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Il principale effetto strategico della guerra d’Ucraina potrebbe essere il rafforzamento della Cina. Apparentemente Pechino non figura tra i belligeranti, né tra i soggetti maggiormente influenzati dai combattimenti, eppure può beneficiarne più di chiunque altro.
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Per esigenze strategiche. Anzitutto, Pechino è caratterizzata da un plateale sentimento anti occidentale, dallo spirito di rivalsa per quel secolo delle umiliazioni, posto tra la metà dell’Ottocento e la Seconda guerra mondiale.
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Ancora, l’estendersi delle ostilità distrae grandemente gli Stati Uniti, li allontana dall’Indopacifico, ovvero dal quadrante più strategico per Pechino. Presa dal proposito di affondare l’avversario che fu sovietico, inevitabilmente Washington concede un maggiore margine di manovra ai cinesi nel proprio estero vicino.
Il principale effetto strategico della guerra d’Ucraina potrebbe essere il rafforzamento della Cina. Apparentemente Pechino non figura tra i belligeranti, né tra i soggetti maggiormente influenzati dai combattimenti, eppure può beneficiarne più di chiunque altro. Soprattutto se il conflitto dovesse prolungarsi oltremodo, con danni nettamente maggiori per russi e altri paesi europei.
Una guerra contro la Nato
Pure evitando di incappare nella dimensione secondaria delle sanzioni imposte da Washington a Mosca, la Repubblica popolare si è indubbiamente schierata con l’Orso, senza curarsi delle rimostranze d’Oltreoceano. Ha evitato di condannare il Cremlino in sede onusiana, non ha attribuito a Putin la colpa dei massacri avvenuti sul terreno, mentre ha fornito munizioni all’offensiva anti ucraina. Per la dirigenza mandarina, una scelta di campo quasi obbligata.
Strategie
Per esigenze strategiche. Anzitutto, Pechino è caratterizzata da un plateale sentimento anti occidentale, dallo spirito di rivalsa per quel secolo delle umiliazioni, posto tra la metà dell’Ottocento e la Seconda guerra mondiale, caratterizzato dal colonialismo di matrice europea. Nell’interpretazione sinica, l’invasione russa dell’Ucraina è anche una guerra contro la Nato, contro il sistema di impostazione washingtoniana, con il Cremlino come soggetto a metà tra i due mondi.
Quindi, la Cina immagina che presto affronterà a sua volta i paesi occidentali, forse non inquadrati nell’Alleanza atlantica, ma comunque gli stessi che oggi si battono da remoto contro Mosca. Nei prossimi anni nei mari rivieraschi l’impero del Centro potrebbe sfidare militarmente americani, britannici, francesi, forse tedeschi e italiani, dunque è interessato a colpirne mezzi e morale nel conflitto in corso, vuole sostenere il Cremlino che ne può limitare il raggio d’azione, almeno nel continente europeo. Quasi la crisi attuale fosse l’anticamera di ciò che potrà avvenire altrove, quasi schierarsi adesso servisse a indebolire il nemico di domani.
Distrarre il nemico
Ancora, l’estendersi delle ostilità distrae grandemente gli Stati Uniti, li allontana dall’Indopacifico, ovvero dal quadrante più strategico per Pechino. Presa dal proposito di affondare l’avversario che fu sovietico, inevitabilmente Washington concede un maggiore margine di manovra ai cinesi nel proprio estero vicino, rischiando di sottovalutare le dinamiche del luogo per guardare soprattutto all’Europa.
Rafforzando la Federazione russa, nel momento di massima difficoltà, la Repubblica popolare costringe gli Stati Uniti a concentrarsi ancora sul Vecchio continente, anziché puntare tutto sull’Estremo oriente, cortocircuito ritenuto assai propizio da Xi Jinping.
Vendersi alla Cina
Non solo. Pechino è consapevole che una Mosca gravemente indebolita esisterebbe a suo vantaggio, la renderebbe inevitabilmente più potente.
Nei prossimi mesi, a fronte di una parziale chiusura da parte dell’occidente, Putin volerà in Cina per piazzare quegli idrocarburi, oltre al grano, di cui vive il suo paese. Allora la dirigenza mandarina si mostrerà favorevole a sostenere l’Orso, perché sicura di spuntare prezzi inferiori a quelli pagati attualmente.
Con il risultato di beneficiare di condizioni abbordabili, indispensabili per sostenere l’industria nazionale e sfamare l’immensa popolazione nazionale. Alla ricerca di nuovi approdi per supplire alla chiusura euroatlantica, il Cremlino dovrà offrirsi all’impero del Centro, suo storico nemico, soggetto contiguo che ne contesta la presenza in Siberia. Per Mosca il peggiore degli scenari possibili, eppure l’unico veramente percorribile in una fase tanto critica.
Due litiganti
Conseguenza: nel medio periodo la Cina aumenterà la propria taglia grazie al meglio di ciò che la Russia può vendere, trovando nel vicino euroasiatico risorse preziose, quasi inaspettate. Qualora il Dragone mangiasse l’Orso, almeno sul piano commerciale, questi avrebbe molte più frecce da giocare nella definitiva competizione con gli Stati Uniti.
Ed è questo il maggiore plus che Pechino può trarre dagli eventi, simultaneamente offerto dalla scellerata campagna russa in Ucraina e dalla straordinaria volontà americana di punire la disperata disinvoltura di Putin. Di fatto, il sogno di ogni grande potenza, ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo profittando di due litiganti. Con gli Stati Uniti impegnati a dilaniare la Russia anziché avvicinarla per dividere il campo nemico, così schiacciando Mosca su Pechino, rendendo più compatto un fronte fisiologicamente distinto.
Preoccupazioni francesi
È questo che preoccupa il presidente francese, Emmanuel Macron, duramente critico verso il violento climax alimentato dalla Casa Bianca. Macron ha consigliato a Biden una maggiore cautela con le parole usate – specie dopo che l’americano ha descritto come genocidio la tragedia di Bucha.
Parigi è soprattutto preoccupata del nuovo attivismo americano in Europa, che rischia di annullare ogni progetto comunitario di integrazione militare, ma vorrebbe anche scongiurare che la Russia sprofondi nelle braccia della Cina, negazione di quello spazio (più o meno) unito da Lisbona a Vladivostok, sognato dal leader francese.
Ma questo è il principale effetto strategico della guerra in Ucraina, scatenata da Mosca, subìta da Kiev, vissuta da Washington, sfruttata da Pechino.
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