Con l’intensificarsi degli scontri con Hezbollah, cresce anche il fermento di gruppi ultraortodossi che vogliono insediarsi oltrefrontiera. Può sembrare l’illusione di estremisti isolati: ma anche le mire colonizzatrici sulla Cisgiordania 50 anni fa sembravano irrealistiche
Il conflitto totale tra Israele e il gruppo sciita libanese Hezbollah è stato definito più volte in questi mesi la guerra che nessuno vuole. Nelle ultime settimane, però, parallelamente all’intensificarsi degli scontri militari nella zona di confine tra i due stati, in Israele si sono levate sempre più voci a favore di un intervento militare sul suolo libanese, mirato a rimettere in sicurezza la zona a nord di Haifa, da cui da mesi sono stati evacuati più di 80.000 residenti di kibbutz e cittadine della zona di frontiera.
In mezzo a questa escalation di dichiarazioni e azioni militari, culminata con l’annuncio dell’esercito israeliano (Idf) di avere approvato e validato i piani operativi per un’offensiva in Libano, è emersa questa settimana anche la voce dei movimenti di estrema destra israeliani, che, dopo averlo fatto con Gaza, sembrano vedere la possibile invasione del Libano come l’occasione per occupare un territorio che considerano parte della Terra Promessa agli ebrei, dove stabilire nuovi insediamenti e colonie.
Ne ha parlato il giornalista Anshel Pfeffer sul quotidiano israeliano Haaretz, dando conto di un incontro online tra vari esponenti del movimento dei coloni, tra cui alcuni personaggi storici come Daniella Weiss, Yehudit Katzover e il rabbino Elishama Cohen. Poteva sembrare un incontro stravagante di una minoranza messianica che parla da anni di questo progetto, su un tema apparentemente distante dalla realtà, spiega Pfeffer.
Tuttavia, ammonisce l’autore, anche i piani di stabilirsi in Cisgiordania di un piccolo gruppo messianico cinquant’anni fa sembravano ugualmente stravaganti. Poteva apparire un progetto delirante all’epoca, come lo può sembrare adesso creare insediamenti in futuro nel sud del Libano. Ora, però, nei Territori Occupati vivono mezzo milione di israeliani, in colonie che puntellano gran parte della Cisgiordania, protette dai militari, con strade e infrastrutture riservate solo a loro. La creazione di avamposti e colonie nei territori palestinesi occupati dal 1967 ha subito un’accelerazione dall’inizio della guerra di Gaza, con l’apparente beneplacito del governo in carica, malgrado le denunce di organizzazioni non governative e sullo sfondo di numerosi episodi di violenza nei confronti dei palestinesi della zona.
D’altro canto, persone come Weiss e Katzover, tra i leader del movimento che ha fondato le prime colonie ebraiche nelle zone di Hebron e della Samaria, dimostrano come un gruppo, seppur piccolo, di persone agguerrite e determinate ha potuto cambiare la storia di Israele. Il loro ruolo nell’incontro online era proprio parlare di questo: modelli di insediamento di successo del passato e che lezione trarre per il sud del Libano.
Il successo dei coloni
Nel saggio del 2021 The Israeli Settler Movement: Assessing and Explaining Social Movement Success gli studiosi Sivan Hirsch-Hoefler e Cas Mudde riconoscono che il movimento dei coloni israeliani ha ottenuto numerosi successi, soprattutto dal punto di vista delle risorse che è riuscito a ottenere per realizzare i propri piani e, anche se più moderatamente, per l’appoggio domestico e politico che ha avuto, malgrado nutrite fasce della società israeliana si siano sempre opposte al progetto, intermedio, di colonizzazione e, finale, di annessione della Cisgiordania.
Quest’ultimo, come è noto, non è stato mai conseguito. Dal punto di vista internazionale, invece, il movimento ha fallito, secondo Hirsch-Hoefler e Mudde, considerando la reiterata opposizione agli insediamenti dell’Onu e della maggior parte dei governi occidentali di questi ultimi decenni.
Sicuramente, la presenza di così tanti insediamenti israeliani in Cisgiordania sarà un ostacolo non da poco nel momento in cui si arriverà a parlare della soluzione dei due popoli-due stati, evocata continuamente dai leader occidentali, come soluzione al conflitto storico arabo-israeliano. È questo il contesto in cui si inserisce l’ammonimento di Haaretz, ora che la temuta escalation militare tra Israele e Hezbollah sembra avvicinarsi sempre di più.
Solo due settimane fa il ministro di estrema destra e colono della Cisgiordania Bezalel Smotrich ha chiesto l’occupazione del sud del Libano, se Hezbollah avesse continuato a lanciare missili contro le comunità confinanti di Israele. L’idea di colonizzare il sud del Libano può sembrare ora fantasiosa, conclude Pfeffer, «tuttavia, potrebbe diventare una parte centrale del dibattito pubblico israeliano molto velocemente se una guerra di terra con Hezbollah iniziasse davvero. Hanno già dimostrato che, in Israele, le illusioni di oggi sono le politiche di domani e il giorno dopo la realtà».
Nella giornata di giovedì, si è fatta sentire anche l’Unione europea sulle tensioni tra Israele e Hezbollah, rispondendo alle minacce indirizzate a Cipro dal leader del movimento sciita libanese Hassan Nasrallah, che aveva intimato a Cipro di non aprire i suoi aeroporti e le sue basi a Israele in caso di guerra totale con Hezbollah.
Il portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera della Ue Peter Stano ha dichiarato che ogni minaccia contro Cipro è una minaccia a tutti gli stati membri dell’Unione, aggiungendo che le istituzioni europee sono in contatto con vari partner della regione, incluso il Libano e lo stesso Hezbollah, per ottenere una de-escalation degli scontri. Numerosi lanci di missili dal sud del Libano sono continuati nel pomeriggio di ieri, senza causare alcun ferimento di persone, ha fatto sapere l’Idf.
L’esercito israeliano ha inoltre comunicato di aver «eliminato» con un attacco di precisione nell’area di Deir Kifa nel Libano meridionale Fadel Ibrahim, comandante delle operazioni di Hezbollah nella zona di Jouaiyya, ritenuto responsabile di numerosi attacchi contro Israele.
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