 ottobre, è stato ricevuto Oltretevere dal papa e dal Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, ai quali ha ribadito la richiesta di una attivazione della diplomazia vaticana per ottenere il rilascio di circa 19mila bambini ucraini.
In questo quadro, pure, s’inscrive, ha spiegato Gallagher, la missione del card. Matteo Zuppi recatosi in Ucraina e Russia nell’estate 2023 (tappe anche negli Usa e in Cina), e poi gli scorsi 14 e 15 ottobre di nuovo a Mosca dove ha incontrato il ministro degli Esteri di Putin, Sergej Lavorv.
La missione del presidente della Cei, ha affermato ancora Gallagher a Montréal, «ha portato alla creazione di un quadro per il rimpatrio dei bambini e allo scambio regolare di informazioni tra le due parti. Ciò ha incluso anche incontri online con la partecipazione dei nunzi apostolici nei due paesi», Visvaldas Kulbokas in Ucraina e Giovanni d’Aniello in Russia.
E, per quanto i risultati dell’azione diplomatica dispiegata dalla Santa Sede non possano definirsi soddisfacenti, ha riferito l’arcivescovo, va anche detto che «il contatto diretto tra le parti, soprattutto con la presenza dei due nunzi apostolici, è utile per facilitare il dialogo». Kulbokas, il nunzio a Kiev, in particolare, ha detto ancora mons. Gallagher, «ha individuato le istituzioni cattoliche pronte ad accogliere le famiglie con i minori rimpatriati». E questo mentre «la Santa Sede ribadisce le sue richieste di nuove liste di bambini». Inoltre, ha precisato il diplomatico vaticano, «la Santa Sede ha anche trasmesso migliaia di nomi di prigionieri, chiedendone lo scambio e il rilascio. Ha inoltre appoggiato la proposta di istituire commissioni mediche congiunte per i prigionieri con gravi condizioni mediche e ha sostenuto la richiesta delle famiglie dei prigionieri ucraini di consegnare loro aiuti umanitari. Infine, ha chiesto alla parte russa il trasferimento dei soldati ucraini deceduti».
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